Del gran mezzo della preghiera, sant’Alfonso Maria de’ Liguori, Napoli, varie ed., 1759 - 1776. Dell’umiltà con cui si deve pregare, parte 2 e ultima. Onde scrisse saggiamente Sant’Agostino: Multos impedit a firmitate praesumptio firmitatis; nemo erit adeo firmus, nisi qui se sentit infirmum (Serm. 13. de Verb. Dom.). Se taluno dice di non aver timore, è segno che costui fida in se stesso e nei suoi propositi fatti; ma questi, con tale confidenza perniciosa, da se medesimo viene sedotto, perché fidando nelle proprie forze smette di temere, e non temendo lascia di raccomandarsi a Dio, ed allora certamente cadrà. E così parimenti bisogna che ciascuno si guardi di ammirarsi con qualche vanagloria dei peccati degli altri; deve allora più presto ritenersi, in quanto a sé, per peggiore degli altri, e dire: Signore, se Voi non mi aveste aiutato io avrei fatto peggio. Altrimenti permetterà il Signore in castigo della sua superbia, che cada in colpe maggiori e più orrende. Pertanto, ci avvisa l’Apostolo a procurarci l’eterna salute, ma come? Sempre temendo, e tremando: Cum metu, et tremore vestram salutem operamini (Philip. 2. 12). Sì, perché colui che molto teme di cadere, diffida delle sue forze, e perciò riponendo la sua confidenza in Dio, a Lui ricorrerà nei pericoli; Dio lo soccorrerà, e così vincerà le tentazioni, e si salverà. Filippo Neri, camminando un giorno per Roma, andava dicendo: Son disperato; un certo Religioso lo corresse, ma il Santo allora disse: Padre mio, son disperato di me, ma confido in Dio. Così bisogna, che facciamo noi se vogliamo salvarci; bisogna, che viviamo sempre disperati delle nostre forze, poiché così facendo, imiteremo San Filippo, il quale dal primo momento che si svegliava la mattina, diceva a Dio: Signore, tenete oggi le mani sopra Filippo, perché se no, Filippo vi tradisce. Questa, dunque, per concludere è tutta la grande scienza d’un Cristiano, dice Sant’Agostino, il conoscere che niente egli è, e niente può: Hoc est tota magna scientia, scire quia homo nihil est. Perché così non cesserà di procurarsi da Dio con le preghiere quella forza, che non ha, e che gli necessita per resistere alle tentazioni e per fare il bene; ed allora farà tutto col soccorso di quel Signore, che non sa negare niente a chi lo prega con umiltà. Oratio humiliantis se nubes penetrabit, et non discedet, donec Altissimus aspiciat (Eccli, 35. 21). La Preghiera d’un’Anima umile penetra i Cieli, e presentandosi al Divin Trono, di là non parte, senza che Dio la guardi, e l’esaudisca. E, siasi quest’Anima rea di quanti peccati si voglia, Dio non sa disprezzare un Cuore che si umilia: Cor contritum et humiliatum Deus non despicies (Ps. 50. 12). Deus superbis resistit, humilibus autem dat gratiam (Jac. 4. 6). Quanto il Signore è severo con i Superbi, e resiste alle loro domande, altrettanto è benigno e liberale cogli Umili. Questo appunto disse un giorno Gesù Cristo a Santa Caterina da Siena: Sappi, o Figlia, che chi umilmente persevera a chiedermi le grazie, farà acquisto di tutte le virtù: Scito Filia, quod Anima perseverans in humili oratione adipiscitur omnem virtutem. Giova qui addurre un bell’avvertimento, che fa alle Anime spirituali, che desiderano di farsi sante, il dotto e piissimo Mons. Palafox, Vescovo d’Osma, in una Annotazione10 che fa sulla Lettera XVIII di Santa Teresa. Ivi la Santa scrive al suo Confessore e gli dà conto di tutti i gradi d’orazione sovrannaturale con cui il Signore l’aveva favorita. All’incontro