Un tal Pietro Genovese un giorno andò da Rende a Paola e volle portare a San Francesco alcuni pesci presi nel fiume, tutti infilati in uno spago. Quei poveri pesci erano stati pescati il giorno precedente, e si può capire ch’erano non solamente morti, ma ancora un tantino corrotti. Con volto gioviale, come era suo costume, Francesco accettò i pesci e, presili dalle mani del donatore, cominciò a guardarli con grandissima compassione. «Poveri pesciolini, poveri pesciolini!», esclamò, «stavano così allegri nell’acqua, cosi vispi, ed ora eccoli tutti morti!». Ancora: «Pietro, vieni con me». Vicino al monastero si trovava una vasca d’acqua limpidissima. Francesco prese per la coda tutti quei morti e quasi corrotti pesci e li gettò nella vasca. Appena toccata l’acqua, i pesci cominciarono a guizzare graziosamente e Pietro Genovese rimase lì come stupido di meraviglia. - Tutti i miracoli hanno un significato serio, ma alcuni, come questo dei pesci di San Francesco, potrebbero sembrare addirittura scherzi. Però, se ben riflettiamo, il significato serio dei miracoli che paiono scherzi consiste nel fare apparire in tutto il suo splendore la potenza divina in mezzo alla creazione. (Tratto da Giacinto Belmonte cappuccino, Racconti miracolosi, 1887, con permesso dei Superiori, vol. II, pagine 388 - 389).
A cura di Carlo Di Pietro