Dunque Dio volle ripartito tra due poteri il governo del genere umano, cioè il potere ecclesiastico e quello civile, l’uno preposto alle cose divine, l’altro alle umane. Entrambi sono sovrani nella propria sfera; entrambi hanno limiti definiti alla propria azione, fissati dalla natura e dal fine immediato di ciascuno; sicché si può delimitare una sorta di orbita, all’interno della quale ciascuno agisce sulla base del proprio diritto. Ma poiché l’uno e l’altro potere si esercitano sugli stessi soggetti, e può accadere che una medesima cosa, per quanto in modi diversi, venga a cadere sotto la giurisdizione dell’uno e dell’altro, l’infinita Provvidenza divina, dalla quale sono stati entrambi stabiliti, deve pure aver composto in modo ordinato e armonioso le loro rispettive orbite, poiché «le autorità che esistono, sono stabilite da Dio» (Rm. 13,1). Se non fosse così, nascerebbero spesso motivi di contrasti e di conflitti; e non di rado l’uomo dovrebbe restare turbato ed esitante, come di fronte a un bivio, incerto circa la via da scegliere, nel caso in cui gli giungessero ordini contrari da parte delle due potestà, al cui imperio non potrebbe sottrarsi senza venir meno al proprio dovere. Ora, assolutamente ripugna il pensare questo della sapienza e della bontà di Dio, il quale anche nel campo dei fenomeni fisici, che sono di ordine tanto inferiore, pure conciliò tra loro le forze naturali e le loro leggi con un disegno razionale e quasi con una mirabile armonia di voci, tale per cui nessuna di esse disturbi le altre, e tutte insieme tendano concordemente e nel modo più consono al fine ultimo del mondo. Per questo è necessario che tra le due potestà esista una certa coordinazione, la quale viene giustamente paragonata a quella che collega l’anima e il corpo nell’uomo. Di quale natura e peso essa sia, poi, non si può altrimenti stabilire se non prendendo in considerazione, come s’è detto, la natura delle due potestà e ragionando sull’eccellenza e la nobiltà dei loro fini: come all’una spetti anzitutto ed essenzialmente la cura delle cose terrene, all’altra l’acquisizione dei beni celesti e sempiterni. Pertanto tutto ciò che nelle cose umane abbia in qualche modo a che fare col sacro, tutto ciò che riguardi la salvezza delle anime o il culto di Dio, che sia tale per sua natura o che tale appaia per il fine a cui si riferisce, tutto ciò cade sotto l’autorità e il giudizio della Chiesa: tutto il resto, che abbraccia la sfera civile e politica, è giusto che sia sottoposto all’autorità civile, poiché Gesù Cristo ha voluto che ciò che è di Cesare sia dato a Cesare e ciò che è di Dio a Dio. Accade poi talora che si trovi qualche nuovo modo per garantire la concordia e una tranquilla libertà, ed è quando i governanti e il Pontefice romano raggiungono un accordo su qualche questione particolare. In tali circostanze la Chiesa offre eccelse prove di materna bontà, ed è solita dimostrare la più generosa disponibilità e indulgenza. Questa – quale l’abbiamo qui sommariamente delineata – è l’organizzazione cristiana della società civile, ideata non a caso o a capriccio, ma dedotta da supremi e verissimi principi che sono altresì confermati dalla stessa ragione naturale. Tale organizzazione sociale inoltre non presenta nulla che possa giudicarsi meno degno o disdicevole per la maestà dei Principi: non solo è ben lontana dallo sminuirne i diritti sovrani ma piuttosto li rende più saldi e augusti. Anzi, se si considera più a fondo, quella organizzazione possiede un grado di perfezione che manca a tutti gli altri sistemi sociali: da essa scaturirebbero certamente notevoli e svariati vantaggi, se ciascuna parte ricoprisse il ruolo che le conviene ed esercitasse pienamente il compito e la missione che le sono demandati. (Prosegue ...)