Non esagerò per nulla chi disse che, chi comincia è appena scolaro di chi finisce. Il presente Manuale è una delle tante prove di questa asserzione. Non ebbi appena il vantaggio di essere elevato al Sacerdozio, che, per zelare alla meglio la santificazione delle anime, concepii il disegno di un libro il quale potesse servire da solo, agli svariatissimi desideri elle anime devote, che perciò spesso trovavansi nella necessità di provvedersi di molti libri per utilizzarne non più che una piccola parte. Mi accinsi all’impresa, e dopo alcuni anni di applicazione, pubblicai la mia operetta col titolo, che sempre credetti il più appropriato, di Manuale di Filotea. A giudicare dall’accoglimento che le fece il pubblico si sarebbe detto un’opera così compita da non lasciar più nulla a desiderare. Io però non tardai ad accorgermi che rimaneva un gran vuoto da riempire, così per la mancanza di varie cose ch’io reputavo indispensabili come per piccola parte d’altre che, essendo tratte di pianta dai libri ascetici già conosciuti, toglievano al mio manuale quella uguaglianza perfetta di colorito e di impasto che forma il bello di un quadro mostrandolo tutto d’un sol pennello. Pensai dunque a rimediarvi nelle successive edizioni; e non contento di improntarne ogni parte d’una ben intesa originalità, tanto a poco a poco vi aggiunsi di nuove preghiere ed istruzioni, da duplicare abbondantemente la materia del primo volume, e da mettere chicchessia in necessità di conchiudere che il Manuale della prima edizione non era che un embrione di quello che doveva essere, venuto che fosse alla sua maturità. Questo Manuale contiene in poco più di mille pagine la materia di ben duemila, e quindi non si poteva usare un carattere meno minuto senza renderlo sformato. Dividerlo in più volumi avrebbe nuociuto alla devozione che ama aver presenti i più svariati mezzi di preghiera. C’è, è vero, abbondanza di cantici popolari e di componimenti poetici. Ma, oltreché la poesia è, per sé stessa, eminentemente atta a nobilitare le idee le più comuni, a facilitarne le più astruse, e ad imprimerle profondamente nella memoria; non troviamo noi nelle tradizioni più sacre ed antiche l’uso della poesia come uno dei più adatti per sollevare la mente a Dio! Ecco perché la Chiesa, fino da’ suoi primordi, invitò i fedeli a cantare inni a Cristo, loro Redentore; come ci assicura Plinio nella sua famosa lettera all’imperatore Traiano. Ecco perché i SS. Padri, e principalmente S. Ambrogio, composero molti devotissimi inni che si cantano tuttodì nei tempi con gran profitto dei pii e decoro delle sacre funzioni. S. Paolo raccomandava a quei di Efeso che fossero ripieni di Spirito Santo, parlando tra di loro con salmi ed inni e canzoni spirituali, cantando e salmeggiando nei loro cuori al Signore. Dopo sì ingenue dichiarazioni, non mi resta che di conchiudere che, malgrado i molti miei sforzi per improntare tutte le parti di questo Manuale di una edificante originalità e darvi, come suol dirsi, l’ultima mano allo scopo di fomentare, accrescere, e propagare nella maggior estensione possibile il fuoco santificatore della devozione cristiana, devo nulladimeno confessare per la pura verità, che, se in tutte le opere umane la perfezione è una montagna misteriosa di cui a nessun mortale è concesso di toccare la cima, io conosco e protesto per primo di esserne più di ogni altro lontano. (Sac. Giuseppe Riva - Penitenziere della Metropolitana di Milano)
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