1 - La Famiglia di Nazareth in esilio, Gesù, Maria e Giuseppe emigranti in Egitto ed ivi rifugiati per sottrarsi alle ire di un empio re, sono il modello, l’esempio ed il sostegno di tutti gli emigranti e pellegrini di ogni età e di ogni paese, di tutti i profughi di qualsiasi condizione che, incalzati dalla persecuzione o dal bisogno, si vedono costretti ad abbandonare la patria, i cari parenti, i vicini, i dolci amici, ed a recarsi in terra straniera.
2 - Dio onnipotente e misericordioso aveva infatti decretato che il suo consostanziale Figliuolo, «fatto a somiglianza degli uomini ed apparso nella condizione di uomo» (Phil. 2, 7), insieme con la sua Madre vergine immacolata e col pio Custode, anche in questo genere di angustie e di travagli, fosse «il primogenito di molti fratelli» (Rom. 8, 29), percorrendone per primo la strada.
3 - Perché questi argomenti di conforto nell’avversità e questi esempi non venissero meno, ma piuttosto suscitassero negli esuli e negli emigrati quella speranza cristiana ch’è l’unico rifugio nelle tribolazioni, era necessario che la Chiesa procurasse, con cura particolare e con assidua assistenza, di mantenere intatta in loro la fede dei maggiori e conforme ai precetti della morale la pratica della vita. Occorreva altresì far fronte con rimedi adeguati alle molteplici difficoltà che s’incontrano all’estero e prima affatto conosciute né previste; soprattutto occorreva controbattere le insidie di gente male intenzionata che s’insinuava tra loro col pretesto di aiutarli materialmente, ma purtroppo con l’iniquo proposito di danneggiarli nelle loro anime.
4 - Quali gravi motivi di angoscia ci sarebbero stati e ci sarebbero se tale ministero evangelico fosse venuto o venisse a mancare! Più lamentevoli sarebbero le sciagure di quanto non fossero ai tristi tempi di sant’Agostino, quando il vescovo d’Ippona esortava insistentemente i sacerdoti perché, sotto la pressione delle calamità, non lasciassero il gregge senza pastore, ricordando ad essi quali benefici dalla loro presenza e quali danni inevitabili sarebbero ad essi derivati dal loro abbandono: «Dove mancano i ministri, quale rovina si abbatte su questi infelici, che si vedono costretti ad uscire da questo mondo o non rigenerati o vincolati (dal peccato)! Che lutto dei loro congiunti fedeli, i quali non potranno averli compagni nel riposo eterno! Quali gemiti di tutti e di alcuni, che bestemmie per l’assenza dei ministri e la privazione dei loro ministeri! Vedi quanto faccia la paura dei mali temporali e quanti mali eterni da essa provengono. Invece, quando i ministri sono al loro posto, essi soccorrono a tutti nella misura delle forze che il Signore loro concede: questi vengono battezzati, quelli riconciliati; nessuno è defraudato della comunione del Corpo del Signore, tutti vengono consolati, edificati, esortati a pregare Dio, il quale può scongiurare tutte le disgrazie che incombono».
5 - La Santa Madre Chiesa, dunque, spinta dal suo immenso amore per le anime ed impaziente di adempiere agli impegni dell’universale salvifico mandato affidatole da Cristo, non tardò a prendersi la cura specialmente spirituale anche dei pellegrini, dei forestieri, degli esuli, di tutti gli emigranti, senza risparmio di forze e valendosi principalmente di sacerdoti, i quali, mediante l’amministrazione dei carismi della grazia e la predicazione della parola divina, lavorassero con ogni sollecitudine a confermare quei cristiani nella fede ed a stringerne i vincoli di carità.
6 - Sull’argomento accenneremo brevemente a quanto la Chiesa ha fatto fin dagli anni più remoti, soffermandoci poi più diffusamente su quello che riguarda i nostri tempi.
7 - Ricordiamo perciò anzitutto il gesto e le parole di sant’Ambrogio, quando quell'illustre pastore di Milano, per poter riscattare gli infelici che erano stati deportati dopo la sconfitta dell’imperatore Valente presso Adrianopoli, spezzò i vasi sacri, nell'intento di risparmiare a quei poveretti gravi patimenti materiali e di salvarli così da ben più gravi pericoli spirituali. «Chi sarà così duro, crudele ed insensibile - scriveva il santo - da non rammaricarsi che gli uomini vengano scampati dalla morte e le donne dagli impuri oltraggi dei barbari, della morte assai peggiori; che le giovinette e i ragazzi e i bambini siano preservati dal contagio degli idoli, che con minacce di morte sarebbero stati costretti a subire? Noi abbiamo abbracciato questa causa non senza motivo; quando poi l’abbiamo tradotta in atto tra il popolo abbiamo compreso, ed apertamente lo dichiariamo, che è stato molto meglio salvare anime al Signore piuttosto che oggetti d’oro».
8 - Brilla ancora lo zelo illuminato di quei pastori e di quei sacerdoti che agli abitanti di lontane regioni recarono il beneficio della vera fede insieme con quello della convivenza civile e dei rapporti sociali, mentre agli stessi barbari invasori facilitarono la pacifica assimilazione con le popolazioni locali, incorporando in uno stesso tempo quelle tribù alla religione cristiana ed alla civiltà.
9 - Piace altresì ricordare gli Ordini religiosi istituiti per il riscatto dei prigionieri, i cui membri, ardenti dell’amore di Cristo, non esitarono a tollerare spontaneamente gravi tribolazioni per i fratelli detenuti in catene, per poter ridonare a molti di essi la libertà o almeno per confortarli nella prigionia.
10 - Quando poi fu scoperto il nuovo continente nella parte occidentale del globo, zelanti sacerdoti di Cristo non esitarono ad affiancarsi ai colonizzatori, sia per aiutarli a mantenersi nella pratica della morale cristiana e per impedire che l'improvvisa abbondanza di ricchezze materiali ne eccitasse la baldanza, sia anche per trasformarsi subito presso gli indigeni, fin allora del tutto privi del lume della fede, in missionari, pronti ad istruirli nel Vangelo, a proclamarne ed a difenderne la dignità di veri fratelli.
11 - Né si può tacere degli araldi della Chiesa che si consacrarono a redimere dal loro miserando stato e a convertire gli schiavi negri, strappati scelleratamente dalla terra natia e fatti oggetto di turpe mercato in vari porti dell’America e dell’Europa.
12 - Facciamo pure menzione, in poche parole, dell’assidua attività svolta da quei pii Sodalizi per i pellegrini che nel cosiddetto Medioevo sorsero provvidenzialmente in ogni parte della cristianità, ma specialmente in quest’alma Urbe. Da questi ebbero origine innumerevoli ospizi, ospedali, chiese e confraternite nazionali, di cui sopravvivono tuttavia tante vestigia. Sono da ricordarsi in particolare le «Scuole dei pellegrini» sassoni, longobardi, franchi, frisoni, fondate fin dal secolo ottavo intorno al Vaticano presso il sepolcro di san Pietro, Principe degli Apostoli, per soccorrere i forestieri che pellegrinavano a Roma dai paesi d’oltr’Alpe, per venerarvi le memorie apostoliche. Queste «Scuole» erano dotate di chiesa e cimitero propri e avevano sacerdoti e chierici, oriundi delle rispettive contrade, con l’incarico di occuparsi dei loro connazionali, assistendoli spiritualmente ed anche materialmente, in specie i poveri e gli infermi. Nei secoli successivi si aggiunsero nuovi monasteri con annesso l’asilo per i pellegrini, cioè quello degli etiopi o abissini, degli ungheresi e degli armeni. Tutto ciò è una bella risonanza della parola di san Paolo, che esortava a «far propri i bisogni dei fedeli, a praticare l’ospitalità» (Rom. 12, 13).
13 - La felice esperienza che aveva dimostrato come il sacro ministero tra gli stranieri ed i pellegrini riuscisse più efficace se svolto da sacerdoti della stessa lingua e della stessa origine, soprattutto quando si trattava di gente ignara o poco istruita nella catechesi cristiana, fu solennemente confermata dal Concilio lateranense IV, dell’anno 1215, il quale bene decretò: «Poiché in molti luoghi si trovano frammiste nella medesima città e nella medesima diocesi popolazioni di diverse lingue, che professano la stessa fede ma con usi e riti diversi, ordiniamo severamente che i presuli di tali città o diocesi provvedano elementi idonei per celebrare i divini uffici secondo i diversi riti e idiomi, amministrare i sacramenti della Chiesa ed istruire adeguatamente questi nuclei con la parola e con l’esempio». Questa prassi è stata fedelmente seguita dalla Chiesa fino ai nostri giorni, specialmente mediante la creazione di parrocchie per le varie nazionalità o lingue; e, di più, qualche volta con l’opportuna creazione di diocesi secondo la varietà dei riti, come subito si dirà.
