Quale sia poi la vera religione, senza difficoltà può vedere chi giudichi con metro sereno e imparziale: poiché è evidente per moltissime e luminose prove, per la verità di indubitabili vaticinî, per la frequenza dei miracoli, per la diffusione straordinariamente rapida della fede anche in mezzo a nemici e fra gravissimi ostacoli, per la testimonianza dei martiri e per altre simili, che l’unica vera è quella che Gesù Cristo stesso ha fondato ed affidato alla sua Chiesa perché la difendesse e la propagasse. Infatti l’Unigenito figlio di Dio istituì sulla terra quella società, che chiama Chiesa, alla quale trasmise, perché la continuasse nei secoli, l’eccelsa e divina missione, che Egli stesso aveva ricevuto dal Padre. «Come il Padre mandò me, anch’io mando voi» (Gv. 20,21). «Ecco, io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo» (Mt. 28,20). Dunque, come Gesù Cristo venne sulla terra perché «gli uomini abbiano la vita e ne abbiano in abbondanza» (Gv. 10,10), allo stesso modo la Chiesa si propone come fine la salvezza eterna delle anime; per questo motivo essa è tale, per sua natura, da offrirsi per abbracciare l’intero genere umano, senza limiti di tempi e di luoghi. «Predicate il Vangelo ad ogni creatura» (Mc. 16,15). A una così vasta moltitudine di uomini Dio stesso assegnò magistrati con il potere di governarla: e tra tutti volle che uno fosse il primo, il supremo e infallibile maestro di verità, ed a lui affidò le chiavi del regno dei cieli. «A te darò le chiavi del regno dei cieli» (Mt. 16,19). «Pasci gli agnelli... pasci le pecore» (Gv. 21,16-17). «Io pregai per te, perché non venga meno la tua fede» (Lc. 22,32). Questa società, sebbene sia composta di uomini non diversamente dalla società civile, tuttavia, per il fine al quale tende e per i mezzi di cui si serve per conseguirlo, ha carattere soprannaturale e spirituale, e in questo si distingue e differisce dalla società civile; ciò che soprattutto conta, essa è una società nel suo genere e nel suo assetto giuridico perfetta, dal momento che possiede, per volontà e grazia del suo fondatore, in sé e per se stessa tutti gli strumenti necessari al suo esistere e al suo operare. Come il fine al quale la Chiesa tende è di gran lunga il più nobile fra tutti, così la sua potestà è sopra ogni altra la più eminente, né può essere giudicata inferiore al potere civile, né essere in alcun modo ad esso sottoposta. In verità Gesù Cristo diede ai suoi Apostoli pieni poteri circa la conduzione delle cose sacre, aggiungendo sia la facoltà di emanare vere e proprie leggi, sia la doppia potestà, che da quella deriva, di giudicare e di punire. «Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra. Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni... insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato» (Mt. 28,18-20). E altrove: «Se non li ascolterà, dillo alla Chiesa» (Mt. 18,17). E ancora: «Siamo pronti a punire qualsiasi disobbedienza» (2Cor. 10,6). E di nuovo: «Agirò con più durezza, secondo il potere che Dio mi diede, per edificare e non per distruggere» (2Cor. 13,10). Pertanto non è alla società civile, ma alla Chiesa che spetta condurre gli uomini verso la meta celeste: a lei fu da Dio assegnato il compito di provvedere e deliberare sulle questioni religiose, di ammaestrare tutte le genti, di allargare quanto più possibile i confini del nome cristiano: in breve, di amministrare liberamente e senza impedimenti, a sua discrezione, il mondo cristiano. E invero questa autorità in sé assoluta e del tutto autonoma (che da tempo viene contestata da quella filosofia che si inchina ai Principi) la Chiesa non ha mai cessato di rivendicare per sé e di esercitare pubblicamente, visto che i primi a battezzarsi per essa furono gli Apostoli, i quali, quando i capi della Sinagoga proibivano loro di predicare il vangelo, rispondevano con fermezza: «È necessario obbedire a Dio piuttosto che agli uomini» (At. 5,29). I Santi Padri della Chiesa si impegnarono a difendere tale autorità con efficaci argomenti quante volte ne ebbero l’occasione, ed i Pontefici Romani non trascurarono mai di rivendicarla, con incrollabile fermezza d’animo, contro gli oppositori. Del resto gli stessi principi e capi di Stato, sia in teoria, sia in linea di fatto, l’hanno riconosciuta, dal momento che, stipulando trattati, concludendo transazioni, inviando e ricevendo legati, e con lo scambio di altre relazioni, hanno solitamente trattato con la Chiesa come con una legittima, suprema potestà. Né certamente si deve ritenere che ciò avvenisse senza un preciso disegno provvidenziale e che questa stessa potestà fosse munita di un principato civile, quale sicura garanzia della sua libertà. (Prosegue ...)