E perciò riflette S. Isidoro, che in niun altro tempo il Demonio più s’affatica a distoglierci col pensiero delle cure temporali, che quando si accorge che noi stiamo pregando, e cercando le grazie a Dio: Tunc magis Diabolus cogitationes ingerit, quando orantem aspexerit. E perché? Perché vede il Nemico, che in niun altro tempo noi guadagniamo più tesori di beni celesti, che quando oriamo. Il frutto più grande dell’Orazione mentale questo è, il domandare le grazie a Dio, che ci bisognano per la perseveranza, e per la salute eterna. Per questo principalmente l’Orazione mentale è moralmente necessaria all’Anima per conservarsi in grazia di Dio, perché se la persona non si raccoglie in tempo della Meditazione a domandare gli aiuti, che le son necessari per la perseveranza, non lo farà in altro tempo; poiché senza meditare non penserà al bisogno, che ha di chiederli. All’incontro chi ogni giorno fa la sua Meditazione, ben vedrà i bisogni dell’Anima, i pericoli in cui si trova, la necessità che ha di pregare; e così pregherà, ed otterrà le grazie, che lo faranno poi perseverare e salvarsi. Diceva parlando di sé il P. Segneri, che a principio nella Meditazione egli più si tratteneva in fare affetti che in preghiere, ma conoscendo poi la necessità, e l’immenso utile della Preghiera, indi in poi per lo più, nella molta Orazione mentale ch’egli faceva si applicava a pregare. Sicut pullus hirundinis, sic clamabo, dicea il divoto Re Ezechia (Is. 38. 14). I pulcini delle rondini non fanno altro che gridare, cercando con ciò l’aiuto, e l’alimento alle loro madri. Così dobbiamo far tutti, se vogliamo conservarci la vita della Grazia, dobbiamo sempre gridare, chiedendo a Dio soccorso, per evitare la morte del peccato, e per avanzarci nel suo santo Amore. Riferisce il P. Rodriguez, che i Padri antichi, i quali furono i nostri primi Maestri di spirito, fecero consiglio fra di loro, per vedere qual fosse l’esercizio più utile, e più necessario per la salute eterna, e risolsero esser il replicare spesso la breve Orazione di Davide: Deus in adjutorium meum intende. Lo stesso (scrive Cassiano) deve fare chi vuol salvarsi, dicendo sempre: Dio mio aiutami, Dio mio aiutami. Questo dobbiamo fare dal principio, che ci svegliamo la mattina, e poi seguitarlo a fare in tutti i nostri bisogni, ed in tutte le applicazioni, in cui ci troviamo, così spirituali, come temporali, e più specialmente poi quando ci vediamo molestati da qualche tentazione, o passione. Dice S. Bonaventura, che alle volte più presto si ottiene la grazia con una breve preghiera, che con molte altre opere buone: Quandoque citius brevi oratione aliquis obtinet, quod piis operibus vix obtineret. Soggiunse S. Ambrogio, che chi prega, mentre prega, già ottiene; poiché lo stesso pregare è ricevere: Qui petit a Deo, dum petit, accipit; ipsum namque petere est accipere. Quindi scrisse S. Grisostomo, che non vi è più potente di un uomo che prega, Nihil potentius homine orante; perché costui si rende partecipe della potenza di Dio. Per salire alla perfezione, diceva S. Bernardo, vi bisogna la meditazione, e la Preghiera: colla meditazione vediamo quel che ci manca, colla preghiera riceviamo quel che ci bisogna: Ascendamus meditatione, et oratione; illa docet quid desit, haec ne desit obtinet. Il salvarsi in somma senza pregare è difficilissimo, anzi impossibile (come abbiam veduto) secondo la divina providenza ordinaria; ma pregando, il salvarsi è cosa sicura, e facilissima. Non è necessario per salvarsi andare tra gl’Infedeli a dar la vita; non è necessario ritirarsi ne’ deserti a cibarsi d’erbe. Che ci vuol a dire: Dio mio aiutami, Signore assistimi, abbi pietà di me? vi è cosa più facile di questa? e questo poco basterà a salvarci, se saremo attenti a farlo. ...
Del gran mezzo della Preghiera
Del gran mezzo della preghiera. Il valore della preghiera, parte 6
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