«Se ogni forma politica è buona in se stessa e può essere applicata per governare i popoli - spiega il Sommo Pontefice Leone XIII -, nella realtà il potere politico non si presenta nella stessa forma presso tutti i popoli, ma ciascuno ne possiede una specifica». Sto usando l’Enciclica Au Millieu des sollicitudes contro la fregola degli anarchici e dei ribelli, più o meno baldanzosi, alla legittima autorità. Prosegue il Pontefice: «Tutti gli individui sono tenuti ad accettare i governi e a non prendere iniziative per rovesciarli o per mutarne la forma».
La Chiesa, «custode del più vero e più alto concetto della sovranità politica, perché la fa discendere da Dio, ha sempre riprovato le teorie ed ha sempre condannato gli uomini ribelli all’autorità legittima». La Chiesa ha riprovato le sedizioni addirittura «quando i depositari del potere lo usavano indebitamente contro di lei». San Pietro, nel pieno delle persecuzioni governative, insegna: «Rispettate tutti, temete Dio e rendete onore al re» (I Pt., II, 17). E San Paolo predica: «Adoperatevi perché si facciano suppliche, preghiere, istanze e azioni di grazia per i re e per tutti coloro che sono costituiti in dignità (che stanno al potere)» (I Tm., II, 1-3).
Papa Leone XIII aggiunge: «Occorre (pure) evidenziare che, qualunque sia la forma dei poteri civili di una nazione, non è possibile considerarla a tal punto definitiva da non essere soggetta a mutamenti. (… Mentre) la sola Chiesa di Gesù Cristo ha potuto conservare (la sua forma di governo monarchica), e la conserverà fino alla fine dei tempi». In riferimento alle società esclusivamente umane: «È il tempo, trasformatore della realtà terrena, che opera grandi mutamenti all’interno delle situazioni politiche. Qualche volta esso si limita ad apportare lievi modifiche alle forme di governo costituito; altre volte arriva a sostituire le forme (originarie) con altre totalmente differenti».
Posta l’introduzione, veniamo al tema: «Come si generano questi mutamenti politici di cui stiamo parlando? A volte sono le conseguenze di crisi violente, troppo spesso cruenti, che travolgono ed annientano i governi preesistenti. Prende allora il sopravvento l’anarchia, e l’ordine pubblico viene in breve tempo sconvolto fin dalle fondamenta». A questo punto si impone alla Nazione una necessità sociale inevitabile: «Deve, quanto prima, provvedere a se stessa. (Difatti) ha il dovere di difendersi da una situazione che la sconvolge così in profondità e (ha il dovere di) ristabilire la pace pubblica nella tranquillità dell’ordine».
Papa Leone XIII parla di «stato di necessità sociale» che «giustifica la creazione e l’esistenza di nuovi governi, qualunque sia la forma assunta, proprio perché questi nuovi governi sono postulati da un’esigenza di ordine pubblico, che non potrebbe esistere senza un governo». Per conseguenza: «In una situazione del genere (di anarchia), ogni novità riguarda la forma politica dei poteri civili o il loro modo di trasmissione, ma non altera minimamente la natura del potere. Questa continua ad essere immutabile e, quindi, degna di rispetto, perché, se si presta attenzione ad essa, trova la sua ragion d’essere e la sua forza nel provvedere al bene comune, fine ultimo ed elemento costitutivo della società umana. In altre parole, in qualunque ipotesi, il potere civile, per sua natura, discende sempre e solo da Dio, “perché non vi è potere se non da Dio”».
Ciò premesso, appurato cioè che l’anarchia è inaccettabile e va estirpata perché si contrappone all’ordine sociale, il Papa insegna ancora: «Quando questi nuovi governi, espressione dell’immutabile potere, si costituiscono, non solo è consentito ma è doveroso accettarli e vederli addirittura imposti dalla necessità del bene sociale, che li ha generati e li mantiene in vita. Si deve anche considerare che un’insurrezione attizza l’odio fra i cittadini, genera guerre civili e può far ripiombare la nazione nel caos dell’anarchia. Dunque questo dovere di rispetto e di sottomissione dovrà durare finché le esigenze del bene comune lo richiederanno, perché questo, dopo Dio, rappresenta nella società la legge prima ed ultima».
Riveste la più grande importanza, a questo punto, la distinzione fra: a) la legislazione b) i poteri politici e c) la loro forma: «La legislazione è opera degli uomini investiti del potere e che, di fatto, governano la nazione. Ne deriva, in concreto, che la qualità delle leggi dipende più dalla qualità di questi uomini investiti del potere, che dalla forma del potere. Le leggi, quindi, risulteranno buone o cattive a seconda che i legislatori saranno imbevuti di buoni o di cattivi princìpi e si lasceranno guidare o dalla prudenza politica o dalla passione». [Cfr. Dizionarietto di Dottrina politica dei Papi (Ed. L’alleanza italiana, 1960, Vol. 1, pag. 6)].
Concludo: 1) Davanti alla legge iniqua a tal punto da non obbligare in coscienza, «bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini» (Atc., V, 29); 2) Allora «le persone rette debbono ritrovarsi unite come un sol uomo, per combattere, con tutti gli strumenti legali e onesti, gli abusi legislativi sempre più pesanti»; 3) Tuttavia bisogna ad ogni costo rigettare quelle «insurrezioni (che) attizzano l’odio fra i cittadini, generano guerre civili e possono far ripiombare la nazione nel caos dell’anarchia».
Carlo Di Pietro da Il Roma