Giova qui far notare, anche per confermare sempre più le nostre testimonianze e le nostre esortazioni, come sin dagli inizi della religione cristiana, tutti coloro che eccelsero per santità di vita e di opere e per scienza delle cose divine furono sempre assidui nella lettura delle sacre Lettere. Vediamo gli immediati discepoli degli Apostoli, tra i quali Clemente Romano, Ignazio d’Antiochia, Policarpo; gli apologisti e nominatamente Giustino ed Ireneo, che nelle loro epistole e libri, sia che difendano sia che celebrino i dogmi cattolici, attingono specialmente dalla sacra Scrittura tutta la loro sicurezza, la forza e ogni grazia. Sorte poi le scuole catechetiche e teologiche in molte sedi episcopali, tra cui celebri l’Alessandrina e l’Antiochena, non si aveva in esse quasi altra istituzione di studi se non quelle che riguardavano la lettura, l’esposizione, la difesa della Parola divina scritta. Da tali scuole vennero poi fuori molti Padri e scrittori, dei cui laboriosi studi ed egregi libri abbondarono a tal punto i tre secoli segnati, da essere a buon diritto chiamati l’età aurea dell’esegesi biblica. a) Orientali e Occidentali. Tra gli Orientali tiene il primo posto Origene, mirabile per la prontezza d’ingegno e per la costanza nella fatica: dai suoi numerosi scritti e dall’immensa opera degli Esapla attinsero quasi tutti i posteri. Sono pure da annoverare coloro che ampliarono i confini di tale disciplina: tra i più eccellenti della scuola alessandrina abbiamo Clemente e Cirillo; dalla Palestina Eusebio e l’altro Cirillo; dalla Cappadocia Basilio Magno e l’uno e l’altro Gregorio, il Nazianzeno e il Nisseno; da Antiochia il famoso Giovanni Crisostomo, in cui gareggiavano grande perizia di dottrina e somma eloquenza. Non meno illustri sono gli Occidentali. Tra i molti che grandemente si segnalarono, nomi celebri sono quelli di Tertulliano e Cipriano, di Ilario e Ambrogio, di Leone Magno e Gregorio Magno; celeberrimi quelli di Agostino e Girolamo, dei quali l’uno fu sommamente acuto nel penetrare il senso della Parola divina ed espertissimo nel farla servire alla verità cattolica, l’altro fu onorato dal singolare riconoscimento della Chiesa col titolo di Dottore massimo per la scienza dei Libri sacri e per le grandi fatiche sostenute per la conoscenza di essi.
Da questo tempo fino al secolo XI, tale genere di studi, benché non fiorisse con pari ardore e non desse i frutti di prima, tuttavia fu in auge per opera soprattutto di uomini ecclesiastici. Essi curarono infatti o di scegliere quegli insegnamenti più utili, come gli antichi li lasciarono, e, una volta convenientemente ordinati, di divulgarli con l’aggiunta di propri commenti, come fu fatto in primo luogo da Isidoro di Siviglia, da Beda, da Alcuino; o di illustrare i sacri codici con glosse, come fece Valafrido Strabone e Anselmo di Laon; o infine di salvaguardarne con rinnovata sollecitudine l’integrità, come fecero Pier Damiani e Lanfranco. Nel secolo XII poi molti si occuparono lodevolmente dell’esposizione allegorica della Scrittura: in questo genere eccelle tra gli altri san Bernardo, i cui sermoni ridondano quasi esclusivamente delle divine Lettere. b) Periodo scolastico. Ma nuovi e consolanti incrementi vennero ad aggiungersi col metodo degli Scolastici. Questi, sebbene abbiano cercato di investigare la lezione genuina della versione latina, come lo attestano chiaramente i loro Correttori biblici, tuttavia indirizzarono maggiormente i loro studi e le loro cure all’interpretazione e spiegazione delle Scritture. Furono distinti infatti, con un’arte e con una chiarezza, come non mai per l’innanzi, i vari sensi delle sacre Parole, e soppesata di ognuno l’importanza nella scienza teologica; furono definite le parti dei libri, gli argomenti delle parti; furono investigati i fini degli scrittori, spiegati il nesso ed i rapporti tra le varie proposizioni: considerate tali cose, è chiaro che nessuno potrebbe negare che molta luce si è fatta in tal modo sui passi oscuri. E quanto abbondante e scelta fosse la loro dottrina sulle Scritture, ce lo manifestano pure ampiamente sia i libri di teologia, sia i commenti alle medesime Scritture; e anche sotto questo riguardo ebbe tra essi il primo posto san Tommaso d’Aquino. c) Le università degli studi. Dopo che Clemente V, nostro predecessore, ebbe dotato l’ateneo dell’Urbe e le più celebri università degli studi di cattedre di lettere orientali, i nostri studiosi incominciarono a lavorare molto più accuratamente sui codici originali della Bibbia e sull’esemplare latino. Con il ritorno, in seguito, tra noi dell’erudizione greca e molto più con la felice invenzione della nuova arte della stampa, grandemente si accrebbe il culto della sacra Scrittura. È cosa mirabile, infatti, come in sì breve tempo si siano tanto moltiplicati con la stampa i sacri Testi, specialmente la Volgata, da riempire quasi l’orbe cattolico, così che, proprio nel tempo in cui i nemici della Chiesa la calunniano, i divini Volumi sono però onorati ed amati. E neppure si deve passare sotto silenzio quali vantaggi nella scienza biblica abbia apportato il grande numero degli uomini dotti, appartenenti specialmente a famiglie religiose, dal Concilio di Vienne al Tridentino. Essi, infatti, servendosi dei nuovi mezzi, e portando essi stessi il contributo della loro molteplice erudizione e del loro ingegno, non solo accrebbero il patrimonio accumulato dagli antichi, ma prepararono quasi la via alla preminenza del secolo seguente, che scaturì dallo stesso Concilio Tridentino, allorché sembrò quasi ritornare la grande età dei Padri. Nessuno infatti ignora, e ci è gradito ricordarlo, come i nostri predecessori, da Pio IV a Clemente VIII, fossero i promotori di quelle insigni edizioni delle antiche versioni, della Volgata e dell’Alessandrina, che poi, pubblicate per ordine e con l’autorità di Sisto V e dello stesso Clemente, si trovano ancor oggi (anno 1893, ndR) nell’uso comune. È noto come nello stesso tempo siano state edite con la massima diligenza sia le altre antiche versioni della Bibbia, sia la poliglotta di Anversa e quella di Parigi, adattissime per un’accurata investigazione del senso; né vi era alcun libro dell’uno e dell’altro Testamento che non vantasse ben più di un valente interprete, o qualche grave questione, attorno cui non si fossero affaticati assai proficuamente molti uomini d’ingegno, tra i quali, non pochi, soprattutto tra i più esperti studiosi dei santi Padri, acquistarono un nome illustre. Né a partire da questo tempo lasciò a desiderare la solerzia dei nostri, poiché valenti uomini, di quando in quando, ben meritarono in tali studi, difendendo le sacre Lettere contro le avverse dottrine del razionalismo, tratte dalla filologia e da altre discipline affini, con simile genere di argomenti. Tutte queste cose provano, a chi ben le considera, come la Chiesa non sia mai venuta meno al suo compito di tramandare in modo salutare le fonti della divina Scrittura ai propri figli, e come abbia conservato perennemente la sua posizione di presidio nella quale venne divinamente posta per la tutela ed il decoro delle stesse e come l’abbia consolidata provvedendola di ogni genere di studi, di modo che non ebbe mai bisogno e non abbisogna di incitamenti di estranei nell’adempimento del suo compito. Prosegue ...