Tutti conoscono quella gloria fulgidissima dell’Ordine dei Cappuccini che ha nome Guglielmo Massaia, missionario per trentacinque anni in Africa (il P. Belmonte scrive: «tra i selvaggi dell’Africa» riferendosi alle loro consuetudini e idolatria, ndR) e poi Cardinale di Santa Romana Chiesa. Orbene, il Massaia ha raccontato e racconta questo fatto, accadutogli quando si recava in Abissinia per la seconda volta. Quel povero missionario aveva seri problemi agli occhi ed il clima ardente dell’Africa gli minacciava la perdita totale della vista. Egli in Europa volle farsi una buona provvista d’occhiali di diverse gradazioni. Però, dopo poco tempo che avea rimesso il piede nel terreno delle sue missioni, gli occhiali si resero del tutto inutili. Ed ecco come. Prima egli fece uso di quelli che raccoglievano meno fortemente la luce, dopo pochi giorni fu costretto ad operare i più forti, e con una rapidità spaventevole dovette servirsi dei fortissimi, i quali parvero di non dargli più nessun aiuto. Allora si vide perduto e temette per un momento di «dover lasciare i suoi selvaggi e ritornarsene cieco in Europa». L’uomo di fede, però, non smarrì il coraggio. In Abissinia c’era una statua di San Giuseppe, quindi il P. Guglielmo Massaia una mattina prese tutti gli occhiali, anche quello che stava utilizzando, e li appese in voto al gran Santo. Poi s’inginocchiò e disse così allo Sposo di Maria: «Da adesso non porterò più occhiali; se vuoi che io continui ad evangelizzare questi poveri idolatri, tu mi devi impetrare subito da Dio la grazia della vista». La sua preghiera proprio incontrò la grazia che scendeva dal Paradiso. Il missionario Massaia acquistò prontamente una vista lincea e non ebbe più bisogno d’occhiali (aggiunge il P. Belmonte: «con settantasei anni che sono scoccati sulla sua testa», ndR). Il materiale da lui raccolto in Africa orientale costituisce la parte più importante dei reperti custoditi dal Museo Etiopico di Frascati. Se il Cardinale Massaia aveva bisogno della vista del corpo, tanti e tanti disgraziati hanno bisogno della vista dell’anima. Domandino con fede a San Giuseppe questa vista. (Tratto da Giacinto Belmonte cappuccino, Racconti miracolosi, 1887, con permesso dei Superiori, vol. II, pagine 330-332).
A cura di Carlo Di Pietro