14 - Tutti sanno il profitto che tali parrocchie, frequentate assiduamente dagli allogeni, hanno recato alle anime ed alle diocesi e tutti le hanno in grande e meritata stima. Il Codice di diritto canonico non ha tralasciato perciò di fissarne il regime con le prescrizioni del can. 216 § 4, sicché, con la graduale approvazione della Santa Sede, sono sorte, specialmente in America, numerose parrocchie nazionali, fino a quelle recentissime - per non citare che un esempio - erette con decreto della S. C. Concistoriale nelle Isole Filippine per i cinesi.
15 - Benché però non ci sia stato tempo in cui abbiano fatto difetto le cure della Chiesa per gli emigranti, per gli esuli e per i profughi, senza più attardarci Ci limitiamo a ricordare solamente le iniziative di questi ultimi tempi.
16 - E Ci conviene anzitutto ricordare qui i cinquanta volumi sull’assistenza della Santa Sede verso i francesi, giacenti nell’Archivio Vaticano. Veramente splendida prova dell’indefessa sollecitudine dei Romani Pontefici verso quanti le rivoluzioni o le guerre cacciarono fuori della patria, essi documentano tutta la patema benevolenza usata dai Nostri predecessori Pio VI e Pio VII verso i francesi che, esuli dalla patria [a causa della furia giacobina, ndR], o furono accolti con grande generosità nello Stato Pontificio, e specialmente a Roma, o si rifugiarono altrove.
17 - Piace ricordare pure la memoranda figura del beato Vincenzo Pallotti, fondatore della Società Apostolato Cattolico, che Noi già definimmo «decoro ed ornamento del clero romano» e, sulla soglia dell’ultimo Anno Giubilare, lieti inserimmo nella riplendente schiera dei beati. Egli, infatti, pieno di zelo delle anime e desideroso di rafforzare nella fede cattolica gli italiani emigrati in Inghilterra, inviò a Londra alcuni suoi compagni perché vi curassero spiritualmente i loro compatrioti, ed umilmente chiese al pontefice Pio IX, Nostro predecessore, il quale gliela concesse, la facoltà di raccogliere elemosine affin di erigere nella stessa città di Londra un sacro tempio in onore di san Pietro, Principe degli Apostoli, specialmente ad uso degli emigrati italiani.
18 - Sulla fine della prima metà del secolo decimonono, quando si aprirono ai bisognosi vie non mai prima conosciute di far fortuna, e fiumane di uomini affluirono in America dalle regioni dell’Europa, e specialmente dall’Italia, la Chiesa cattolica non rifuggì da cura o fatica per aiutare spiritualmente gli emigranti. Essa, infatti, per l’amore che aveva per i suoi figli, col succedersi dei secoli non solo fu pronta ad approvare nuovi metodi di apostolato più corrispondenti al progresso dei popoli e alle mutate circostanze dei tempi, ma anzi con diligente alacrità li introdusse, chiaramente avvertendo i rischi che correvano la società, la morale e la religione.
19 - E che questa vigile cura della Santa Sede, tanto più alacremente fu prestata quanto più pigramente le pubbliche autorità e i privati istituti sembravano guardare gli eventi, è chiaramente testimoniato dagli Atti del Nostro predecessore Leone XIII; il quale non solo strenuamente propugnò la dignità dell’umano lavoro ma anche difese a tutta possa i lavoratori che cercavano di guadagnarsi all’estero il necessario per vivere.
20 - Sulla fine, infatti, del suo primo armo di pontificato, il 9 luglio 1878 con benevolo compiacimento approvò la Società di san Raffaele, eretta dai vescovi della Germania in aiuto agli emigranti di quella nazione; la quale società, con l’andar del tempo, molto utilmente svolse la sua attività nei porti di partenza e di arrivo anche a prò di emigranti di altre nazionalità, come belgi, austriaci, e italiani.
21 - Nell’anno poi 1887, con lettere apostoliche approvò come utile ed opportuno il divisamento del servo di Dio Giovanni Battista Scalabrini, allora vescovo di Piacenza, «di fondare un istituto di uomini, pienamente disposti a recarsi specialmente nelle lontane regioni dell’America, per ivi prestare il loro ministero sacro a prò dei moltissimi italiani, ivi stabilitisi quando il bisogno li aveva forzati ad abbandonare la patria». Dopo di che, col concorso di solerti sacerdoti e di chiarissimi presuli, quell’uomo apostolico, da Noi proclamato oltremodo benemerito della Chiesa e della patria, fondò un collegio di sacerdoti, «nel quale, - per usare di nuovo le adorne parole dello stesso Leone XIII nella lettera di cui più sotto faremo parola - sacerdoti ardenti della carità di Cristo convenissero d’ogni parte d’Italia, per darsi a quegli studi ed esercitarsi in quegli uffici e in quel metodo di vita, che dessero loro la forza e l’efficacia per essere ambasciatori di Cristo presso gli italiani sparsi all’estero». E così si ebbe la nuova Congregazione religiosa dei Missionari del Sacro Cuore per gli emigranti d’Italia, come fondatore della quale è riconosciuto appunto il servo di Dio.
22 - È utile anche ricordare la lettera che lo stesso immortale Nostro predecessore l’anno seguente scrisse all’episcopato dell'America, la quale felicemente dette la spinta a moltissime iniziative e ad un’ammirabile emulazione di sforzi ad utilità degli emigranti. Numerosi allora furono i sacerdoti, nonché i religiosi e le religiose, che, attratti dallo scopo di andare in aiuto ai loro compatrioti all’estero, d’ogni parte si recarono in America; allora pure si fondarono società e patronati a prò di quanti, a schiere, partivano dall’Italia, dalla Germania, dall’Irlanda, dall’Austria e Ungheria, dalla Francia, dalla Svezia, dal Belgio, dall’Olanda, dalla Spagna e dal Portogallo; allora specialmente si promossero le parrocchie nazionali.
23 - Con la sua sapienza e carità non trascurò neanche l’emigrazione temporanea ristretta nei confini dell’Europa; più di una lettera diretta dalla Segreteria di Stato agli Ordinari d’Italia inoppugnabilmente testimonia questa cura del Romano Pontefice.
24 - Anch’egli mosso dalle esortazioni del Papa e spinto dalla salute delle anime, Geremia Bonomelli, vescovo di Cremona, fondò l’Opera di assistenza agli operai italiani emigrati nelle altre regioni dell’Europa, dalla quale promanarono molti istituti e fiorenti segretariati di educazione civile e di beneficenza; e nell’anno 1900, da sacerdoti e da laici onorati, a ciò uniti, si tennero fruttuose «missioni» nella Svizzera, nell’Austria, nella Germania e in Francia. E perché una sì bella opera non venisse meno, dopo la morte di quel presule, da Benedetto XV, Nostro predecessore, l’incarico dell’assistenza agli italiani emigrati in Europa fu confidato a Ferdinando Rodolfi, vescovo di Vicenza.
25 - Né sarà inutile far menzione qui delle svariate istituzioni per sostentare ed educare bambini e bambine, degli ospedali e delle altre opere di beneficenza con frutto fondate per i fedeli diversi per lingua e per origine, ogni giorno più fiorenti e prosperi. In ciò più che altri brilla siccome stella santa Francesca Saveria Cabrini, che, preso consiglio ed animo specialmente dal Servo di Dio Giovanni Battista Scalabrini, e assicurata dall’autorità del papa Leone XIII di felice memoria, a voler volgere i suoi sguardi non all’Oriente ma piuttosto all’Occidente, stabilì di recarsi nelle regioni dell’America Settentrionale, ed ivi perseverò nelle sue imprese con tanto ardore di carità da portarne frutti copiosissimi, sicché per l’insuperabile sua dedizione e per le mirabili fatiche sostenute a prò degli italiani meritò il titolo di «madre degli emigrati italiani».
26 - L’ordinamento però delle opere cattoliche per gli emigranti in Europa, in Oriente e nell’America va riconosciuto come merito del beato Pio X, Nostro predecessore. Egli, che già come parroco a Salzano aveva assistito i suoi cari fedeli che emigravano, sì da provveder loro e un viaggio senza pericoli e una residenza sicura, una volta chiamato al sommo pontificato, provvide con particolare cura alle pecorelle disperse del gregge cattolico, e prese sollecite deliberazioni sull’emigrazione.
27 - Con quale ardore quel santo pontefice abbia amato i fedeli emigrati fin nelle più lontane regioni dell’America sia meridionale sia settentrionale, e di quanto gaudio sia stato inondato alla notizia dello zelo che verso di quelli animava e vescovi e sacerdoti, chiaramente lo dà a vedere la lettera inviata il 26 febbraio del 1904 all’arcivescovo di New York, in cui egli plaudiva ed approvava le provvidenze dallo stesso prese a prò degli italiani, perché, difesi da ogni pericolo, gli emigranti restassero fedeli alla religione dei loro padri, e perché si aprisse un seminario di chierici provenienti da quella comunità d’italiani. La stessa cosa testimoniano e il discorso da lui tenuto ai pellegrini dell’Argentina, e le lettere inviate all’episcopato brasiliano, al superiore generale dei Missionari di san Carlo, al direttore della Pia Società Antoniana Universale e al rettore della Società cattolica per gli immigranti, da poco fondata nel Canadà.
