Non si potrà sperare in una fattiva e duratura ricostruzione se non si avranno uomini di carattere, fedeli ai princìpi eterni della morale, costanti nel fare il bene. Un giorno fu visto il filosofo Diogene girare sul mezzodì con una lanterna accesa in mano, per una piazza di Atene affollata di gente. Gli chiesero che cosa cercasse. «Cerco l’uomo!», rispose. Cercava un uomo che fosse realmente tale, con una spina dorsale diritta e un carattere personale e non riusciva a trovarlo neppure con la lanterna. E credo che stenterebbe a trovarlo anche ai nostri giorni, malgrado l’aiuto della luce elettrica. Ma quali sono le qualità di questo tipo così difficile a trovarsi? Un grande italiano, Cesare Cantù, definisce così l’uomo di carattere: «Uno che non piglia colore dalle cose che lo circondano; non varia sentimento secondo i casi o le sensazioni o le passioni o la paura del ridicolo o l'impero del pregiudizio; non brucia una candela al santo e una al diavolo, studia di non parere diverso da quello che non è, ma di essere quel che desidera parere; non civetta la popolarità col rinnegare la propria coscienza. Non loda e non biasima secondo la falsariga dell’opinione altrui; non cerca tanto il bene che può volere quanto il male che può fare; sa quel che fa e perchè lo fa; nobilmente sente, virilmente sostiene, fortemente opera con altezza di pensieri, chiarezza di scopo, franchezza di atti». Uomini di questo stampo sono divenuti una rarità, specialmente oggi in cui la mancanza di fermezza è ritenuta come necessaria prudenza e la rinuncia dei princìpi come tatto e prudenza. Per molti, anzi per troppi, non c’è più onore che tenga, non c’è parola o giuramento che valga. Si tradisce con una facilità che spaventa. Il vivere quaggiù in una società corrotta, disprezzatrice di ogni legge, è diventato un inferno. Il fratello non può più fidarsi del proprio fratello. Lo scritto e la parola non hanno più valore. Il dio quattrino corrompe e conquista tutto. Si pensa solo a divertirsi, divertirsi ad ogni costo e con ogni mezzo. Triste spettacolo di gente amorfa, priva di spina dorsale, senza decisione né volontà, che vuole godere anche contro ogni morale e ogni diritto. Pauroso stato di decadimento sociale che minaccia di condurre all’estrema rovina le più grandi conquiste della civiltà! Non si potrà sperare in una fattiva e duratura ricostruzione se non si avranno uomini di carattere, fedeli ai princìpi eterni della morale, costanti nel fare il bene. Se non impareremo a essere più leali, più fedeli, saremo condannati a una vita miserabile, priva di fiducia, piena di tradimenti e di incertezze...
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Per inviare una donazione Cliccare qui. «Nessuno al mondo vorrà mai ammettere di essere avaro! Tutti negano di essere contagiati da questo tarlo che inaridisce il cuore. Chi adduce a scusa il pesante fardello dei figli, chi la necessità di crearsi una posizione solida... Quelli poi che sono avari più degli altri, non ammetteranno mai di esserlo, e il bello è che, in coscienza, sono proprio convinti di non esserlo! L’avarizia è una febbre maligna, che più è forte e bruciante e più rende insensibili» (San Francesco di Sales, «Filotea»). Per scaricare il PDF cliccare qui.
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