• A portare un retto giudizio sull’Astrologia e comprendere le ragioni dell’intervento della Chiesa e delle condanne da essa emanate, bisogna distinguere due specie di Astrologie, la naturale e la giudiziaria. Ambedue hanno per oggetto la previsione e predizione di eventi futuri; ma, mentre l’Astrologia naturale si fonda sulla ricerca e la conquista logica e scientifica delle leggi fisiche dell’universo, l’Astrologia giudiziaria pretende di determinare gli influssi dei corpi celesti sugli esseri terrestri e specialmente sull’uomo, formulando, per mezzo di certe regole, delle conclusioni sulle varie sorti degli individui e dei popoli considerando e calcolando semplicemente la configurazione e la posizione dei pianeti in certe determinate ore della loro vita (ad es., nascita, matrimonio, commerci, guerre, ecc.). Essa entra così nel campo della morale e della religione, in quanto insegna che quest’influsso è elemento determinante e decisivo sulla storia, sulla vita, sulle azioni e perciò anche sulla medesima economia della salvezza eterna degli uomini. «Gli astrologi, attesta Sant’Agostino, pretendono che vi sia nel cielo la causa inevitabile del peccato: son Venere o Saturno o Marte, che ci han fatto compiere questa o quell’azione, volendo così che sia senza colpa l’uomo, che è carne e sangue e verminosa superbia, e la colpa ricada sopra colui che ha creato e regge il cielo e le stelle» (Confess., IV, cap. 3).
• Ora la Chiesa, mentre non ha mai avuto né mai avrà nulla da dire contro l’Astrologia naturale, perché la vera scienza non troverà mai nulla, nelle sue ricerche, che sia contro la religione, non poteva non intervenire, ed anche energicamente, contro l’Astrologia giudiziaria, perché questa finiva col negare da una parte il libero arbitrio dell’uomo e dall’altra la provvidenza e la volontà salvifica di Dio, gettando le anime in balìa di una disperata fatalità.
• Gli stessi pagani, i quali, allo stato delle cognizioni scientifiche di allora, difficilmente sapevano e potevano in questo campo segnare i limiti tra la vera scienza e l’impostura superstiziosa, e chiamavano perciò gli astrologi indifferentemente con i vari nomi, considerati equivalenti, di astronomi, astrologi, matematici, planetari, genetliaci, caldei, babilonii, avevano parole di sdegno e di disprezzo per i culti dell’Astrologia giudiziaria. «Mathematici genus hominum potentibus infidum, spe-rantibus fallax» (Tacito, Hist., 1, 22). E Cicerone: «Contemnamus Babylonios et eos qui ex Caucaso, coeli signa servantes, numeris et motibus stellarum cursus persequuntur; condemnemus hos aut stultitiae, aut vanitatis, aut imprudentiae» (De divin., I, 19). Nello stesso senso, ma per motivi superiori, la Sacra Scrittura: «Non vi rivolgete agli stregoni, né consultate gli indovini, per non restare contaminati dal loro contatto: sono io il Signore, il vostro Dio» (Lev., 19, 31). «Non abbiate timore dei segni del cielo, che i gentili temono, perché i riti dei popoli sono vani» (Ier., 10, 2; cf. anche Is. 47, 13).
• Comparso il cristianesimo e perdurando tenaci le pratiche dell’Astrologia giudiziaria, la tradizione ecclesiastica ci mostra i Padri e i concili ostili sempre a queste specie di superstizione. Basta citare Sant’Agostino: «Nei fatti miei, nei miei peccati, io non accuso la fortuna, non dico: “questo me lo fece il destino”, non dico: “adultero mi fece Venere, ladro mi fece Marte, avaro mi fece Saturno”» (Enarrat. in psalmos, 40, 6). «Questi [l’astrologo convertito], sedotto dal nemico mentre era credente, fu a lungo tempo astrologo, sedotto e seduttore, ingannato e ingannatore. Adescò, ingannò, molte menzogne proferì contro Dio, il quale avrebbe dato agli uomini il potere di fare il bene e non di fare il male. L’adulterio non lo commette la volontà mia personale, ma Venere; l’omicidio non lo compie la volontà personale, bensì Marte; il giusto non lo fa Dio, ma Giove; e molti altri sacrileghi spropositi. A quanti cristiani egli portò via i denari! Quanti comprarono da lui menzogne!» (ibid., 61, 23). Si possono aggiungere gli anatemi lanciati dal Concilio di Toledo nel 447 (Denz-U, n. 35) e dal Concilio di Braga del 561 (ibid., n. 239); la condanna di Sisto V con la bolla Caeli et terrae Creator del 5 genn. 1566, ripresa e ampliata dalla bolla di Urbano VIII Inscrutabilis iudiciorum del 31 marzo 1621. • Le condanne non mutarono lo stato delle cose; le dispute all’Università di Parigi, la quale nel 1210 e nel 1215 proibiva la Metafisica di Aristotele che veniva interpretata a favore dell’Astrologia giudiziaria e la condanna posteriore, del 1277, di parecchie proposizioni favorevoli alla stessa dottrina: invece di spegnerla, tennero vieppiù accesa la controversia; e il campo dei professori continuò ad essere diviso in due schiere opposte. Bisogna però notare che alcuni di essi, pur favorevoli all’Astrologia, rimanevano tuttavia al di qua della linea, che li divideva dalla superstizione.