28 - Affine poi di apprestare la necessaria assistenza spirituale agli emigranti, sia durante il viaggio sia nei porti di sbarco, sia finalmente una volta fissatisi nella patria adottiva, con l’approvazione del Sommo Pontefice, fin dall’anno 1905, venne costituita la Società dei missionari di sant'Antonio di Padova.
29 - Ma per l’Italia soprattutto vale ricordare le norme date dalla Segreteria di Stato al suo episcopato. La Sacra Congregazione Concistoriale poi, minutamente edotta dello stato delle cose dagli ordinari dei luoghi di emigrazione e d’immigrazione da essa stessa sollecitati, prestamente eseguì l’ordine del Pontefice riorganizzando opportunamente le iniziative per gli emigranti già in atto, suscitandone nuove: richieste dalle circostanze, e raccomandando agli ordinari l’istituzione di comitati e di patronati.
30 - Ma nella sua somma sollecitudine, egli non si accontentò di tutelare il bene degli emigrati coi soli mezzi spirituali. Informato, infatti, che alcuni di essi, recatisi d’Europa nelle più lontane regioni, date le assai difficili condizioni in cui si trovavano di cose e di luoghi, avevano osato contrarre matrimonio senza le formalità richieste, ed anzi di averlo addirittura attentato, per evitare ogni inosservanza delle leggi matrimoniali poste a tutela d’increscevolissimi danni, il Sommo Pontefice ordinò che la Sacra Congregazione della disciplina dei sacramenti desse una provvida istruzione sulla prova di stato libero e sulla denuncia di matrimonio, la quale dalla stessa Sacra Congregazione fu, dopo alcuni anni di nuovo promulgata, aggiuntevi preziose norme a prò degli emigranti che volessero contrarre matrimoni anche per procura.
31 - Sotto il governo di tanto Pontefice, con opportune norme si provvide ai chierici e ai fedeli di rito ruteno residenti negli Stati Uniti d’America e si assegnò loro un vescovo proprio, cui fu commessa la cura spirituale anche dei fedeli dello stesso rito dimoranti nel Canadà; parimente sotto il suo pontificato, in Toronto, città del Canadà, si fondò una Società per la dilatazione della Chiesa cattolica e si lodarono ampiamente i frutti ubertosi da essa raccolti nel difendere dalle insidie degli eretici i cattolici ruteni sparsi nei territori nord occidentali; venne fissata la disciplina delle mutue relazioni tra l’episcopato canadese e il vescovo dei ruteni di quella regione, tra i due cleri e i fedeli; finalmente nella città di Roma venne data in dono all’episcopato cattolico rumeno della provincia ecclesiastica di Fagaras e Alba Julia la chiesa del. S.mo Salvatore in Via delle Coppelle con annessa abitazione.
32 - Ma tra quanto è stato fatto, tiene il primo posto l’Ufficio speciale dell’emigrazione, costituito presso la Congregazione Concistoriale, «con lo scopo - secondo le parole del beato Pio X - di cercare e di provvedere tutto l’occorrente per la salute delle anime per migliorare la condizione degli emigranti di rito latino, salvi i diritti della Sacra Congregazione de Propaganda Fide per gli emigranti di rito orientale, ai quali la stessa Congregazione opportunamente provvederà secondo le sue competenze; riservandosi però a quest’Ufficio la cura degli stessi sacerdoti emigranti».
33 - Né si poteva trascurare l’ordinamento dei sacerdoti emigranti, cui la Santa Sede già da tempo aveva provveduto mediante la Sacra Congregazione del Concilio, come pure per mezzo della Sacra Congregazione de Propaganda Fide nel caso di chierici di rito orientale, ed anche per mezzo della stessa Sacra Congregazione Concistoriale. Siccome poi tra i chierici che passavano il mare alcuni ve ne potevano essere che vi andavano in cerca di fortuna più che di anime, la stessa Sacra Congregazione Concistoriale decretò opportune norme - che riguardavano anche i sacerdoti «addetti ai contadini e ad altri operai» - per rimuovere gli abusi che potevano verificarsi, stabilendo anche sanzioni per i trasgressori. Queste norme, accordate da un altro decreto della Concistoriale col Codice di diritto canonico da poco promulgato, ancor oggi utilmente vigono. Ad esse poi, col passare degli anni, altre ne aggiunsero le Sacre Congregazioni per la Chiesa Orientale e di Propaganda Fide, secondo le loro rispettive competenze.
34 - Allo stesso Sommo Pontefice risalgono i primordi del Collegio urbano dei sacerdoti per gli emigranti italiani all’estero, fondato con lo scopo di preparare giovani sacerdoti del clero secolare con un apposito corso di studi a diventare idonei allo speciale ministero sacro presso gli emigrati; e perché tanti se ne raccogliessero quanti le necessità ne richiedevano, si avvertivano i vescovi, quelli in primo luogo che più abbondavano di clero, «d’inviare a quest’istituto, quanti tra i loro sacerdoti o i loro chierici ne trovassero idonei»; e finalmente, negli ultimi tempi del suo pontificato, il beato pontefice - che presto, angosciato per la dichiarazione di guerra, doveva passare al premio celeste - padre amorevolissimo, egli stesso redasse lo statuto del collegio, dando ordine di pubblicarlo alla Sacra Congregazione Concistoriale.
35 - Sulle chiare orme del suo predecessore e continuando con ogni impegno la cura degli emigranti da lui raccolta come un’eredità, il sommo pontefice Benedetto XV, non appena elevato alla cattedra di san Pietro, assegnò al sunnominato Collegio il palazzo dell’Apollinare; e quando la Santa Sede, tutta intenta a sollevare i disastri di guerra e sventure divenute mondiali, si trovò impari a provvedere da sola ai bisogni del Collegio, la sacra Congregazione Concistoriale non rifuggì dall’elemosinare dagli ordinari d’Italia e dell’America il danaro per mantenerlo.
36 - Per soccorrere poi le opere cattoliche che attivamente lavoravano per gli italiani emigrati, la Sacra Congregazione in un primo tempo esortò gli ordinari d’Italia a fissare stabilmente un giorno dell’anno in cui raccogliere la questua per queste opere, ma in seguito ordinò che i parroci invece che per il popolo ogni anno offrissero una Messa secondo le intenzioni del Sommo Pontefice, destinando a quelle opere le elemosine di dette Messe. E tutti sanno, specialmente gli emigranti e i missionari, che questo danaro viene integralmente versato in aiuto di quelle istituzioni che, o sotto la vigilanza della Sacra Congregazione Concistoriale, o promosse da missionari e da religiosi e religiose, sono sorte all’estero con lo scopo di provvedere di necessaria e sicura difesa gli emigranti, «la fede e la vita cattolica dei quali è incredibile quali e quanti pericoli corra».
37 - Lo stesso Pontefice propose agli ordinari della Calabria di costituire patronati ecclesiastici a prò degli emigranti italiani.
38 - Pressantemente raccomandò all’arcivescovo di San Paolo e agli altri vescovi del Brasile perché, «sollecitando a quel fine il concorso di buoni sacerdoti indigeni» facessero sì che gli operai stranieri, ivi accorsi dall’Europa o in cerca di fortuna o spinti dalle necessità, una volta fuori dalla patria non perdessero i costumi [la fede e la morale, ndR] dei loro padri; lo stesso raccomandò al vescovo di Trenton, lodandolo per l’opera a ciò prestata: infatti non appena una nuova colonia d’italiani s’era stabilita in Trenton, subito per essi fu costruita una chiesa, e presso di essa delle case, sicché il Sommo Pontefice manifestò il voto che dappertutto negli Stati Uniti d’America gli italiani ivi emigrati potessero trovare gli stessi sussidi di cristiana carità.
39 - Lo stesso nostro predecessore Benedetto XV s’interessò anche degli italiani che già allora lasciavano l’abituale dimora per una temporanea emigrazione in varie regioni della penisola, come tutt’ora praticano le mondine nelle risaie.
40 - Con ottima risoluzione stabilì poi che ci fosse un prelato che, provvisto delle necessarie facoltà e libero da cure diocesane, avesse tutto l’agio e il tempo di dedicarsi ad utile spirituale degli italiani emigranti; e perciò nel 1920 istituì l’ufficio del Prelato per l’emigrazione italiana, cui solo spetta scegliere i missionari per quest’attività, assisterli e sorvegliarli, e dirigere il Collegio dei sacerdoti destinati all’assistenza morale e religiosa degli italiani emigrati all’estero; e l’anno seguente, perché lo stesso Collegio più facilmente si sviluppasse, lo provvide di nuovi statuti armonizzati alle necessità dei tempi e delle circostanze.
