Chi l’avrebbe creduto? San Francesco d Assisi, così dolce, così paziente, tanto tenero non solo con le  creature umane ma anche con le irragionevoli (gli animali, ndR), una volta venne usato da Dio come strumento d’una Sua tremenda vendetta. Per la gran folla degli uditori, il Santo un giorno venne costretto a predicare in pubblica piazza. Ecco subito in mezzo alla folla, tutta atteggiata a pietà, levarsi un rumore, anzi addirittura un baccano. Era una di quelle giovani perdute, disonore del loro sesso, vergogna di tutta l’umana società. La disgraziata era andata lì con l’intento di disturbare la predica del Santo, e faceva boccacce, e gesticolava, e gridava a maniera d’una vera ossessa. San Francesco dolcemente e per più volte l’ammonì, l’esortò, la pregò di non voler recare disturbo alla gente devota che aveva desiderio d’ascoltare la parola di Dio. Ma era lo stesso che parlare al muro! La sciagurata dissoluta imbaldanziva sempre più. Allora il predicatore; per mostrare a quel popolo il conto che ognuno è tenuto a fare della parola di Dio, invoca sulla donna i castighi della divina giustizia. Cosa davvero orribile! Una mano, veduta da tutti, afferra la giovane ostinata, ed essa e la mano scompaiono tra le grida del popolo spaventato. Era il demonio, che aveva afferrato la sua preda e la trascinava all’Inferno! Se nei giorni nostri disgraziati si ripetesse, almeno per una decina di volte, questa vendetta della giustizia divina, farebbe di certo un po’ di bene (tuttavia queste grazie bisogna meritarle, ndR). Gesù Cristo ha detto solennemente ai Suoi predicatori: «Chi ascolta voi, ascolta me; chi disprezza voi, disprezza me». Perché sono messe in dimenticanza queste sublimi parole? (Tratto da Giacinto Belmonte cappuccino, Racconti miracolosi, 1887, con permesso dei Superiori, vol. II, pagine 360-361).

A cura di Carlo Di Pietro

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