Per mezzo dunque degli esempi del Cristo Signore e degli Apostoli, comprendiamo tutti, e specialmente i novizi della sacra Milizia, quanto siano da tenersi in conto le Lettere divine, e con quale diligenza e con quale pietà debbano accedere allo studio di esse come ad un arsenale. Per coloro, infatti, che abbiano da trattare la dottrina della verità cattolica, sia presso i dotti come gli indotti, nessun altro luogo, più delle Scritture, offre numerose e più ampie testimonianze su Dio, sommo e perfettissimo bene, e sulle sue opere, che manifestano la gloria e l’amore di lui. Riguardo poi al Salvatore del genere umano, nulla vi è di più eloquente e più evidente delle testimonianze contenute in tutto il contesto della Bibbia, onde Girolamo giustamente poteva affermare che «l’ignoranza delle Scritture è ignoranza del Cristo». Dalla Scrittura, infatti, balza viva e palpitante l’immagine di lui, dal quale si diffonde in un modo del tutto meraviglioso, la liberazione dal male, l’incitamento alle virtù, l’invito all’amore divino. Per ciò che riguarda la Chiesa, e cioè la sua istituzione, la sua natura, le sue funzioni, i suoi carismi, tanto spesso se ne fa menzione nelle Scritture, e tanto numerosi si trovano in essa gli argomenti fermi ed evidenti a suo favore, da far esclamare giustamente san Girolamo: «Colui che è corroborato da testimonianze delle sacre Scritture, questi è certamente un potente baluardo per la Chiesa». Che se poi si cercassero norme di disciplina di vita e di costumi, abbondanti e ottimi sussidi troveranno in essa gli uomini apostolici: prescrizioni piene di santità, esortazioni condite di soavità e di forza, insigni esempi per ogni genere di virtù. A tutto ciò si aggiunge un’autorevolissima promessa e una minaccia, fatte nel nome e con le Parole dello stesso Dio, di premi o di pene per l’eternità. E questa virtù propria e singolare delle Scritture, che viene dalla divina ispirazione dello Spirito Santo, è quella che conferisce autorità all’oratore sacro, offre l’apostolica libertà di parole, dona vigorosa e vittoriosa eloquenza.
Chi, infatti, nel predicare comunica lo spirito e la forza del Verbo divino, «non predica soltanto a parole, ma anche nella virtù e nello Spirito Santo e in molta pienezza» [1 Ts. 1, 5]. Si può dunque affermare che agiscono senza ordine e improvvidamente coloro che tengono prediche sulla religione ed enunciano precetti divini servendosi quasi esclusivamente di parole di scienza e di prudenza umana, appoggiandosi più su argomenti propri che non su quelli divini. Di conseguenza tali prediche, per quanto appoggiate sullo splendore dello stile, riescono fiacche e fredde, perché mancanti del fuoco della parola di Dio [Ger. 23, 29]: ben lontane quindi da quella forza di cui essa è ricca: «La parola di Dio, infatti, è viva ed efficace e più affilata di qualunque spada a doppio taglio e penetra fino alla divisione dell’anima e dello spirito» [Eb. 4, 12]. Quantunque anche i più saggi debbano ammettere che si trova nelle sacre Scritture una mirabile, varia e copiosa eloquenza degna di cose grandi - cosa che sant’Agostino vide chiaramente e dimostrò eloquentemente -, tuttavia ciò è confermato anche dall’esperienza stessa dei più eccellenti oratori sacri, i quali, grati a Dio, ebbero ad affermare di dover la loro fama soprattutto all’assiduo uso e pia meditazione della Bibbia. I santi Padri, avendo sperimentato molto bene tali cose, sia speculativamente che praticamente, mai cessarono dal lodare e le divine Lettere e i loro frutti. Le chiamano, in vari loro scritti, tesoro ricchissimo delle celesti dottrine, fonti perenni di salvezza, o le presentano quali campi fertili e ameni orti, nei quali il gregge del Signore viene mirabilmente ristorato e ricreato. Viene qui opportuno ricordare le raccomandazioni di san Girolamo al chierico Nepoziano: «Leggi spesso le divine Scritture, mai, anzi, la lettura sacra venga deposta dalle tue mani; apprendi ciò che insegni... ; il parlare del prete sia condito dalla lettura delle Scritture». E qui viene opportuna la sentenza di san Gregorio Magno, il quale descrisse più sapientemente di ogni altro i compiti dei pastori della chiesa: «è necessario», egli dice, «che coloro che hanno l’ufficio della predicazione non tralascino mai lo studio della sacra lettura». Ci piace ancora ricordare sant’Agostino che ammonisce: «è vuoto quel predicatore che non sia intimo discepolo della parola di Dio», e lo stesso Gregorio che mette in guardia gli oratori sacri «affinché nelle sacre predicazioni, prima di predicare agli altri, pensino a se stessi, perché non succeda che badando agli altri si dimentichino di sé». Tale norma però, sull’esempio e sull’insegnamento del Cristo, che «Incominciò prima a fare e poi a insegnare» [At. 1, 1], già era stata ampiamente inculcata dall’Apostolo, che rivolse non a Timoteo soltanto, ma a tutto l’ordine dei chierici questo precetto: «Attendi (vigila, ndR) a te e all’insegnamento e persevera in queste cose, perché così facendo tu salvi te stesso e quelli che ti ascoltano» [1 Tm. 4,16]. Nelle sacre Lettere sono veramente offerti aiuti preziosi per la salvezza e perfezione propria e altrui, illustrati più abbondantemente nei Salmi; tuttavia, per coloro che prestano alla parola divina non soltanto una mente docile e attenta, ma anche una volontà abitualmente integra e pia. Non si deve infatti stimare il valore di tali libri alla stregua degli altri: poiché essi, essendo ispirati dallo Spirito Santo, e contenendo cose importantissime, e in molti punti recondite e assai difficili, per comprenderle e spiegarle sempre «abbiamo bisogno dell’intervento» dello stesso Spirito e cioè del suo lume e della sua grazia. Tali mezzi, come con frequente insistenza ammonisce l’autorità del divino Salmista, dobbiamo implorare con umile preghiera e custodire in noi con la santità della vita. Da tutte queste cose appare quindi egregiamente la provvidenza della Chiesa, la quale, «affinché non giacesse trascurato il tesoro dei sacri Libri, che lo Spirito Santo con somma liberalità donò agli uomini», in ogni tempo vi provvide con ottime istituzioni e leggi. Essa infatti stabilì non solo che tutti i suoi ministri avessero l’obbligo di leggerne e meditarne piamente gran parte nell’ufficio quotidiano, ma anche che venisse spiegata e commentata, per mezzo di uomini idonei, nelle chiese cattedrali, nei monasteri, nei vari conventi degli altri regolari, nei quali possano convenientemente fiorire gli studi; e ordinò che almeno nel giorni di domenica e nelle feste solenni i fedeli venissero nutriti, in modo a loro conveniente, con le salutari parole dell’Evangelo. E così si deve pure alla saggezza e sollecitudine della Chiesa il culto della sacra Scrittura, vivo in ogni tempo e fecondo di grandi vantaggi. Prosegue ...