41 - Profondamente commosso dalle strettezze in cui miseramente soffrivano innumerevoli uomini ridotti in prigionia durante la spaventosa guerra mondiale, il papa Benedetto XV ordinò ai vescovi delle diocesi in cui vivessero siffatti prigionieri, che senza indugi scegliessero uno, e se necessario più sacerdoti sufficientemente pratici della loro lingua e li applicassero alla loro assistenza: «I sacerdoti a ciò designati non abbiano altre incombenze oltre quanto è richiesto dalla salute sia delle anime sia corporale dei prigionieri: li consolino, li aiutino, li assistano nelle varie necessità qualche volta dolorosissime».
42 - Durando ancora la guerra, per provvedere al bene spirituale dei profughi in Italia, nominò un ordinario speciale per essi.
43 - Non trascurò i grandissimi pericoli di perversione che potevano correre moltissimi tedeschi, tra i quali molti erano cattolici, che allora, ridotti agli estremi, si vedevano costretti a lasciare la casa per cercare altrove il necessario per vivere, sicché la Sacra Congregazione Concistoriale esortò i vescovi non solo della Germania ma anche dell’Europa centrale a considerare diligentemente e a stabilire, dopo averne discusso nei loro convegni o conferenze episcopali, quanto occorresse per andare incontro presto e tempestivamente a tanti bisogni. In pari tempo li richiamò sull’oppartunità d’incrementare l’attività dell'Aassociazione san Raffaele, che prima della guerra aveva soccorso con innumerevoli aiuti i pellegrini d’ogni sorta, e come pure di mettere in opera i soccorsi consigliati dalla prudenza e dalla carità. Dipoi, nel 1921, l’arcivescovo di Colonia fu 'nominato protettore della benemerita opera fondata fin dall’anno 1904, per l’assistenza religiosa dei cattolici di lingua tedesca dimoranti in Italia: la quale, con l’andar del tempo, s’accollò anche l’assistenza spirituale degli emigrati tedeschi sia dell’Europa occidentale, sia, con la designazione del vescovo di Osnabruk a secondo suo protettore, di quelli dell’Europa orientale e di fuori Europa.
44 - Quando alcuni vescovi messicani, sacerdoti, religiosi e religiose e molti fedeli, con l’incrudire della lotta civile nel Messico, delittuosamente cacciati dalla patria, passarono negli Stati Uniti d’America per cercarvi un sicuro rifugio, egli li raccomandò caldamente alla carità dei cattolici di quegli stati, prima scrivendone al vescovo di Sant’Antonio, poi all'arcivescovo di Baltimora, a spese del quale i giovani poveri destinati al sacerdozio erano stati raccolti in seminario, «ciò che, diceva il Pontefice, è stato di nostro massimo godimento».
45 - Ricordiamo ancora quanto lo stesso Pontefice sapientemente fece a prò dei fedeli dei riti orientali: il forte incremento dato all’assistenza spirituale dei fedeli di rito greco ruteno emigrati nell’America meridionale, la fondazione del seminario per fanciulli italo greci nel monastero di Grottaferrata, e l’erezione della diocesi di Lungro per i fedeli d’ambo gli stati che già abitavano nell’Epiro e nell’Albania, ma che, fuggendo a schiere la dominazione turca, 's’erano fermati in Italia prendendo stabile dimora in Calabria e in Sicilia.
46 - Né crediamo che sia fuor di posto ricordare il Decreto della Sacra Congregazione dei Riti che dichiarò la Madonna di Loreto celeste patrona di quanti viaggiano in aereo, affinché «quanti si affidassero alla sua tutela, sani e salvi pervenissero alla meta». Noi poi, affinché non mancasse ai fedeli durante i viaggi aerei facilità di confessarsi, decretammo che quanto nel canone 883 del Codice di diritto canonico si stabilisce circa la facoltà di ascoltare le confessioni da parte dei sacerdoti durante i viaggi per mare, valesse anche per i sacerdoti che viaggiano per aereo.
47 - L’amatissimo Nostro predecessore Pio XI non permise che alcun ritardo soffrisse tanto e sì fausto incremento raggiunto dalle opere dell’emigrazione. Innumerevoli emigranti e profughi dall’America e dall’Europa godettero largamente le prove della patema bontà del Sommo Pontefice. Noi, in tanta abbondanza di fatti, ne ricorderemo solo i più importanti, cominciando da quelli che riguardano gli Orientali.
48 - Nel suo primo anno di pontificato, quando per le stragi dell’Armenia, si piangeva la sorte di molti fedelissimi cattolici, o uccisi, o raminghi lontano dalla patria, egli generosamente ristorò quei figli infelici e privati di tutto e anzi raccolse in questa casa paterna di Castel Gandolfo, qui nutrendole coi suoi mezzi, le povere loro orfanelle.
49 - Nel 1925 assegnò ad una Commissione per la Russia le materie e gli affari relativi ai russi fuorusciti dalla loro patria; poi affidò ad uno speciale istituto, creato presso la Sacra Congregazione della Chiesa Orientale, la cura di quanti erano di rito slavo in qualunque parte del mondo abitassero; eresse un ordinariato ad Harbin, in Cina, dandone la direzione ad un sacerdote di rito bizantino slavo, il quale, come ordinario di Harbin dei Russi [il Pontefice sta parlando ovviamente di cattolici, non di scismatici-eretici, ndR], guidasse e governasse spiritualmente tutti i chierici e i fedeli del suo rito abitanti nella Cina. Seguendo l’operato dei suoi predecessori, che già avevano provvisto gli armeni, i siri, i maroniti, i greci, i ruteni e i romeni di una loro chiesa propria in Roma, assegnò ai fedeli di rito slavo domiciliati o di passaggio a Roma, la chiesa di sant’Antonio eremita all’Esquilino, perché vi potessero onorare Dio secondo le usanze approvate dei loro padri, e nell’edificio ad essa contiguo, costruito di sana pianta, fondò il Seminario Russo. Più volte venne incontro ai profughi dell’Europa orientale, di qualunque regione o religione fossero, con la parola, con l’esempio e col danaro spontaneamente offerto, spronando insieme la generosità dei vescovi e dei fedeli polacchi.
50 - S’applicò nel promuovere il bene spirituale delle comunità di rito bizantino che, immigrate da tempo in Italia per sfuggire alle persecuzioni, ancora vi perduravano integre: per ciò eresse la nuova diocesi, ovvero eparchia di Piana dei Greci con le parrocchie bizantine staccate dalle diocesi di Palermo e di Monreale: dette opportunissime norme per l’amministrazione spirituale degli ordinariati dei greco ruteni negli Stati Uniti d’America e nel Canadà.
51 - In segno di particolare benevolenza per i polacchi, prima onorò col titolo di basilica minore la chiesa di san Giosafat vescovo e martire nella città di Milwaukee, cui è annessa la cura d’anime per i fedeli di lingua polacca; poi, nel 1931, assegnò a protettore di tutti i polacchi emigrati l’arcivescovo di Gnesne.
52 - Quando nel 1924, ad imitazione della Pia Unione dei Missionari di san Carlo per gli emigrati italiani, nella città di Godesberg, anche per i cattolici tedeschi emigrati all’estero, si cominciò la fondazione di un Istituto religioso, lodò come meritava quest’opportuna e promettente iniziativa, dando di poi a quell’Istituto, una volta raggiunto il desiderato sviluppo, il bel titolo di Società dei Santi Angeli.
53 - I vescovi, sacerdoti, religiosi e fedeli profughi dalla Spagna, quando aspra durava la criminosa persecuzione antireligiosa, furono da lui umanamente accolti ed ampiamente consolati con parole tutte piene di tenerezza.
54 - Perché poi i messicani all’estero non divenissero preda dei nemici di Cristo né rinunziassero agli esempi dei loro padri, esortò gli ordinari di quella nazione di consultarsi coi loro confratelli nell’episcopato degli Stati Uniti d’America, ricorrendo perciò alla collaborazione delle associazioni di Azione Cattolica.
55 - Qui è il posto per doverosamente ricordare l’amore che lo stesso Sommo Pontefice mostrò verso i negri sparsi per il mondo: n’è eloquente documento la Lettera inviata il 5 aprile 1923 al superiore generale della Società del Verbo Divino, con la quale bene augurava al seminario per i negri che tra breve si doveva cominciare, e affermava essere stato ottimo consiglio quello di accogliere nella Società del Verbo Divino i negri che si dimostrassero chiamati alla vita religiosa, affin di esercitare molto efficacemente il ministero tra di loro una volta raggiunto il sacerdozio.
