Per molti anni la stampa e l’«Azione Cattolica» rimasero quasi sole nella lotta contro l’invadenza massonica che, a poco a poco, si andava impossessando dei gangli vitali delle nazioni latine. Nel 1895, a Roma fu fondata un’associazione antimassonica e nel 1897 si tenne un primo «Congresso internazionale» a Trento, seguito da altri. Purtroppo mancarono di preparazione e mezzi adeguati, ed ingenui apologisti rimasero vittima dell’enorme trucco loro giocato da un volgare impostore, Gabriel Antoine Jogand-Pagés (1854-1907), sotto il finto nome di Leo Taxil, che si diede per un «transfuga» dalla Massoneria e simulò le più mirabolanti rivelazioni. Un movimento di più forte efficacia contro l’onnipotenza massonica si suscitò in Italia, come in altri Paesi, fra la gioventù aspirante a farsi largo nell’agone politico, e a contrastare il terreno, con mentalità rinnovata ed in piena libertà di movimento, ai vecchi partiti. Nel «Congresso socialista» di Reggio Emilia del 1913, Benito Mussolini (1883-1945) sferrò una energica campagna per l’eliminazione della Massoneria dal Partito, e la proseguì a fondo su «L’Avanti!», sostenendo l’inconciliabilità tra Massoneria e socialismo. Nello stesso anno, l’«Idea nazionale», organo del Partito Nazionalista, apriva un referendum sui tre quesiti: 1) Se la Massoneria era «compatibile con le condizioni della vita pubblica moderna»; 2) Se le ideologie cui s’ispirano materialismo, umanitarismo, internazionalismo, corrispondano alle «tendenze del pensiero contemporaneo»; 3) Se la sua azione nella vita pubblica, esercito, magistratura, scuola ecc..., fosse «in beneficio o in danno del Paese». Con generale stupore, le risposte da parte dei personaggi più ragguardevoli per dottrina e posizione sociale, pubblicate sul giornale dal 31 luglio al 9 ottobre 1913, riuscirono un grande e solenne plebiscito di condanna. Il referendum, raccolto in volume, venne pubblicato con una prefazione di Emilio Bodrero (Inchiesta sulla Massoneria, Milano 1925).
Quanto alla Prima Guerra Mondiale, la Massoneria di Palazzo Giustiniani si vantava d’aver influito in senso decisivo sull’esito finale, ma fu proprio in questo momento che presero vigore, non solo in Italia, ma in quasi tutti i paesi d’Europa, quelle correnti spirituali che acuirono la crisi antimassonica, la più profonda che mai la Massoneria abbia attraversata. Rispetto alla Massoneria italiana, una prima offensiva avvenne in seguito al «Congresso internazionale» massonico di Parigi dei 1917, dove sembra che gli interessi della nazione fossero stati assai male tutelati di fronte alle altre potenze alleate. Il «Gran Maestro» Ferrari si vide costretto a dimettersi. In seguito alla «marcia su Roma» ed all’avvento del fascismo al potere (ottobre 1927), la Massoneria non fu seconda a nessuno nell’adesione e nel plauso. Se in ciò la Massoneria di Piazza del Gesù non conobbe misura e ritegno, neppure Palazzo Giustiniani trascurò alcun mezzo per accattivarsi le simpatie del nuovo Partito, dichiarando sulla pubblica stampa che «a dar vita e alimento a quel moto nel suo inizio furono anche nuclei di fratelli molto autorevoli», e che la Massoneria aveva «un’anima fascista». In un’assemblea generale tenutasi a Palazzo Giustiniani il 28 gennaio 1923 intorno alla politica del fascismo, se riserva ci fu, essa consisteva negli eventuali rapporti con il Vaticano, riaffermando il principio della «laicità (dello Stato) nella più rigida concezione». Una conciliazione con il Papa, ebbe a dichiarare il Torrigiani, «avrebbe nel fatto restituito al Papa posizione di sovrano temporale». Il governo rispose, tramite l’agenzia «Volta», che queste dichiarazioni avevano suscitata «un’impressione nettamente negativa». Il «Gran Consiglio» fascista, da un canto, l’«Associazione nazionalista» dall’altro invitarono i loro aderenti a scegliere tra Massoneria e Partito (febbraio 1923), e il «Popolo d’Italia», mettendo in rilievo questi fatti, affermava dover essere auspicato coronamento di essi l’accordo tra l’Italia e la Chiesa. Il 18 maggio 1925, il Parlamento deliberava all’unanimità l’abolizione delle Società Segrete, e già dall’agosto 1926 si iniziavano quegli approcci con il Vaticano che si conclusero con il «Trattato Lateranense» dell’11 febbraio 1929. La Massoneria di Piazza del Gesù si sciolse spontaneamente con vive proteste di fede fascista. Quella di Palazzo Giustiniani, nell’atto di sciogliersi (6 settembre 1925), costituì un «Comitato clandestino d’organizzazione» con pieni poteri, per mantenere in vita l’ordine di fronte alle necessità del momento. Essa seguitò ad esplicare la sua attività sotto la protezione della Massoneria francese. Il Torrigiani, ritenuto corresponsabile dell’attentato dell’onorevole Tito Zaniboni (1883-1960) e del Generale Luigi Capello (1859-1941) alla vita di Mussolini, venne arrestato e condannato a cinque anni di confine in un’isola, ma liberato dopo qualche tempo, morì a Firenze il 31 agosto 1932.
