L’Articolo di fede e gli articoli cosiddetti fondamentali. Espressione invalsa nell’epoca scolastica (dal secolo XI in poi) anzitutto per indicare le proposizioni contenute nel Simbolo Apostolico, che prima si chiamavano sententiae. Tutti i Teologi convengono nel designare le verità rivelate del Simbolo come articoli di fede, ma non sono d’accordo nel determinare specificamente il concetto dell’articolo. Le migliori precisazioni si trovano in san Tommaso, il quale nella Summa Theologiae (II-II, q. 1, a. 6) scrive che articolo deriva dal greco e significa una parte organica o elemento di un organismo. Pertanto si chiama articolo di fede non una verità qualunque rivelata da Dio, ma quella verità in cui più si verifica la ragione formale della fede (credere per l’autorità di Dio) e che è legata organicamente col corpo principale della dottrina rivelata. Così intesi, gli articoli di fede nella scienza teologica hanno la funzione di princìpi fondamentali, che il teologo accetta senza discutere perché certi e sicuri in forza dell’autorità di Dio, verità assoluta. Analogamente nelle scienze umane subalternate tra loro, una desume, senza discuterli, i suoi principi basilari da un’altra, come per esempio la fisica dalla matematica, l’architettura dalla geometria. (I cosiddetti, ndR) articoli fondamentali sono oggetto di una controversia religiosa sorta col Luteranismo nel secolo XVI. Fin dai primi passi la (pretesa, ndR) “riforma luterana” si vide minacciata dal frammentarismo e da quell’istintiva e fatale tendenza alla scissione, che è insita nella dottrina del libero esame e che doveva produrre la ridda (o movimento vorticoso, disordinato, convulso che frastorna o stordisce, ndR) delle innumerevoli sette, di cui si compone il Protestantesimo d’oggi. Tolto di mezzo il Magistero infallibile della Chiesa i Luterani furono subito costretti a cercare un’altra via per costituire almeno una larva di unità fra tanta confusione d’idee. Nacque così l’idea degli articoli fondamentali, che nell’intenzione di parecchi “teologi” della “riforma” dovevano essere un minimum di dottrina di fede, in cui tutte le sette potessero convenire. Iniziato dal Calixt in Germania, dal Turretin nella Svizzera, dal Cranmer in Inghilterra, il sistema dei cosiddetti articoli fondamentali ebbe, dopo varie manipolazioni, una formulazione definitiva sotto Elisabetta nella “chiesa” Anglicana, che ancora oggi custodisce i celebri 39 articoli nel Book of Common Prayer. Il sistema fu elaborato in Francia (...) dal Jurieu, il quale fu efficacemente confutato dal Bossuet con argomentazioni che conservano ancora la loro forza. In realtà il sistema degli articoli fondamentali, come surrogato del Magistero della Chiesa per l’unità della Fede, non si regge. È evidente che tra i misteri e le altre verità rivelate c’è una gradazione in modo che una verità sia più importante dell’altra; ma tanto la Sacra Scrittura quanto la Tradizione non permettono che un fedele accetti alcune verità rivelate e ne rigetti altre, siano pure di minore importanza. Il cristiano è chiamato ad aderire a Cristo ed al suo Evangelo integralmente: l’unità della fede è il motivo dominante della divina Rivelazione e san Paolo vi insiste con energia, come per esempio in 1 Cor. 1, 10: «Vi scongiuro, o fratelli, per il nome di Nostro Signore Gesù Cristo affinché tutti diciate la stessa cosa e non siano scissioni in mezzo a voi: ma siate perfetti nello stesso sentimento e nello stesso pensiero». Non c’è luogo a selezione, dunque, nelle verità proposte alla fede dei credenti, come vorrebbero i Protestanti. Ma anche se ci fosse questa possibilità di selezione per raggiungere la sospirata unità (ossia il ritorno degli erranti nella Chiesa romana, la quale è già Una, ndR), rimarrebbe a provare chi abbia la facoltà di stabilire gli articoli indispensabili a credersi; e così, senza volerlo, i Protestanti ritornano al concetto di una regula fidei imposta da un’autorità docente, che essi hanno rinnegato.