Passiamo alla seconda obiezione mossa dallo spirito del mondo contro la Chiesa e la sua Dottrina sociale. Dicono in molti: «La Dottrina sociale della Chiesa predica la civiltà cristiana; e questa concezione è impensabile nel nostro tempo che è laico (v. profano)».
Prima di rispondere all’obiezione secondo lo schema del Guerry (Op. cit., pag. 40 e 41), è doveroso premettere che la cosiddetta «laicità» è già anatematizzata dalla Chiesa. Quando una condanna viene comminata dalla Prima Sede per ragioni dottrinali e di tutela della morale, non vi è scadenza all’anatema, poiché una simile sentenza del Pontefice non è equiparabile ad una busta di latte.
Papa Gregorio XVI, il 15 agosto del 1832, con la Mirari Vos, condanna, sebbene senza nominarlo, il Lamennais e le sue idee liberali che diffondeva sul giornale l’Avenir. È opportuno ricordare che l’eresia “popolare” o “democristiana”, ovvero liberale - indifferentista - della laicità, viene anche da Lamennais. Così si esprime a riguardo il Santo Padre: «Nè certamente per altro motivo cotesti pensatori moderni tutti sviluppano le loro forze, se non perchè possano menar festa e trionfo con Lutero, e compiacersi con esso di esser liberi da tutti, disposti per ciò decisamente ad accingersi a qualunque più riprovevole impresa, per giungere con più facilità e speditezza a conseguire l’intento. Nè […] lieti successi potremmo presagire per la Religione ed il Principato dai voti di coloro, che vorrebbero vedere separata la Chiesa dal Regno, e troncata la mutua concordia dell’Impero col Sacerdozio. Poiché troppo è chiaro, che dagli amatori d’una impudentissima libertà assai si teme quella concordia, che fu sempre al sacro ed al civile governo fausta e vantaggiosa. Ma a tante e così amare cagioni, che Ci tengono solleciti, e nel comune pericolo con dolor singolare Ci crucciano, unironsi certe associazioni, e alcune determinate adunanze, nelle quali, fatta lega con gente d’ogni religione anche falsa, e di estraneo culto, si predica libertà d’ogni genere, si suscitano turbolenze contro l’uno e l’altro potere, e si conculca ogni più veneranda autorità, sotto lo specioso pretesto di pietà e di attaccamento alla Religione, ma con mira in fatto di promuovere ovunque novità e sedizioni».
Segue la condanna: «Queste cose, Venerabili Fratelli, con animo dolentissimo, ma pieno di fiducia in Quello, che comanda ai venti, e porta la tranquillità, abbiamo a Voi esposte, affinchè impugnato lo scudo della Fede seguitiate animosi a combattere pel Signore. A voi sopra ogni altro appartiene stare qual muro saldo a fronte di ogni superba altura, che levar si voglia contro la scienza di Dio».
Ciò premesso, vediamo di rispondere all’obiezione con le parole di mons. Guerry: «[secondo i novatori, ndR] la civiltà cristiana sarebbe quella che dovrebbe identificarsi con una particolare civiltà in una determinata epoca. Ora, la dottrina afferma che il cristianesimo non è legato a nessuna forma di civiltà e che le trascende tutte [...]» (cf. Allocuzione di Papa Pio XII alla Solenne Canonizzazione di Nicola da Flue, 16 maggio 1947). Inoltre, «si può chiamare civiltà cristiana la civiltà che si ispira al cristianesimo ed in cui dei cristiani si studiano di tradurre nelle Istituzioni, nelle strutture sociali e nella vita pubblica (v. testimonianza) le esigenze della loro fede. Ebbene, è per l’appunto l’insieme dei principi e delle concezioni suscettibili di animare l’ordinamento economico, famigliare, sociale, che la Dottrina sociale della Chiesa insegna ai cristiani per indirizzare tutta la loro azione. Infatti, il Santo Padre [Pio XII, ndR] chiede insistentemente ai cristiani di considerare “loro principale dovere fare in modo che la società moderna ritorni nelle sue strutture alle fonti consacrate dal Verbo fatto carne. Se i cristiani dovessero trascurare questo dovere che loro incombe, lasciando inoperosa, per quanto sia in loro potere, la forza rappresentata dalla legge per dare un ordine alla vita pubblica, essi commetterebbero un tradimento verso il loro Dio, visibilmente apparso in mezzo a noi nella culla di Betlem”» (Cf. Radiomessaggio natalizio del 1955, Papa Pio XII).
Papa Pio XII chiaramente afferma che tradiscono il vero Dio, Uno e Trino, quei cristiani che si «sottraggono alla loro missione di ricondurre la società moderna a Dio in Cristo». Già san Pio X, nella Notre charge apostolique del 25 agosto 1910, afferma: «[…] bisogna ricordarlo energicamente in questi tempi di anarchia sociale e intellettuale, in cui ciascuno si atteggia a dottore e legislatore -, non si costruirà la città diversamente da come Dio l’ha costruita; non si edificherà la società, se la Chiesa non ne getta le basi e non ne dirige i lavori; no, la civiltà non è più da inventare, né la città nuova da costruire sulle nuvole. Essa è esistita, essa esiste; è la civiltà cristiana, è la civiltà cattolica. Si tratta unicamente d’instaurarla e di restaurarla senza sosta sui suoi fondamenti naturali e divini contro gli attacchi sempre rinascenti della malsana utopia, della rivolta e dell’empietà».
«Che la società non sia più “sacrale” nel nostro paese - prosegue il Guerry nella confutazione alle obiezioni - ossia che l’organizzazione della vita temporale non si realizzi più sotto l’autorità e nel quadro della Chiesa, è un fatto storico indiscusso. […]. Ma i cristiani non [possono e non devono, ndR] rassegnarsi al dominio della società da parte del materialismo, del paganesimo, dell’ateismo contrari sia al destino supremo delle persone che all’instaurazione di una civiltà duratura vera ed universale. Non si tratta per i cristiani di impone al mondo il loro dominio, ma di servirlo, di amarlo, di aiutarlo in un grande amore fraterno a purificatasi e a superarsi».
Carlo Di Pietro da ControSenso Basilicata