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[Il primo Congresso internazionale antimassonico di Trento, 26 - 30 settembre 1896. Da l’«Ultima Crociata», (cf. «Chiesa e Massoneria, un DNA comune»[?], pag. 61): «La scelta di Trento, quale città simbolo per la lotta definitiva alla Massoneria, si basava su un elemento determinante che poteva influire sull’opinione cattolica per una migliore organizzazione dell’Assise. Trento nel periodo 1545-1563, con il Concilio, era stato il faro del cattolicesimo nella battaglia alle dottrine calviniste e luterane, all’eresia di quel secolo, e così l’ideale accostamento faceva prescegliere la stessa città, nel secolo decimonono, per la nuova crociata contro l’insorgere ed il divulgarsi delle dottrine laiche massoniche destabilizzanti gli assetti tradizionali e dottrinari della Chiesa romana. L’Osservatore Romano del 4 agosto 1896 scriveva: “Nessuna località,meglio di Trento poteva essere più adatta per un Congresso antimassonico. Tre secoli or sono, nella medesima città, un altro Consesso di illustri personaggi si radunava a combattere la Massoneria d’allora […] D’allora in poi le idee sovversive contro le idee di Gesù Cristo, fecero strada e nella nuova manifestazione di sette massoniche si è perpetuata la guerra alla Chiesa, depositaria infallibile delle sacrosante verità della nostra fede. Oh! benvenuto sia il Congresso antimassonico, e la nuova Crociata che esso intraprende contro la rea setta, sia l’alba novella di quel giorno fortunato che, dispersi dalla faccia della terra i nemici della nostra santa religione,ritorni su tutti gli uomini il dolce regno di Gesù Cristo”. Sempre l’Osservatore Romano del 22 settembre 1896, facendosi forte di alcuni argomenti trattati da liberali, non paghi dei risultati ottenuti dalla politica laica, asseriva che “i settari finalmente vedevano fiaccato quello che chiamavano ardimento e mal volere reazionario dei cattolici italiani e nessuna prepotenza, nessuna ingiustizia lasciarono per tale scopo intentata. Ma dopo tanti anni di inique prove, non sono più in grado di negare che se non fosse la provvida e coraggiosa attività dei cattolici e il munifico svolgimento della loro azione sociale, i guai dal liberalismo cagionati all’Italia avrebbero già condotto ad una catastrofe. Tale è la verità, a confessione degli stessi liberali e le grida rabbiose dell’anticlericalismo settembrino non fanno che metterla sempre più in evidenza”»].
[Manifestazione di carattere “eversivo”, organizzata dal Partito Nazionale Fascista (P.N.F.) il 28 ottobre 1922, volta, secondo alcuni, al colpo di Stato, o quanto meno all’esibizione di una pressione paramilitare, movimento di popolo, che favorisse l’ascesa al potere di Benito Mussolini. Fu la naturale reazione di popolo al violento periodo italiano definito il «Biennio Rosso», locuzione con cui viene comunemente indicata la fase della storia italiana compresa fra il 1919 e il 1920, caratterizzata da una serie di lotte operaie e contadine. In tale periodo si verificarono mobilitazioni contadine, tumulti annonari, manifestazioni operaie, occupazioni di terreni e fabbriche con, in alcuni casi, tentativi di autogestione. Le agitazioni si estesero anche alle zone rurali e furono spesso accompagnate da scioperi, picchetti e scontri].
[Il «Trattato» fra la Santa Sede e l’Italia sottoscritto l’11 febbraio 1929 fu pubblicato negli «Acta Apostolicæ Sedis», n. 6 del 7 giugno 1929. I «Patti Lateranensi» constavano di tre distinti documenti: il «Trattato» che riconosceva l’indipendenza e la sovranità della Santa Sede e fondava lo Stato della Città del Vaticano; la «Convenzione Finanziaria» che prevedeva un risarcimento di 750 milioni di lire a beneficio della Chiesa; il «Concordato» che definiva le relazioni civili e religiose in Italia tra la Chiesa e il Governo (prima d’allora, cioè dalla nascita del Regno d’Italia, sintetizzate nel motto: «libera Chiesa in libero Stato»). La «Convenzione Finanziaria» regolava le questioni sorte dopo le violente spoliazioni degli enti ecclesiastici a causa delle leggi massoniche eversive].