il mentovato Prelato scrive, che queste grazie sovrannaturali che Dio si degnò di fare a Santa Teresa, ed ha fatto ad altri Santi, non sono necessarie per giungere alla santità; poiché molte Anime senza di loro vi sono ben giunte; e per contrario molte vi sono giunte, e poi si son dannate. Pertanto dice essere cosa superflua, anzi presuntuosa il desiderare e cercare tali doni sovrannaturali, mentre la vera e l’unica strada per diventare un’Anima santa è l’esercitarsi nelle virtù, e nell’amare Dio; al che si arriva per mezzo dell’Orazione, e col corrispondere ai lumi ed aiuti di Dio, il quale altro non vuole che vederci santi: Haec est enim voluntas Dei sanctificatio vestra (1. Thess. 4. 3). Quindi il suddetto pio Scrittore, parlando dei gradi dell’Orazione sovrannaturale, di cui scriveva la Santa, cioè dell’Orazione di Quiete, del Sonno e Sospensione delle potenze, dell’Unione, dell’Estasi, del Ratto, del Volo, ed Impeto di spirito, e della Ferita spirituale, saggiamente scrive, e dice che in quanto all’Orazione di Quiete, ciò che noi dobbiamo desiderare e domandare a Dio, è che ci liberi dall’attacco e dal desiderio dei beni mondani, che non danno pace, ma apportano inquiete ed afflizione allo spirito. Vanitas vanitatum (ben li chiamò Salomone), et afflictio spiritus (Eccle. 1. 14). Il cuore dell’Uomo non troverà mai vera pace, se non si vuota di tutto ciò che non è Dio, per lasciare tutto il luogo al di lui santo Amore, acciocch’Egli solo tutto lo possieda. Ma ciò l’Anima da sé non può farlo; bisogna che l’ottenga dal Signore con replicate preghiere. In quanto al Sonno, e sospensione delle potenze, dobbiamo chiedere a Dio la grazia di tenerle sopite per tutto il temporale, e solamente svegliate per considerare la divina Bontà, e per ambire l’Amore Divino, ed i beni eterni. In quanto all’Unione delle potenze, preghiamo che ci doni la grazia di non pensare, di non cercare, e di non volere, se non quello che vuole Iddio, poiché tutta la santità, e la perfezione dell’amore consiste nell’unire la nostra volontà colla volontà del Signore. In quanto all’Estasi, e Ratto, preghiamo Dio che ci tragga fuori dell’amore disordinato di noi stessi, e delle creature, per tirarci tutti a Sé. In quanto al Volo di Spirito preghiamolo a darci la grazia di vivere tutti staccati da questo Mondo, e fare come fanno i Rondoni, che anche per alimentarsi non si fermano sulla terra, ma volando prendono il loro alimento; viene a dire, che ci serviamo di questi beni temporali per quanto bisogna, a sostentare la vita, ma sempre volando, senza fermarci sulla terra a cercare i gusti mondani. In quanto all’Impeto di Spirito, preghiamo Dio, che ci doni il coraggio e la forza di farci violenza, quanto necessita per resistere agli assalti dei Nemici, per superare le passioni, e per abbracciare il patire in mezzo alle desolazioni e tedi spirituali. In quanto finalmente alla Ferita d’amore, siccome la ferita col suo dolore rinnova sempre alla persona la memoria del suo male, così dobbiamo pregare Iddio di ferire talmente il cuore col Suo santo Amore, che abbiamo sempre a ricordarci della Sua Bontà, e dell’affetto che ci ha portato, e con ciò viviamo continuamente amandoLo, e compiacendoLo con le nostre opere, ed affetti. Ma tutte queste grazie non si ottengono senza l’Orazione, e coll’Orazione, purch’ella sia umile, confidente, e perseverante, tutto si ottiene.
Del gran mezzo della Preghiera
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