Ciò posto, è evidente che la Sede Apostolica non può in nessuna maniera prender parte ai loro congressi, e in nessuna maniera devono i cattolici aderire o tener mano a simili tentativi; altrimenti vengono a dar autorità a una pretesa religione cristiana, che è lontana le mille miglia dalla sola Chiesa di Cristo. Dovremmo Noi patire che la verità, e la verità rilevata da Dio, sia tratta a compromessi? Sarebbe una ingiustizia palese. Ciò che è in giuoco nella faccenda è appunto la difesa della verità rivelata. Gesù Cristo, per dare a tutti i popoli la dottrina evangelica, inviò per la terra tutta gli Apostoli, e perché non potessero sbagliare, li volle prima ammaestrati in ogni verità dallo Spirito Santo (Ioan. XVI, 13): forse che nella Chiesa, assistita e custodita sempre da Dio, questa dottrina degli Apostoli è venuta mai a mancare e si è offuscata? Quando il nostro Redentore affermò nettamente che il Vangelo non era cosa dei soli tempi Apostolici, ma di tutte le età venture, poteva l’oggetto della Sede divenire col tempo così oscuro ed incerto da doversi oggi tollerare opinioni diverse non solo, ma contrarie fra di loro? Se fosse così, bisognerebbe pur dire che lo Spirito Santo, disceso sugli Apostoli, e la sua perpetua presenza nel seno della Chiesa e la predicazione medesima di Gesù Cristo, hanno perduto oramai da secoli ogni utilità ed efficacia: cosa che a solo dirla apparisce una bestemmia. Ora l’Unigenito Figlio di Dio da una parte ordinò ai Suoi ministri di insegnare a tutti i popoli, dall’altra pose agli uomini tutti l’obbligo di prestare fede a ciò che veniva loro annunciato dai «testimoni preordinati da Dio» (Act. X, 41), e l’obbligo sancì con queste parole: «Chi crederà e sarà battezzato, sarà salvo; chi non crederà, andrà condannato» (Marc. XVI, 16). Ora questo doppio comando di Cristo, da osservarsi necessariamente, di insegnare cioè e di credere per aver l’eterna salvezza, neppure si potrebbe comprendere se la Chiesa non proponesse intera e chiara la dottrina evangelica e non fosse immune da ogni pericolo di errore nell’insegnarla.
Ed allo stesso modo sono fuori via anche coloro che ritengono l’esistenza in terra di un deposito di verità, ma credono che per trovarlo e possederlo ci vogliano tanti di quegli studi e di quelle discussioni che non basta la vita d’un uomo: quasi che Iddio, tanto benigno, abbia parlato per i Profeti e l’Unigenito Suo solo perché ciò che Egli rivelava lo imparassero pochi, e questi pochi già vecchi; non per dare quella dottrina morale che doveva servire di regola all’uomo per tutto il corso della sua vita. Codesti «pancristiani», presi come sono dall’ardore di unire chiese, parrebbero animati da una idea nobilissima, l’idea di accrescere la carità fra i cristiani; ma, per un altro verso, può mai la carità far danno alla fede? Tutti sanno che l’Apostolo stesso della carità, san Giovanni - colui che nel suo Vangelo svelò gli arcani del Cuore Sacratissimo di Gesù e continuamente insisteva e insisteva a metter bene nel capo dei suoi il precetto nuovo dell’amore reciproco - che san Giovanni stesso vietò assolutamente ogni relazione di sorta con quanti non professavano intera ed immacolata la dottrina di Cristo: «Se vien qualcuno tra voi e non porta questa dottrina, non lo ricevete in casa e nemmeno salutatelo» (Ioan. 10). Se la carità, dunque, non ha altro fondamento che la fede integra e sincera, è necessario ai cristiani, se vogliono unirsi, di unirsi prima e sopra tutto nell’unità della fede. E allora come si può pensare a una Confederazione cristiana, i cui membri, anche in materia di fede, possono ritenere ciascuno quel che gli pare e piace, quand’anche gli altri hanno idee e sentimenti opposti? E in che maniera, se è lecito, possono far parte di una medesima