• San Tommaso d’Aquino seppe seguire una via di mezzo più moderata e quasi divinatrice, che sarà poi anche seguita da Dante. La sua dottrina, esposta nella Sum. Theol. (I, q. 65, a. 4; q. 70, aa. 1, 3; q. 115, aa. 3, 4, 6; I-II, q. 9, a. 5), nella Summa cantra gentes (III, qq. 84-85), nel De sortibus e nel De iudiciis astrorum, si può raccogliere in questi punti: 1) l’influsso dei corpi celesti si esercita sulla intelligenza e la volontà solo indirettamente e mediatamente, per la varia partecipazione che a quell’influsso offrono le potenze inferiori (sensibilità), che sono legate all’organismo corporeo; 2) però l’intelligenza subisce il contraccolpo di ogni specie di turbamento, che si produce nell’immaginazione, nell’istinto, nella memoria sensibile, mentre la volontà conserva sempre il potere di resistere ed opporsi alle passioni ; 3) l’uomo saggio sa dominare anche gli astri; 4) le inclinazioni, avendo la loro sede nell’organismo, possono sotto l’influsso degli astri, influire a loro volta sul carattere dei singoli e fare sì che uno sia più portato, ad es., all’ira o alla concupiscenza; 5) l’influsso degli astri varia col variare delle disposizioni del soggetto, che lo subisce; 6) potrebbe darsi che quando gli astrologi indovinano il futuro, ciò non avvenga per puro caso, ma perché essi hanno obbedito a una specie di istinto subcosciente, «instinctu quodam occultissimo, quem nescientes humanae mentes patiuntur» (Sum. Theol., I-II, q. 9, a. 5, ad 3) [Qui l’Enciclopedia Cattolica evidentemente omette di scrivere che San Tommaso si dice concorde con la sentenza di Sant’Agostino, ossia che gli astrologi che indovinano qualcosa, o ci arrivano per tentativi, o per frode, oppure perché commerciano con i demoni. San Tommaso aggiunge che nessun corpo può agire su una realtà incorporea, perciò è impossibile che i corpi celesti direttamente agiscano sull’intelletto e sulla volontà: ciò infatti equivarrebbe a negare la differenza fra intelletto ed i sensi. Se uno quindi si serve dell’osservazione degli astri per prevedere il futuro casuale e fortuito, oppure per predire con certezza gli eventi futuri, ciò si deve ad un’opinione falsa e menzognera, ndR]; 7) in tutti i casi, sempre si deve ritenere che la volontà rimane libera di seguire o no l’influsso degli astri nelle sue azioni. [Per «influsso» non si intende affatto un qualcosa di magico o di esoterico, bensì quell’ipotetico naturale impatto sui sensi, ndR]. L’uomo perciò mantiene intera la sua responsabilità.
• Questa è dottrina filosofica e teologica da ritenere per non cadere nell’eresia che nega la libertà e la Provvidenza. Quanto invece alla parte teorica, cioè alla realtà dell’influsso delle sfere celesti, si deve dire che, così com’è, non è più ammessa dalla scienza. Resta però sempre vero che esiste una relazione fra la parte materiale del nostro essere e l’ambiente in cui viviamo e che gli astri esercitano sopra di noi, per mezzo della loro massa, della loro temperatura o delle loro irradiazioni, una certa azione più o meno definita o definibile. [Per esempio: il Sole a mezzogiorno riscalda più che al tramonto, ndR] Con questo siamo ben lontani dal corpo di dottrina pretenziosa degli astrologi, che vogliono stabilire relazioni precise fra i fenomeni celesti e tutte le azioni della nostra vita.
Da Enciclopedia Cattolica, Vaticano, 1949, Vol. II dalla colonna 238 a seguire.