56 - Circa gli italiani: i cappellani di bordo, fin allora appartenenti alla Società dei Missionari di Sant’Antonio di Padova, il 26 febbraio 1923, li mise all’immediata dipendenza del direttore del Collegio dei Sacerdoti per gli italiani emigrati all’estero, e più tardi dispose che la Sacra Congregazione Concistoriale provvedesse alla loro formazione con utili leggi; tutti parimente i sacerdoti già addetti all’opera di assistenza degli italiani emigrati all’estero affidò ad un unico direttore, eletto e deputato dalla stessa sacra Congregazione Concistoriale; e affinché gli italiani emigranti si potessero più sicuramente riconoscere nei luoghi d’immigrazione e più facilmente potessero legare relazioni coi cattolici, ordinò che prima di partire dalla patria venissero muniti di un certificato dell’autorità ecclesiastica.
57 - Inoltre commise il governo della Pia Società dei Missionari di san Carlo alla Sacra Congregazione Concistoriale, disposizione che doveva arrecare ottimi frutti; infatti per opera del Nostro amatissimo cardinale Raffaele Rossi, segretario della stessa Congregazione Concistoriale, che a buon diritto dagli stessi missionari è riguardato come un secondo fondatore, le Costituzioni della Pia Società vennero concordate col Codice di Diritto Canonico e poi approvate; la Società, con l’emissione dei voti, venne riportata al suo primitivo stato religioso: vennero aperte molte nuove case specialmente per la formazione dei chierici; erette alcune province religiose e missioni sui iuris; di qui un accrescersi dell numero dei soggetti e un rapido allargarsi del campo di lavoro in America, in Europa, e in questi ultimi tempi in Australia, sì che per l’avvenire sorgono ottime speranze di una più sicura e stabile assistenza spirituale degli italiani emigrati.
58 - E finalmente quel magnanimo Pontefice, il 17 aprile 1922, volle onorare con la sua benevolenza e poi arricchire con l’approvazione della Sede Apostolica l’opera dell’Apostolato del mare, iniziata in Glasgow nella Scozia nel 1920, ad utile spirituale, morale e sociale dei marittimi; opera che Noi stessi, il 30 maggio 1942, con piacere decretammo che venisse posta alle dipendenze della Sacra Congregazione Concistoriale, quando, celebrati già non pochi congressi e raccomandata dagli ordinari, s’era già molto ampliata e diffusa.
59 - Per venire al Nostro Pontificato non dobbiamo fare altro ohe ricordare quanto la Chiesa ha compiuto in questi ultimi tempi.
60 - Nei primi giorni della Nostra assunzione alla Sede Romana, come è noto, si vedevano progredire, ogni giorno più arditi e brutali, la smodata ricerca d’ingrandire la nazione, lo sfacciato prepotere della razza, la sfrenata libidine di occupare le regioni altrui, fondata sulla forza anziché sul diritto; onde le crudeli ed empie deportazioni di moltitudini e il forzato sradicamento dei popoli: nuovi crimini che la vincevano su tutti i delitti dell’antichità.
61 - Su questo stato di cose subito sovrastò il nembo di tutti i danni più tremendi, la più disastrosa delle guerre. Allora, senza un giorno di ritardo, Noi iniziammo il nostro programma di carità e di pace.
62 - Con ogni tentativo possibile esortando, supplicando, intercedendo, agendo direttamente presso gli stessi capi di Stato, ci siamo sforzati d’impedire la orrenda guerra; una volta scoppiata e dilagante terribilissima, con tutte le nostre forze, sia con le parole sia coi fatti, cercammo di mitigarla e frenarla.
63 - In siffatte dolorose circostanze la Chiesa, quale madre universale, non venne meno all’aspettativa e al suo ufficio, ché anzi, «precedendo, secondo il suo solito, a tutta la mondiale adunanza dell’amore», fu conforto agli afflitti, rifugio ai perseguitati, patria agli esuli.
64 - Non ostanti le enormi ed inestricabili difficoltà dei tempi, nulla lasciammo d’intentato per apportare un aiuto ai figli piangenti, di qualunque condizione o nazione fossero; anche ai fuorusciti ebrei, oggetto di spietata persecuzione, con ogni sforzo, venimmo in aiuto.
65 - Ma fra tutte le opere di carità da Noi o iniziate, o promosse, o raccomandate per venire in soccorso alle innumerevoli e inaudite sciagure e tribolazioni causate dalla guerra, che colpivano si può dire tutti gli uomini, più che agli altri Noi rivolgemmo le Nostre cure ai prigionieri, ai profughi, agli esuli e a quanti per qualsiasi motivo si trovavano raminghi dalla patria, e specialmente a teneri e meschini bambini orfani. Ma siccome ciò è a tutti noto e storicamente documentato, non c’è motivo che vi Ci dilunghiamo, e basterà ricordare solo qualche cosa.
66 - Sull’esempio del Nostro predecessore Benedetto XV, che Noi avemmo la sorte di coadiuvare nella sua fervida carità durante la prima guerra mondiale, appena scoppiata la seconda erigemmo presso la nostra Segreteria di Stato un Ufficio speciale per i soccorsi a tutti i bisognosi e gli sventurati d’ogni parte del mondo; e per tutta la sua durata disponemmo la costituzione di un altro ufficio per i prigionieri e per l’invio e la ricerca di notizie, come pure di più commissioni, tra le quali crediamo degna di speciale menzione quella dei sinistrati di guerra, per i profughi e per l’assistenza dei carcerati , poi sostituita dalla Pontificia Commissione d’Assistenza per tutti i bisognosi. E qui meritano parimente d’essere ricordate le varie missioni fatte in Germania e in Austria per iniziativa della stessa nostra Segreteria di Stato col precipuo scopo di provvedere alla salute dei loro profughi ed erranti.
67 - Quando poi, composte finalmente le cose nella pace anche se parziale, s'avvertì ogni giorno più l’impreteribile necessità di provvedere alla moltitudine di profughi, a molti dei quali era intercluso il ritorno nella propria casa, e quando da alcune nazioni troppo popolate, non pochi uomini, stretti dalla povertà, divisavano di andare all’estero, sempre presso la nostra Segreteria di Stato costituimmo un Ufficio emigrazione, con due sezioni, di cui la prima per l’emigrazione libera, l’altra per quella forzosa; deputammo un ecclesiastico presso l’ufficio Migrazione eretto a Ginevra, che assistesse ai convegni internazionali che vi si sarebbero adunati, e recentemente approvammo una Commissione cattolica internazionale per le migrazioni, fine della quale è unire e collegare le forze di quante associazioni e comitati cattolici esistono nel mondo, rafforzare e coordinare le loro proposte e le iniziative a prò degli emigranti e dei profughi.
68 - Né va taciuto come per i nostri nunzi, delegati e altri ecclesiastici a ciò peculiarmente mandati, siano stati promossi quasi in ogni nazione, anzi in ogni diocesi, comitati e commissioni per bisognosi e per profughi, naturalmente con l’appoggio sia degli ordinari locali, sia dei sacerdoti, sia di sicuri fedeli, sia di membri dell’Azione Cattolica e di altre associazioni di apostolato, la fruttuosa solerzia dei quali, che noi godiamo di lodare, ha prodotto, come vediamo, già molti frutti, che si sperano di grande utilità per la tutela degli emigranti e dei profughi.
69 - La guerra scoppiata in Palestina nel 1948 aprì una sorgente di nuovi dolori e lutti; profughi senza numero, provati da indicibili dolori, furono costretti ad abbandonare tutte le loro cose e a disperdersi fuori della patria nel Libano, nella Siria, nella Giordania, in Egitto e nel territorio di Gaza, offrendo, e ricchi e poveri, e fedeli e infedeli, tutti accomunati dalle medesime calamità, un orrendo e lacrimevole spettacolo.
70 - Subito, allora, secondo le nostre possibilità, portammo loro quei soccorsi che sempre la Chiesa Cattolica portò agli afflitti e diseredati. A questo scopo costituimmo la Nostra Unione per la Palestina, che tuttora viene incontro alle necessità dei profughi arabi, mediante le somme raccolte tra i cattolici di tutte le parti del mondo, come si faceva nei tempi apostolici (cfr Act. 11, 27-30 e Rom. 15, 25-38), ma specialmente per mezzo della speciale associazione fondata dall’assemblea generale dell’episcopato degli Stati Uniti d’America.
71 - Non risparmiammo sforzo per conciliare l’affetto di tutti verso gli esuli e i profughi come quelli che erano i più bisognosi fratelli; più volte, infatti, denunziammo la loro vita miseranda, ne difendemmo i diritti, e per essi non una sola volta sollecitammo la carità di tutti gli uomini, ma specialmente dei cattolici, sia per radio, sia nelle Allocuzioni e nei Discorsi d’occasione, sia nelle Lettere da noi mandate ad arcivescovi e a vescovi.
