Lavoratore dell’industria o lavoratore dei campi che mi leggi, sai tu che cosa sia il lavoro da cui ricavi il sostentamento tuo e della tua famiglia? Ti sei mai domandato che cosa è il lavoro di cui parlano tanti uomini politici, economisti, organizzatori, sindacati, il lavoro del quale si sono occupati, in celebri documenti pontifici, Leone XIII, Pio XI e Pio XII? Tu comprendi che esso è una grande cosa, che ha un’importanza grandissima per te e per la società, che ha un valore e che nella vita sociale merita un posto distinto. Ma nella tua mente vi sono forse delle idee confuse; altre idee che non sapresti esprimere. Ebbene, voglio aiutarti a portare della chiarezza nella mente e dare espressione ai pensieri che non saresti capace di esprimere. Il lavoro prende tutto te stesso, le tue forze, le tue facoltà: intelligenza, volontà, forza fisica. Per lavorare ci vuole almeno un briciolo di intelligenza, un atto di volontà e un po’ di forza corporale. Quando queste facoltà collaborano insieme, cooperano immediatamente al conseguimento di uno scopo, come ad esempio la coltivazione di un terreno, la tessitura del lino, della iuta, del cotone, della lana, la piallatura di un’asse, e via dicendo; allora ci troviamo davanti ad un concreto esempio di lavoro, allora diciamo: «Ecco una persona che lavora». Entro in una tipografia, osservo gli operai attenti alle loro macchine, a battere dei tasti, a ripulire e dico: «Questi operai lavorano». Se ci mancasse l’intelligenza, non sapremmo mirare ad uno scopo, prendere la lana dalla pecora, pulirla, filarla, tesserla per procurarci il vestito che ci copre. Posso essere intelligente, ma se mi manca il buon volere a che serve la mia intelligenza? A che serve un terreno ricco di energia se non c’è chi voglia coltivarlo? Inoltre intelligenza e volontà non bastano da sole; esse devono essere coadiuvate da una certa dose di forza fisica, di energia corporale. Se ci sono tutte queste cose, questi elementi, e tutti rivolti in modo continuativo a procurare qualche bene: delle ricchezze, delle comodità, dei mezzi insomma per soddisfare ai nostri bisogni, allora abbiamo il lavoro umano.
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Per inviare una donazione Cliccare qui. «Nessuno al mondo vorrà mai ammettere di essere avaro! Tutti negano di essere contagiati da questo tarlo che inaridisce il cuore. Chi adduce a scusa il pesante fardello dei figli, chi la necessità di crearsi una posizione solida... Quelli poi che sono avari più degli altri, non ammetteranno mai di esserlo, e il bello è che, in coscienza, sono proprio convinti di non esserlo! L’avarizia è una febbre maligna, che più è forte e bruciante e più rende insensibili» (San Francesco di Sales, «Filotea»). Per scaricare il PDF cliccare qui.
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