confederazione di fedeli persone che la pensano diversamente? persone, per esempio, che affermano esser la tradizione fonte genuina della divina Rivelazione, con persone che ciò negano? persone che credono istituita da Dio la gerarchia con Vescovi, preti e ministri, e persone che la dicono introdotta via via in diverse circostanze di tempo e di fatti? persone che adorano Cristo presente realmente nella SS. Eucaristia in virtù di quella mirabile conversione del pane e del vino che ha il nome di transustanziazione, e che vi riconoscono la natura di sacrificio e di Sacramento, e persone che non la ritengono che una memoria, un ricordo della Cena del Signore? persone che ritengono buono ed utile invocare devotamente i Santi che regnano con Cristo e prima di tutti Maria Madre di Dio, e venerarne le immagini, e persone che sostengono non potersi prestare questo culto, perché lesivo dell’onore di Gesù Cristo, «unico mediatore fra Dio e gli uomini»? (I Tim. II, 5). Con una disuguaglianza tale di opinioni, non sappiamo come si possa tener buona via verso l’unità della Chiesa, se questa unità non può nascere che da unico Magistero, unica legge del credere ed unica fede dei cristiani; mentre sappiamo bene che proprio quella è la via alla negligenza della religione, o indifferentismo, e al modernismo secondo il quale la verità dogmatica non sarebbe assoluta, bensì relativa, vale a dire adattata alle varie necessità di tempo e di luogo e alle varie disposizioni degli animi, dato che essa sarebbe non contenuta in una rivelazione immutabile, ma accomodabile alle evenienze della vita. Inoltre, per ciò che spetta alle verità da credere, non è lecito affatto introdurre quella distinzione che dicono tra punti fondamentali e non fondamentali; gli uni da credersi assolutamente, gli altri liberi e che si possono permettere all’assenso dei fedeli. La virtù soprannaturale della fede ha per causa formale l’autorità del rivelatore, Iddio; e questa causa non ammette distinzioni di quella sorta. Tutti i veri cristiani, quindi, con la stessa fede con cui credono il dogma della SS. Trinità, credono il dogma dell’immacolata Concezione; e come all’Incarnazione del Signore, così pure all’infallibile magistero del Romano Pontefice, in quel senso, s’intende, in cui è stato definito dal Concilio Ecumenico Vaticano [1869 - 1870, ndR]. Per il fatto che queste verità sono state dalla Chiesa sancite e definite solennemente in età diverse, ed alcune in epoca recente, non possono perciò stesso dirsi meno certe e meno da credersi: non le ha tutte rivelate Iddio? Il Magistero della Chiesa - stabilito per consiglio divino in terra, allo scopo di custodire perennemente intatte le verità rivelate, e di portarle con sicurezza e facilità alla conoscenza degli uomini - ogni giorno, è vero, è in atto per mezzo del Romano Pontefice e dei Vescovi che hanno comunione con Lui; ma ha pure un compito particolare: quello di procedere alla definizione di qualche punto di dottrina, con decreto e rito solenne, quando fosse necessario resistere con più forza agli errori ed alle contestazioni degli eretici, o quando bisognasse imprimere con più precisione e chiarezza certi punti di dottrina nelle menti dei fedeli. Con un tale intervento straordinario del Magistero non si viene ad inventare nulla, né ad aggiungere nulla di nuovo a quel complesso di verità che sono contenute almeno implicitamente nel deposito della rivelazione confidato alla Chiesa; ma soltanto si dichiarano quelle parti che possono a parecchi sembrare oscure, o solo si stabilisce la obbligazione di credere ciò che da alcuni potrebbe esser controverso.
Traduzione dal latino tratta dal volume «Tutte le Encicliche dei Sommi Pontefici», raccolte e annotate da Eucardio Momigliano, dall’Oglio Editore, Milano, 1959