Un fatto veramente singolare è quello che raccontiamo qui. Nel 1294 nacque nell’Alemagna un tal Giovanni Taulero. In molto giovine età prese l’abito domenicano a Strasburgo, studiò a Parigi e divenne solenne maestro in Teologia e predicatore applauditissimo. Commoveva, entusiasmava i popoli colla sua eloquenza meravigliosa. Un solitario, semplice ed ignorante di scienza umana, ma assai addentro nello spirito di Dio, s’accorse che il grande predicatore ora, in fin dei conti, un uomo pieno di amor proprio, d’ambizione, d’orgoglio. Il servo di Dio volse subito il pensiero alla conversione del predicatore da tutti applaudito ed innalzato alle stelle. Il negozio era difficile assai, però il santo solitario non cadde di coraggio. Primamente si presentò a Taulero con grande umiltà e gli chiese la grazia d’ascoltarlo nella confessione. Il dotto teologo e il celebre predicatore non si rifiutò, e quando vide la bellezza della coscienza del semplice ed ignorante solitario ne fu preso di gran meraviglia e gli pose un’affezione come a fratello. Per tre mesi quel solitario volle confessarsi con Taulero, e questi sempre il riceveva o l’ascoltava con gioia. Dopo i tre mesi il penitente disse al confessore: «Padre, vi prego di voler fare una predica al popolo, nella quale, in compendio, dovrebbero essere tracciate le regole sicure ed adatte per raggiungere pienamente la perfezione comandata dall’Evangelo». Taulero guardò il solitario in aria di gran sorpresa e gli rispose: «Figliuolo, la predica che tu mi chiedi è di suprema importanza, ma è troppo difficile e sublime per poter essere capita dal popolo. Poi a stendere predica siffatta si richiede tempo, molto tempo; ed il tempo a me manca assolutamente». Il solitario però non si volle lasciare sfuggire l’occasione che da tanti mesi aveva cercata. Pregò Taulero, e tanto il pregò che infine quell’uomo dovette cedere. Fece dunque la predica, e riuscì un vero capolavoro. Quella predica era un ben ordinato e sugoso ristretto di tutte le più belle verità dell’E-vangelo per avviare l’anima alla perfetta santità, e quelle verità erano esposte con una lucidezza che incantava. Il valentissimo predicatore insistette in modo speciale sulla purità del cuore, sulla retta intenzione nell’operare il bene, sulla annegazione di se stesso, sulla rinunzia della propria volontà, sul distacco dalle vanità del mondo, sull’amore delle croci e delle umiliazioni. Il solitario era tutto orecchi e tenne a memoria i pezzi più belli e più importanti di quel mirando discorso. Il giorno seguente si presenta a Taulero, gli fa molte lodi della predica, e poi gli dice senza rispetto umano: «Ma la vostra vita, Padre mio, corrisponde alle belle e sante massime che avete predicate?». Taulero abbassa gli occhi, arrossisce, si confonde. Onde il solitario, vedendo che il colpo gli era riuscito, fece osservare al dotto uomo che i predicatori i quali non mettono in pratica le massime che dicono al pubblico, si debbono chiamare farisei. Poi soggiunse: «Padre, per voi è assolutamente necessario un buon esame di coscienza». Taulero ebbe la grandezza d’animo di ricevere come mandati da Dio i consigli del solitario. Fece non solo il buon esame di coscienza, ma una confessione sincera ancora: poi non volle aprire bocca in mezzo al pubblico per due interi anni, e quegli anni li passò in digiuni, in lacrime, in macerazioni inaudite. Indi ricominciò o, meglio, cominciò a predicare la parola della salute, santificò se stesso e convertì a Dio un numero infinito di anime. Così un povero ignorante pieno dello spirito del Signore convertì un dotto di primo conto. Il fatto di Taulero intanto dovrebbe far venire i brividi a tanti predicatori che salgono i pergami a solo scopo di vanità. Questi infelici predicatori non convertono mai un’anima, ed è la giusta punizione che dà Dio alla loro vanità. Da «Racconti Miracolosi», Padre Giacinto da Belmonte, 1887, Vol. II.
Da «Racconti Miracolosi», Padre Giacinto da Belmonte, 1887, Vol. II, Roma, Coi Tipi di Mario Armanni, nell’Orfanotrofio Comunale.