Affinché poi tali pratiche giovino davvero alla scienza biblica, occorre che i dotti stiano ben ancorati a quelle norme da noi sopra stabilite come principi, e che fedelmente ritengano che Dio, creatore e rettore di tutte le cose, è lo stesso autore delle Scritture, e che perciò nulla può ricavarsi dalla natura delle cose, nulla dai documenti della storia che realmente sia in contraddizione con le Scritture. Che, se qualche cosa sembrasse inaccettabile, bisogna diligentemente chiarirla, sia servendosi del sapiente giudizio dei teologi e degli interpreti sul significato più preciso o verosimile del passo della Scrittura in discussione, sia vagliando con più diligenza la forza degli argomenti addotti contro tale passo. Né bisogna desistere dalla ricerca fino a che rimanga ancora una qualche apparenza di opposizione. Infatti, non potendo in alcun modo la verità contraddire la verità, siamo certi che ciò avviene perché si è incorsi in errore o nell’interpretazione delle sacre Parole o in qualche parte della disputa. Se nessuna delle due cose appare ancor chiaramente, bisognerà frattanto tener sospeso il giudizio. Molte cose infatti di ogni ramo delle scienze che per lungo tempo furono oggetto di grande opposizione contro la Scrittura, ora sono cadute come vuote; parimenti non poche cose di certi passi scritturali, non riguardanti precisamente la fede e i costumi, furono un tempo proposte nell’interpretazione, di cui poi più rettamente poté giudicare una più acuta investigazione. Il tempo infatti cancella sì i commenti delle varie opinioni, ma «la verità rimane e conserva il suo valore in eterno» (3 Esd. 4, 38). E perciò, come non vi è alcuno che possa vantare di conoscere nel preciso senso tutte le Scritture, nelle quali lo stesso sant’Agostino confessava essere più le cose che non conosceva di quelle che conosceva, così se qualcuno si imbatterà in qualche passo troppo difficile per essere chiaramente spiegato, prenda come norma quella circospetta moderazione dello stesso dottore: «È meglio lasciarsi avvicinare da incognite ma salutari parole che, volendo inutilmente interpretarle, liberare la testa dal giogo di servitù per incatenarla tra i lacci dell’errore».

Tutti coloro quindi che si dedicheranno a tali studi sussidiari, se seguiranno rettamente e rispettosamente i nostri consigli e ordini, e nello scrivere e nell’insegnare indirizzeranno il profitto dei loro studi a redarguire i nemici della verità e ad impedire i danni della fede nella gioventù, allora finalmente potranno rallegrarsi di rendere servizio con degne opere alle sacre Lettere e di apportare alla causa cattolica quell’aiuto che la Chiesa, con diritto, si ripromette dalla pietà e dalla dottrina dei suoi figli. Prosegue ...

 Leone XIII, «Providentissimus Deus». Difesa contro gli errori moderni. Integrità dei libri sacri