72 - Così, per esempio, scrivevamo al venerabile episcopato della Germania: «Nelle odierne circostanze quel che sembra più raffinare e spronare la carità vostra e quella del vostro clero, è quanto sia necessario soccorrere con tutti i mezzi e ausili del vostro ministero sia i profughi delle vostre regioni dispersi nella diaspora, sia i profughi stranieri, che, privati spesso e di beni e di casa, sono costretti a trascinare la vita nella più squallida miseria, attendati, spesso ammucchiati, nelle campagne. A questi provatissimi fratelli volgano gli occhi e i cuori i buoni tedeschi, e specialmente i membri del clero e i soci dell’Azione Cattolica, e non lascino inadempiuto nessun ufficio di religione e di carità».
73 - Finalmente nell’Enciclica Redemptoris Nostri, trattando dei Luoghi Santi della Palestina, manifestammo tutto il nostro animo esacerbato: «Ancora ci fanno udire i loro lamenti moltitudini di profughi d’ogni età e d’ogni condizione, che, forzati dagli orrori della guerra a fuggire all’estero, perciò passano la vita esuli nei campi di concentramento, esposti a disagi, a malattie contagiose e a pericoli d’ogni genere. Non ignoriamo il moltissimo cui e pubbliche istituzioni e private persone hanno contribuito per alleviare le condizioni travagliate di queste moltitudini, e Noi stessi, continuando in quelle iniziative di carità che cercammo fin dai primordi del Nostro pontificato, nulla trascurammo di quanto potevamo fare, per sopperire almeno alle più gravi necessità di quelle miserande moltitudini. Ma la condizione di quegli esuli è tanto dubbia ed incerta, che non è lecito protrarla oltre. Mentre, dunque, consigliamo tutti, quanti hanno nobiltà e grandezza di cuore, dì fare il possibile in aiuto di questi esuli, provati dall’afflizione e dalle privazioni, alto gridiamo a quanti ne hanno la responsabilità che si faccia giustizia per tutti quelli che, cacciati lontani dalle loro dimore dalla furia della guerra, nulla più fortemente anelano che di riprendere la vita tranquilla di una volta».
74 - Mostrammo poi tutta la Nostra riconoscenza ai Nostri amatissimi confratelli nell’episcopato, nonché ai sacerdoti, ai civili d’ogni ordine, alle pubbliche autorità e alle attive istituzioni che nelle più svariate maniere, con l’opera e col consiglio, sovvennero i profughi e gli emigrati. Fra l’altro qui è opportuno ricordare la lettera con gioia da Noi inviata al Presidente generale dei vescovi degli Stati Uniti d’America della National Catholic Welfare Conference, come pure il Chirografo congratulatorio che mandammo all’episcopato dell’Australia in occasione delle festività per il cinquantenario di quella Confederazione.
75 - Istantemente poi rivolgemmo la parola ai capi di Stato, ai presidi di istituti, a tutti gli uomini onesti e volenterosi, invitandoli ad attentamente considerare e sciogliere il gravissimo problema dei profughi e degli emigranti; a disaminare quanti gravami tutti i popoli dovevano sostenere a causa della guerra e con quali mezzi si potesse rimediare a tanti mali; e finalmente pensassero al giovamento che deriverebbe all’umanità se, nell’unione delle volontà e dei mezzi, celermente ed efficacemente venissero in sollievo a tante più urgenti necessità dei sofferenti, armonizzando le esigenze della giustizia coi motivi della carità. «Infatti, a molte ingiustizie che si avvertono nei rapporti sociali la carità [= trasmissione della vera fede+ aiuti materiali, ndR] può portare qualche rimedio: ma ciò non basta. In primo luogo bisogna che la giustizia sia in vigore, sia osservata e sia veramente praticata».
76 - Parimente fin dai primi giorni del Nostro ufficio apostolico, molto volgemmo i Nostri sguardi a tutti i Nostri figli emigranti, nella più grande sollecitudine della loro salute temporale ed eterna.
77 - Perciò in occasione del cinquantesimo anniversario dell’enciclica Rerum Novarum, nel giorno di Pentecoste, 1° luglio 1941, parlammo del diritto di migrazione fondato sulla natura della stessa terra abitata dagli uomini: ci piace riportare qui una parte di quel discorso (...): «Il nostro pianeta, con tanti estesi oceani e mari e laghi, con monti e piani, coperti di nevi e di ghiacci eterni, con grandi deserti e terre inospiti e sterili, non è pur scarso di regioni e luoghi vitali abbandonati al capriccio vegetativo della natura, e ben confacenti alla coltura della mano dell’uomo, ai suoi bisogni e alle sue operazioni civili; e più di una volta è inevitabile che alcune famiglie, di qua o di là emigrando, si cerchino altrove una nuova patria. Allora, secondo l’insegnamento della Rerum Novarum, va rispettato il diritto della famiglia ad uno spazio vitale».
78 - «Dove questo accadrà, l’emigrazione raggiungerà il suo scopo naturale, che spesso convalida l’esperienza, vogliamo dire la distribuzione più favorevole degli uomini sulla superficie terrestre, acconcia a colonie di agricoltori; superficie che Dio creò e preparò per uso di tutti. Se le due parti, quella che concede di lasciare il luogo natio e quella che ammette i nuovi venuti, rimarranno lealmente solleciti di eliminare quanto potrebbe essere d’impedimento al nascere e allo svolgersi di una verace fiducia tra il Paese di emigrazione e il Paese d’immigrazione, tutti i partecipanti a tale tramutamento di luoghi e di persone ne avranno vantaggio; le famiglie riceveranno un terreno che sarà per loro terra patria nel vero senso della parola; le terre di densi abitanti resteranno alleggerite e i loro popoli si creeranno nuovi amici in territori stranieri; e gli Stati che accolgono gli emigrati guadagneranno cittadini operosi. Così le Nazioni che danno e gli Stati che ricevono, in pari gara contribuiranno all’incremento del benessere umano e al progresso dell’umana cultura». E questi princìpi generali di diritto naturale furono poi da noi ricordati nella vigilia di Natale dell’anno seguente avanti al Sacro Collegio dei cardinali.
79 - Ma il 24 dicembre 1948 trattammo apertamente quest’argomento scrivendone all’episcopato degli Stati Uniti d’America: «Voi conoscete certamente con quale ansia di sollecitudini e di cure noi accompagniamo quanti per i rivolgimenti interni della loro patria o perché spinti dalla disoccupazione e dalla fame, furono costretti ad abbandonare la casa e a portarsi all’estero. Ma che ad essi debbano essere aperte le vie di emigrare l’esige il diritto di natura non meno che la pietà verso il genere umano. Il Creatore dell’universo, infatti, ha creato tutte le cose in primo luogo ad utilità di tutti; perciò il dominio delle singole nazioni, benché debba essere rispettato, non può venir tanto esagerato che, mentre in qualsivoglia luogo la terra offre abbondanza di nutrimento per tutti, per motivi non sufficienti e per cause non giuste ne venga impedito l’accesso a stranieri bisognosi ed onesti, salvo il caso di motivi di pubblica utilità da ponderare con la massima scrupolosità.
80 - «A notizia dei Nostri disegni, recentemente voi avete cercato, e per la vostra insistenza avete ottenuto, che in forza di una provvida legge, alla quale speriamo altre ne seguano di maggior portata, a non pochi profughi sia aperto l’ingresso nei vostri territori; e fate oggetto delle vostre cure - aiutati in ciò da scelte persone - quanti quivi emigrano, sia quando partono dalle loro case, sia una volta giunti a destinazione, meravigliosamente praticando così quella consegna della carità sacerdotale: È proprio del sacerdote non nuocere a nessuno, e voler essere utile a tutti» (sant'Ambrogio, De officiis ministrorum, lib. 3, cap. 9).
81 - Ma a nessuno di quanti udirono le Nostre parole, e nella vigilia di Natale del 1945, e nelle Allocuzioni ai neoeletti cardinali, del febbraio 1946 e al Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede, del 25 dello stesso mese, può sfuggire da quanto trepida ansia il Padre dei fedeli fosse animato. In quelle Allocuzioni e in quei Discorsi per radio con severe parole condannammo i princìpi del totalitarismo, dell’imperialismo di Stato e dello smodato nazionalismo, come quelli che mentre da una parte arbitrariamente restringono il naturale diritto degli uomini ad emigrare o a fondare colonie, dall’altra costringono intere popolazioni ad emigrare d’altri luoghi, deportando gli abitanti dalle loro famiglie, dalle loro case, dalle loro patrie. Nella predetta Allocuzione al Corpo diplomatico, avanti a tanto solenne consesso volemmo di nuovo affermare la nostra volontà di pace giusta e sicura, da Noi più volte e in molte maniere già dichiarata, indicando un altro mezzo per giungere a questa pace, nel facilitare le mutue comunicazioni tra i popoli, sicché e gli esuli e i profughi possano finalmente tornare alle loro case, e i bisognosi, impossibilitati a trovare in patria il necessario per vivere, possano emigrare in altre nazioni.
