La Chiesa può intervenire nella sfera sociale in vari modi nella custodia del Depositum fidei (Deposito della fede) e della legge morale. Il Deposito della fede e la legge morale non possono mutare e vanno tutelati fino al martirio.
Afferma la Costituzione dogmatica Dei Filius: «La dottrina della fede che Dio rivelò non è proposta alle menti umane come un’invenzione filosofica da perfezionare, ma è stata consegnata alla Sposa di Cristo come divino deposito perché la custodisca fedelmente » (24 aprile 1870).
La Costituzione dogmatica Pastor Aeternus definisce e spiega: «Lo Spirito Santo infatti, non è stato promesso ai successori di Pietro per rivelare, con la sua ispirazione, una nuova dottrina, ma per custodire con scrupolo e per far conoscere con fedeltà, con la sua assistenza, la rivelazione trasmessa dagli Apostoli, cioè il deposito della fede» (18 luglio 1870).
Ora, appare evidente che neanche il Pontefice può varcare questi confini, difatti egli è «Vicario di Cristo», non viceversa. Un Pontefice che avesse la pretesa, per follia o per diabolicità, di mutare, a determinate condizioni, il Depositum fidei, cesserebbe di essere Papa o dimostrerebbe di non aver mai posseduto il Papato (cf. Sant’Alfonso Maria de’ Liguori, Verità della Fede, parte III, cap. X, 20,ss.)
Abitualmente, quindi, la Chiesa insegna direttamente tutti quei principi necessari alla salvezza delle anime ed al bene comune, alla maggior gloria di Dio. Purtroppo, quando sopravanzano l’apostasia e l’odio anticattolico, la Chiesa deve intervenire con un’azione pastorale particolarmente decisa, ovvero peculiare e correttiva, che in alcune circostanze si spinge fino alla censura ed alla condanna, anche politica.
Diversamente da quanto sostengono i modernisti, oggi riciclatisi in politica nei cattocomunisti, che vorrebbero una pastorale sempre più accondiscendente ed inconcludente, ovverosia un’azione antidogmatica ed anticorrettiva, la Chiesa ha sempre agito all’esatto opposto, ritenendo queste pretese tanto false quanto pericolose (cf. Lamentabili Sane Exitu e Sillabo).
Papa Pio XII, nella Orientalis Ecclesiae del 9 aprile 1944, spiega cos’è la pastorale citando più volte san Cirillo d’Alessandria e ne celebra la grandissima azione pastorale in occasione XV centenario della sua morte: «Noi - così egli dichiara - che abbiamo per amica la verità e i dogmi della verità, non seguiremo affatto gli eretici, ma calcando le vestigia della fede lasciataci dai santi padri, custodiremo contro tutti gli errori il deposito della divina rivelazione […] Il mio più ardente desiderio - egli scrive - è di patire e morire per la fede di Cristo […] Nessuna ingiuria pertanto, nessuna contumelia, nessun insulto mi muove […] sol che la fede ne esca sana e salva».
Papa Pacelli sentenzia: «Perciò non conduce al desideratissimo ritorno dei figli erranti alla sincera e giusta unità in Cristo, quella teoria, che ponga a fondamento del concorde consenso dei fedeli solo quei capi di dottrina, sui quali o tutte o almeno la maggior parte delle comunità, che si gloriano del nome cristiano, si trovino d’accordo, ma bensì l’altra che, senza eccettuarne né sminuirne alcuna, integralmente accoglie qualsiasi verità da Dio rivelata».
Questa premessa si rende necessaria anche nel nostro studio per due ragioni: 1) Deposito e legge morale vanno salvaguardati anche nell’azione politica, che anzi ordinano. Non è affatto estremista chi difende questa regola, mentre invece agisce da eretico chi fa il contrario; 2) Molti politici sedicenti cattolici rigettano tutte queste verità di fede rivelate e ben definite, che invece dovrebbero essere difese fino al martirio, se Dio lo vuole.
Allora perché si definiscono cattolici? Siamo autorizzati a pensare che lo facciano per catalizzare consensi.
È facile comprendere che davanti a tutti quei mestieranti della politica che pretendono di sovvertire la Dottrina sociale, noi non possiamo far altro che rattristarci per la loro infinita e superba ignoranza, pregando il buon Dio affinché li faccia redimere o li castighi a scopo propedeutico individuale e collettivo.
Ma veniamo alle molte censure che si sono rese necessarie da parte della Chiesa per il bene dell’umanità proiettata a Dio. Il Guerry (Op. cit.) ci ricorda che la Chiesa a volte esprime «giudizi che pronuncia su errori (liberalismo, comunismo, nazismo) o strutture economiche che minacciano (tecnocrazia, totalitarismo di Stato), a volte infine ne propone l’applicazione sotto una formula concreta (organizzazione professionale) e scende essa stessa ad applicazioni pratiche, a seconda dei paesi e delle epoche. È importante studiare ben da vicino i documenti per distinguere in essi le verità assolute, direttrici di vita, e le loro applicazioni pastorali, fatte dalla Chiesa».
Carlo Di Pietro da ControSenso Basilicata