La bestemmia (per l’Abate Isidoro Mullois)

La bestemmia in senso stretto è la parola oltraggiosa contro Dio; in senso largo anche azioni e segni di oltraggio a Dio, alla Vergine Maria ed ai Santi in quanto si vogliono riferire a Dio. L’ingiuria può consistere o nel negare qualità che a Dio convengono; oppure nell’attribuirgliene di cattive. La bestemmia fu sempre ritenuta uno dei peccati più gravi; nella Legge mosaica era punita con la morte. (cfr. Enciclopedia del Cattolico, Vol. II, imprimatur 1948, Bianchi-Giovini, pagine 139-140).

La bestemmia, che in greco significa maledizione, è una derogazione alla bontà o perfezione di Dio, che compie chi bestemmia, sia negando ciò che a Dio spetta, sia attribuendogli ciò che a Dio non conviene. La bestemmia può essere interna o anche esterna, e questa è contraria all’esterna professione della fede. La bestemmia, derogazione a quella bontà divina che è oggetto della carità, è necessariamente peccato mortale in tutto il suo genere; non ammette perciò parvità (esiguità, ndr) di materia. La bestemmia ha in sé la gravità della infedeltà ed è perciò peccato massimo. I dannati odiano i peccati solamente perché ne sono puniti ma, quanto a Dio, ne detestano la giustizia, perciò adesso bestemmiano in cuor loro e dopo la risurrezione bestemmieranno anche con la bocca. (cfr. Compendio S. Th., v. II-II, q. 19, Dal Sasso - Coggi, E.S.D., 1989, pag. 199).

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A cura di CdP