82 - Nell’Allocuzione rivolta ai cardinali nello stesso giorno festivo del nostro Patrono, di nuovo invitammo le nazioni, più ricche di territori e più scarse di popolazione, ad aprire le loro frontiere a quanti si stipavano su territori sovrappopolati, tra i quali nessuno ignora che oggi il Giappone tiene il primato.
83 - Lo stesso tornammo ad augurarCi nella vigilia di Natale del 1948, osservando che ai soccorsi inviati con enormi spese alle popolazioni profughe era da preferirsi piuttosto lo sviluppo dell’emigrazione di famiglie e della loro immigrazione in regioni capaci di provvederle del necessario. Perciò esortammo i senatori degli Stati Uniti d’America, partecipanti al Comitato per l’immigrazione, convenuti qualche anno fa nella città di Roma, ad applicare con quanta maggior larghezza loro fosse possibile le leggi troppo restrittive che vigevano nei loro Stati; ciò che non omettemmo di proclamare e di sollecitare nell'Udienza che lieti concedemmo ai membri della Camera legislativa degli Stati Uniti d’America preposti agli affari dei profughi dall’Europa e addetti alla Commissione delle pubbliche spese; e recentissimamente, il 4 marzo di quest’anno, nel nostro paterno Messaggio all’amato popolo del Brasile.
84 - Insinuammo anche quanto fosse straordinariamente opportuno addivenire ad una regolamentazione intemazionale in favore dell’immigrazione, parlando, il 2 luglio 1951, ai partecipanti al Congresso internazionale di Roma, per il miglioramento delle condizioni di vita dei rurali; e più tardi tornammo ad illustrare tutta la gravità di siffatto problema ad alcuni degli illustri convenuti del Convegno internazionale tenutosi a Napoli sui problemi dell’emigrazione, che Noi con grande piacere ammettemmo alla Nostra presenza.
85 - Rendiamo dunque grazie perenni a Dio datore d’ogni bene, che con la Sua immensa bontà ha assistito la sua Santa Chiesa. Col suo aiuto infatti, e mediante la concorde intesa e fattiva collaborazione di tutti gli Uffici e Commissioni, fu possibile attuare, tra le altre, queste iniziative di assistenza e di soccorso: colonie per bambini e bambine, o estive o permanenti, che con le più attente cure accolsero anche figli di emigrati provenienti dalle più diverse nazioni; istituti di soccorso per orfani e bambini mutilati di guerra, mense e cucine per rifocillare i bisognosi, rifugi per raccogliere i prigionieri e profughi subito dopo il loro ritorno in patria e per l’assistenza a emigranti e alle loro famiglie, pacchi natalizi per Nostro ordine donati a bambini e a prigionieri, sussidi erogati a studenti d’ogni paese e stirpe perché, lontani dalle loro patrie, potessero riprendere presso istituti di istruzione estera gli studi per forza interrotti; non pochi viaggi per le varie nazioni d’Europa per portarvi aiuti, alimenti, indumenti e medicine ai poveri e ad colpiti dalla guerra, case di sollievo per i soldati in servizio militare lontani dalla patria.
86 - Quando, coll’infierire della mostruosa guerra, dai paesi e dai villaggi distrutti dalle incursioni nemiche e specialmente dalle spopolate terre d’Italia quasi ad ogni ora del giorno confluivano a Roma schiere di bambini, di donne, di malati e di vecchi per cercarvi dal Padre Comune salvezza e rifugio, allora più che mai dilatammo i confini della carità: toccavano allora l’animo Nostro i gemiti di tanti esuli e di tanti profughi, sicché, mossi dalla sua stessa misericordia, Ci forzavano a ripetere il lamento del Signore: «Sento pietà per questa turba...!» (Mc. 8,2). Perciò allora tutte le nostre dimore, sia al Vaticano, sia al Lacerano, sia specialmente a Castel Garadolfo, nonché quelle adiacenti alle basiliche romane, e le case religiose, e i seminari e i collegi ecclesiastici della Città, larghe aprirono a tutti le parte; sicché mentre tutto il mondo era un incendio d’inimicizia e e vi scorreva il sangue dei fratelli, la città santa di Roma e le dimore sopra ricordate furono sede e nido della carità.
87 - A Noi toccò anche la sorte di consolare soldati e prigionieri senza numero con le risorse della religione e della carità, confortare con aiuti spirituali i loro cappellani, riportare in patria gli esuli, ridonare la libertà a inermi civili condannati senza motivo all’esilio o alle prigioni, sciogliere dai ceppi e togliere a certa morte uomini deportati in paesi remotissimi e ridarli alle famiglie ansiose; apprestare i mezzi di viaggio ai profughi o agli emigranti verso paesi ospitali, dare alloggio a chierici e sacerdoti raminghi, crudelmente perseguitati per la fede apostolica e per la cattolica unità, e provveder loro, anche lontani dalla patria, nuovi campi di apostolato tra i loro connazionali emigrati o esuli; soccorrere in tutti i modi moltissimi emigrati, e specialmente operai residenti fuori di patria per motivi di lavoro, alimentare e difendere le tenere vite di bimbi e curare la salute degli infermi, provvedere di sepolcro le salme dei morti in guerra, custodire le loro venerate ossa e riportarle in patria.
88 - Dipoi vogliamo mostrare tutta la Nostra riconoscenza verso quanti generosamente risposero ai Nostri inviti nonostante che fossero tanto provati da sventure private e pubbliche.
89 - Con commozione anche ricordiamo sempre l’innumerevole moltitudine di profughi, che durante la guerra confluirono a Roma e gli infelici figli che già profughi o internati, vi vennero in pellegrinaggio da molte nazioni d’Europa per acquistarvi il giubileo: Noi con letizia li ricevemmo in Udienza, con paterno affetto parlammo loro, ne asciugammo le abbondanti lacrime, ne rialzammo l’animo esacerbato alla cristiana speranza.
90 - Con cuore addolorato riandiamo ancora con la memoria i nostri amatissimi figli i vescovi, i sacerdoti e le suore ingiustamente strappati [dalle tante rivoluzioni laico-massoniche, ndR] alle loro sedi e tutti gli altri, che, condannati al carcere o ai lavori forzati sono stati gettati in condizioni di vita del tutto inumane.
91 - Tutti questi infelici errabondi, che incessantemente restano la Nostra pena, continuamente con le più calde preghiere raccomandammo all'Eterno Padre e al nostro dolcissimo Redentore, fonte d’ogni consolazione, perché venissero rallegrati dai doni e consolazioni celesti, e tuttavia preghiamo Dio affinché «i profughi, i prigionieri, coloro che sono stati strappati dalle loro case, tornino quanto prima alla dolcissima loro patria».
92 - Inoltre pensammo di assolvere un urgente compito del Nostro ufficio scegliendo alcuni ecclesiastici noti per la loro attività perché promuovessero diligentemente gli interessi spirituali nelle colonie di connazionali fondate lontano dalla patria e con la loro autorità guidassero e confermassero quanto si doveva compiere dai sacerdoti della loro lingua; e con piacere vedemmo come questi presuli, da Noi investiti, quali visitatori, di speciale mandato e muniti di speciali facoltà abbiano già appagato le Nostre aspettative.
93 - Frattanto, non senza profonda soddisfazione del Nostro cuore, Ci perviene la notizia del lavoro fruttuosissimo, a prò dei fedeli olandesi in procinto di emigrare o già emigrati, compiuto dall'Opera cattolica per l’assistenza agli emigranti, già fondata dai vescovi di quella nazione; dell’aumentato numero di sacerdoti recatisi specialmente in Belgio, Francia, Germania, Svizzera, Olanda e Gran Bretagna, come pure nelle lontane terre dell’America non solo in aiuto dei loro connazionali ivi immigrati, ma anche per collaborare a prò degli indigenti là dove, come in alcune diocesi dell’America Latina, il clero è troppo scarso. Dobbiamo onorare di particolare menzione quei vescovi dell’Italia che, dietro esortazione della Sacra Congregazione Concistoriale, hanno permesso a qualche sacerdote di recarsi all’estero, e i vescovi della Spagna, alla diligente opera dei quali si deve l’Opera di cooperazione sacerdotale ispano americana sorta recentemente.
94 - Perché poi non si pensi che le Famiglie religiose non abbiano dato il loro notevole apporto a siffatta opera, basti qui ricordare i regolari che si sono volontariamente offerti compagni nelle fatiche e nei disagi ai sacerdoti secolari e ai vescovi, e che più numerosi che in passato sono partiti per le più lontane regioni ed ivi si sono resi meritevoli d’ogni encomio impegnandosi con la loro consueta alacrità. Agli antichi Ordini, ai chierici regolari ed alle più recenti Congregazioni e Società benemerite anche in questo genere di apostolato, si è recentemente aggiunta, approvata da questa Sede Apostolica, la Società di Cristo, fondata a prò degli emigranti nell’arcidiocesi di Gnesna fin dal 1932, con lo scopo di assistere spiritualmente i polacchi lontani dalla patria.
