Durante il Vaticano II, i modernisti, di cui si è detto nei precedenti articoli, riuscirono ad imporre, secondo l’Istruzione Permanente dell’Alta Vendita, gli errori già condannati infallibilmente da Gregorio XVI (Mirari Vos), Pio IX (Quanta Cura), San Pio X (Pascendi …), Pio XI (Mortalium animos), Pio XII (Humani Generis) e molti altri, fra cui anche le eresie protestanti della Chiesa virtuale e dell’esperienza soggettiva, che nel governo si traducono nell’apostasia delle Nazioni. Oggi, a cinquant’anni da quella rivoluzione, atomisticamente le coscienze, per la profonda ignoranza promanata dallo “spirito” di quella nuova e mondana “pentecoste”, sembrano quasi assopite, in alcuni casi rassegnate.
Dunque la quinta obiezione - «La Dottrina sociale della Chiesa è limitata ai singoli cristiani; dovrebbe riguardare solo i credenti; rappresenta una forzatura poiché la fede è un’esperienza personale e non pubblica; violenta la natura della Chiesa che è virtuale» - è stata già confutata nella lezione di Teologia politica di sabato scorso, la Numero 36. Lo spazio odierno lo dedicheremo ad alcuni approfondimenti.
Afferma Papa Pio XII il 2 giugno 1948: «Soltanto sui principi e secondo lo spirito del Cristianesimo [cattolico, ndR] possono compiersi le riforme sociali […] Esse esigono dagli uni spirito di rinunzia e di sacrificio, dagli altri senso di responsabilità e di sopportazione, da tutti duro ed arduo lavoro. Perciò Noi Ci rivolgiamo ai cattolici del mondo intero, esortandoli a non contentarsi di buone intenzioni e di bei programmi, ma a procedere coraggiosamente alla loro pratica attuazione. Nè esitino essi a congiungere i loro sforzi con quelli di coloro che, pur essendo fuori delle loro file, tuttavia concordano con la Dottrina sociale della Chiesa cattolica e sono disposti a percorrere il cammino da questa tracciato, che non è la via degli sconvolgimenti violenti, ma della provata esperienza e delle energiche risoluzioni» (Festività di sant’Eugenio, Allocuzione ai Membri del Sacro Collegio).
Nella stessa occasione Papa Pacelli, con la preveggenza che caratterizza i sapienti, asserisce: «[…] la riconquista di tanti cuori erranti o esacerbati, che hanno smarrito i veri concetti e le sane idee sul mondo, su Dio e su se stessi, dipenderà essenzialmente dalla serietà, dalla lealtà, dalla energia e dal disinteresse che tutti gli animi retti apporteranno alla soluzione dei problemi fondamentali nati dalle rovine […]». Ed ancora: «[…] vi sono popoli che si vantano oggi di una potenza di produzione, della quale mostrano di anno in anno il progressivo aumento. Se però questa produttività è ottenuta con una sfrenata concorrenza e con un uso senza scrupoli della ricchezza, ovvero con l’oppressione e lo sfruttamento dispotico del lavoro e dei bisogni dei singoli da parte dello Stato, essa non può essere sana e genuina, perchè l’economia sociale è un ordinamento di lavoratori, dei quali ognuno è dotato di umana dignità […]» (Ivi.).
I consueti ed automatici fallimenti di tutti quei partiti e movimenti che si proclamano “messianici” e “puri”, di chiara filosofia manichea, dove essi sarebbero il “Bene” ed il “Male” sarebbero gli altri, gli antagonisti, soprattutto i Cattolici ed i cristiani in generale, dovrebbero farci riflettere. Il Santo Curato d’Ars usava dire: «Frugate continuamente nella coscienza degli altri - intromettendovi nelle loro vicende - e trascurate di coltivare la vostra coscienza […] L’amor proprio è la patologia spirituale più pericolosa, che porta alla perdizione un gran numero di anime; quel cercare sempre la stima di se stessi, il compiacimento degli altri per quello che facciamo: quanto è dannoso per le nostre anime!». Aggiungeva: «Cent’anni senza prete e la gente finirà per adorare gli animali». Ebbene, sembrano esserne bastati solamente cinquanta, e la società contemporanea ha adottato il motto satanico: meglio un animale di un uomo, almeno l’animale non tradisce! Di chi è colpa? È provato dalla scienza teologica e da quella politica, che queste diaboliche abominazioni del pensiero sono il frutto della sovversione dei valori e del malgoverno dei popoli, sia spirituale, che politico, che culturale, etc.
Così arriviamo alla sentenza di Papa Pio XI nella Quadragesimo anno, 15 maggio 1931, dove si erge la voce dalla Sede di san Pietro: «Nessuno certamente ignora a quante e quanto grandi opere si stenda dappertutto l’indefesso zelo dei cattolici, sia in ordine al bene sociale ed economico, sia in materia scolastica e religiosa. Ma questa azione mirabile e faticosa non di rado perde di efficacia per la troppa dispersione delle forze. Si uniscano dunque tutti gli uomini di buona volontà quanti sotto la guida dei Pastori della Chiesa amano di combattere questa buona e pacifica battaglia di Cristo; e tutti, sotto la guida ed il Magistero della Chiesa, secondo il genio, le forze, la condizione di ciascuno, cerchino di contribuire in qualche misura a quella cristiana restaurazione della società, che Leone XIII auspicò con l’immortale enciclica Rerum novarum; non mirando a se stesso e agli interessi propri, ma a quelli di Gesù Cristo (cf. Fil 2,21); non, pretendendo di imporre le proprie idee, comunque belle ed opportune esse sembrino, ma mostrandosi disposti a rinunziarvi per il bene comune, affinché in tutto e soprattutto Cristo regni, Cristo imperi, e al quale sia onore e gloria e potere nei secoli (cfr. Apoc 5,13)».
L’esatto opposto della decadente filosofia vaticanosecondista che vorrebbe adottare come medicine l’antropocentrismo, il liberalismo, il primato della coscienza, etc … che sono, al contrario, i veleni di ogni società ed epoca in declino.
Carlo Di Pietro da ControSenso Basilicata