Il giurista Carlo Francesco D’Agostino (Nuova Alleanza, Quaderno VIII, pag. 10 seg.), con il Centro Politico Italiano, intendeva risanare l’economia nazionale come segue.
Lo scritto è degli anni ’70 ed egli subito premette: «Il dissesto dell’economia di una Nazione è sempre dipeso dal mancato rispetto dei principii morali che debbono presiedere a questo settore, come ad ogni altro delle attività umane». Io faccio precedere a questa proposizione abbastanza laica, la preminente: in generale il dissesto è sempre dipeso dalla lesa maestà di Dio sommo Legislatore, ossia dal peccato.
Sovente la causa del diffuso fallimento è nella «presunzione (degli empi) di (possedere) proprie speciali capacità, per cui ci si dispensa dal ricercare e rispettare le esigenze normative che discendono dalla natura stessa dell’essere umano», laddove lo colloca la Provvidenza. Essi rigettano il volere di Dio e l’esistenza delle diversità di natura.
Per semplificare: gli incompetenti pretendono di essere competenti senza sforzi, gli incapaci pretendono di essere capaci, i lavativi seriali pretendono più del salario degli onesti faticatori, i poveri pretendono di condurre la vita dei nababbi, e così via. Tutte mostruosità del pensiero moderno massonico-anticristiano, soprattutto socialista. Lucidamente deduciamo che quest’approccio all’esistenza - in seconda istanza alla società - è odioso, torbido e pericoloso. Le cronache contemporanee, per esempio, attestano di cosiddetti politici e burocrati assolutamente inadatti ai ruoli di potere e di alta responsabilità che ricoprono per “fortunosi” mandati: a discapito della società intera.
Purtroppo molti uomini, anche nel campo delle attività economiche, «si regolano secondo il perverso egoismo sopraffattore». E gran parte dei malanni «va anche attribuita ad ignoranza riguardo alle leggi (divine e) morali che andrebbero rispettate: ignoranza senza dubbio colpevole».
Quando le Curie erano ancora abitate da cattolici - prima della peste “vaticanoseconsita” - quella di Napoli, su La nuova stagione, «gettava appunto in faccia agli esponenti democristiani, motivata e cocente, l’accusa di aver agito “senza cultura e senza morale”, lasciando così accreditare l’opinione che “la politica è una cosa sporca”».
Dietro questo pretesto - che la politica sarebbe una cosa sporca e quindi andrebbe rinnovata - abitualmente i grandi demagoghi ed i più spregevoli rivoluzionari riescono a catalizzare copiosi consensi. Pertanto si finisce “dalla padella alla brace”.
Secondo D’Agostino, «i detentori di grandi ricchezze, di cui è assai dubbio possano essere state onestamente accumulate, partono dal convincimento di averne come una missione provvidenziale al comando in tutti i settori». Essi si considerano «come altri Mosè, predestinati alla guida dei Popoli, senza peraltro prendere ordini da rivelazioni divine». Essi sono «gli epigoni, ora in via di esautoramento, di categorie che si reputarono fuor di misura privilegiate, (neanche) fossero i Sovrani assoluti, le Oligarchie artistocratiche o militari».
Prosegue: «Avendo sabotato, tramite la dittatura statale sulla Istruzione, l’affermarsi e lo svilupparsi di una cultura vera, fondata sui principii della “Filosofia perenne”, ossia della sapienza (cristiana) trasmessa ed arricchita di generazione in generazione, si è creato il culto dello Stato onnipotente, dello “Stato-Provvidenza”, ossia di quell’assolutismo di Stato che si osa spacciare come “democrazia” rispettosa di una presunta “sovranità popolare”».
Tuttavia, se c’è un insegnamento vincolante che i «democristiani degasperiani (e tanti altri) hanno calpestato di più», è quello del Messaggio Natalizio, anno 1944, di Papa Pio XII: «Una sana democrazia, fondata sugli immutabili principii della Legge Naturale e delle Verità Rivelate, sarà assolutamente contraria a quella corruzione che attribuisce alla legislazione dello Stato un potere senza freni né limiti, e che fa anche del regime democratico, nonostante le contrarie ma vane apparenze, un puro e semplice sistema di assolutismo». Siamo stati, così, «ridotti allo schiavismo».
D’Agostino aggiunge: «La odierna partitocrazia ha messo le mani dappertutto, non creando altro che guai, appena attenuati dal buon senso di certi settori burocratici, e sopratutto dallo spirito di “arrangiamento” degli Italiani, oltre che da quanto sopravvive della loro volontà di lavorare e risparmiare. È stato un crescendo ininterrotto, perché i primi abusi in materia rimontano alla dittatura liberalistica, di cui Mussolini fu, in confronto agli estremi flagelli degli “antifascisti” di oggi, un timidissimo allievo». Prosegue …
A cura di Carlo Di Pietro da Il Roma