95 - Nella Nostra assidua sollecitudine per gli orientali profughi, tra l’altro erigemmo il Vicariato patriarcale dei Maroniti nella diocesi di Cairo dei Maroniti per i fedeli Maroniti che frequentemente passano dal Libano in Egitto o quivi hanno stabile dimora; come pure dividemmo in tre parti l’esarcato dei Ruteni nel Canadà formandone tre esarcati: centrale, orientale ed occidentale; staccando dipoi una parte del territorio di quello centrale, costituimmo il nuovo esarcato di Saskatoon per i fedeli di rito ruteno; ed ultimamente in Brasile abbiamo eretto un ordinariato per i fedeli di rito orientale ivi stabilitisi. [N.B. Il Pontefice parla sempre di fedeli cattolici, mai di scismatici-eretici, ndR].
96 - Inoltre abbiamo curata l’apertura del collegio lituano san Casimiro in Roma per raccogliere i chierici e gli ecclesiastici fuggiti da quella regione.
97 - E finalmente grande consolazione provammo nel costituire san Francesco di Paola speciale patrono celeste presso Dio delle Compagnie preposte all'assistenza della gente di mare, nonché delle Società di navigazione e di tutti i marinai d’Italia, e nel canonizzare santa Francesca Saveria Cabrini e nel dichiararla celeste patrona presso Dio di tutti gli emigranti.
98 - Tutti questi opportuni provvedimenti della Sede Apostolica e queste iniziative dei pastori, con la generosa collaborazione di sacerdoti, di religiosi e di fedeli - i cui nomi, anche se per lo più non figurano nelle pagine della storia, sono però scritti in cielo (cfr Lc. 10,20) - meritavano di essere ricordati e, sia pur sommariamente esposti, affinché risplenda più luminosa l’universale e benefica opera della Chiesa, verso gli emigranti e gli esuli di ogni genere, ai quali essa ha elargito sempre senza risparmio assistenza religiosa, morale e sociale.
99 - Ciò appariva tanto più necessario in questi nostri giorni, in cui la provvida attività della Madre Chiesa viene dagli avversari tanto menzogneramente impugnata, misconosciuta e contestata proprio su quel terreno della carità, che essa si trovò [sin dalle origini, ndR] per prima a dissodare e non di rado fu lasciata sola a coltivare.
100 - Le frequenti notizie che in questi ultimi tempi abbiamo avuto per corrispondenza diretta e quelle che ogni giorno si apprendono sui giornali e le riviste, rivelano che cresce continuamente il numero degli stranieri in Europa, in America e recentemente anche in Australia e nelle Isole Filippine. Ora, se è vero che i vari enti e istituzioni civili, sia nazionali sia internazionali sono andati e vanno a gara nel cercare di soccorrerli e di alleviare le loro necessità morali e materiali, Noi, in virtù del Nostro supremo ed universale ministero apostolico, non possiamo non intensificare il Nostro grande amore verso questi figli che versano nelle tribolazioni e nelle calamità dell’esilio e, senza trascurare, per quanto è possibile, il soccorso materiale, sentiamo di doverCi occupare con tutto il Nostro impegno per procurare ad essi principalmente il conforto dell’assistenza spirituale [= confermare nella fede gli appartenenti alla Chiesa e fare proseliti presso gli altri, ndR].
101 - Si aggiunge opportunamente la circostanza che molti Nostri venerabili fratelli arcivescovi e vescovi, tra cui non mancano eminentissimi cardinali, spinti dal loro zelo per le anime, Ci hanno chiesto, per tramite del Nostro venerabile fratello il cardinale di santa romana Chiesa Adeodato Giovanni Piazza, vescovo di Sabina e Poggio Mirteto, segretario della Sacra Congregazione Concistoriale, di promulgare nuove disposizioni atte a meglio organizzare, nel regime delle diocesi, la cura spirituale degli allogeni.
102 - Tali richieste corrispondono pienamente alle Nostre intenzioni: aspettavamo appunto che Ci si offrisse l’occasione per finalmente impartire ai singoli ordinari norme adeguate, non in opposizione alla legislazione del Codice di Diritto Canonico, anzi fedelmente consone al suo spirito ed alla tradizione, e munirli di opportune facoltà perché potessero attendere alla cura spirituale degli stranieri, sia di fissa dimora sia di passaggio, in una forma proporzionata alle loro necessità e non meno efficace di quelle di cui godono gli altri fedeli nelle loro diocesi.
103 - Perciò abbiamo ritenuto che giovasse molto alla causa del bene delle anime e della disciplina ecclesiastica il dare una breve sintesi storica delle opere più importanti compiute in questo campo dalla Santa Madre la Chiesa cattolica e delle norme, finora vigenti, promulgate successivamente dalla fine del secolo XIX ai nostri giorni per la cura degli emigranti. Ma soprattutto importava presentare in una raccolta sistematica le leggi - adattate alle presenti circostanze di tempi e di luoghi, previa l’abrogazione in parte o la modifica o l’integramento della precedente legislazione - con le quali intendiamo più convenientemente provvedere alla cura spirituale degli emigranti e degli immigrati di qualsiasi condizione; cura che vogliamo resti affidata alla Sacra Congregazione Concistoriale, secondo la sua competenza sui fedeli di rito latino.
104 - Ma il primo argomento l’abbiamo già svolto: non Ci resta che passare al secondo.
105 - Competenza della Sacra Congregazione Concistoriale sugli emigranti.. Esaminando, approvando e confermando quanto i Nostri predecessori di felice memoria stabilirono, e tra essi specialmente il beato Pio X, ma insieme qualcosa modificando secondo che il bisogno sembra richiedere, vogliamo e decretiamo che in avvenire si osservino le leggi seguenti. [Segue l'elencazione delle norme giuridico-disciplinari che omettiamo, ndR].
106 - Seriamente considerata l’importanza di tutta questa materia e mossi dall’esempio dei Nostri predecessori, ascoltato prima il parere del venerato nostro fratello Adeodato Piazza, cardinale di Santa Romana Chiesa, vescovo di Sabina e Poggio Mirteto, segretario della Sacra Congregazione Concistoriale, stabiliamo e prescriviamo che la presente lettera e tutto quanto in essa è contenuto, anche senza il consenso di quanti abbiano o pretendono di avere, diritto d’interloquire in quanto vi si dispone, o perché non ne sono stati interpellati, o ascoltati o per qualunque altro motivo, possano minimamente impugnarsi, ma che siano e restino in perpetuo ferme, stabili ed efficaci, sortire ed ottenere i loro effetti plenari ed integri, e favoriscano quanto esse riguardano o riguarderanno, e debbano essere da essi rispettivamente ed inviolabilmente osservate, restando irrito e vano quanto da qualcuno, chiunque esso sia, con qualunque autorità, sapendolo o meno, venisse attentato contro di esse.
107 - Nonostante, per quanto facesse al caso, qualunque disposizione di costituzioni e ordinazioni apostoliche emanate dai Romani Pontefici Nostri predecessori, come sopra si è detto, o qualunque altra disposizione anche particolare e degna di speciale menzione e deroga.
108 - Nessuno, dunque, ritenga lecito violare, ovvero opporsi con temerario ardire a queste pagine di Nostra costituzione, ordinazione, abrogazione, mandato, innodazione, ammonizione, inibizione, precetto e volontà. E se qualcuno presumesse di farlo, sappia che incorrerà nello sdegno di Dio onnipotente e dei suoi santi Apostoli Pietro e Paolo.
Dato a Castel Gandolfo, presso Roma, nell’anno del Signore 1952, il primo di agosto, festa di san Pietro in Vincoli, decimoquarto del Nostro Pontificato.
PIUS PP. XII
Traduzione da La Civiltà Cattolica, 1952, Vol. IV; Costituzione Apostolica sulla cura spirituale degli emigranti, della Giunta Cattolica Italiana per l'emigrazione, Roma, 1962. Per il momento abbiamo tralasciato le 154 note, molte poderose, che accompagnano la Exsul Familia. Ci auguriamo di poterle trascrivere ed inserire nel testo in un futuro non troppo lontano.
Sintesi: Esposizione della dottrina sulle migrazioni per affermare la verità cristiana e per confutare, con semplicità e prudenza (cfr. Mt. 10, 16), la prassi e le obiezioni dei più famosi volti tv, personaggi politici e pseduo-preti. Come si evince chiaramente dalla Exsul Familia, due sono i principali ostacoli alla gestione cristiana e naturale dei flussi migratori: 1) L'ecumenismo (che si oppone al fine ultimo) 2) La laicizzazione degli Stati (che è causa di tanto disordine).