Nella vita di Santa Elisabetta Regina di Portogallo si legge questo miracolo, ch’è nel contempo una punizione della calunnia ed un premio dell’amore alla santa Messa. La Regina Elisabetta era tanto caritatevole che, oltre ad aver comandato al suo elemosiniere di non negare mai nulla ai poveri, distribuiva grandi elemosine privatamente per mezzo di alcuni suoi servitori. Fra questi, soprattutto uno le ubbidiva fedelissimamente, specie quando si trattava di porgere soccorsi ai poveri che, probabilmente per vergogna, non volevano essere conosciuti per tali. Il servitore fedele, come accade quasi sempre, divenne oggetto dell’invidia d’un altro servitore, il quale cambiò subito l’invidia in odio feroce. A sfogare il suo odio aveva bisogno della calunnia: non perse tempo per inventarla ed in maniera davvero satanica. Con una consumata ipocrisia, fece capire al Re che l’intimità della Regina col servitore non gli pareva essere solamente nata e cresciuta per recare elemosina ai poverelli. Il Re parve di fare orecchie di mercante, ma, pensandoci su molto, cominciò ad accogliere nell’anima qualche sospetto, ed infine determinò di compiere un gran delitto. Una sera, passando dinanzi ad una fornace di calce che ardeva potentemente, chiamò a sé il capo degli operai che attendevano alla stessa e gli disse, con tono della più pronunziata autorità: «Domattina io manderò qui un mio servo con un certo messaggio, appena lo vedrete, afferratelo e gettatelo nella fornace. Voglio essere ubbidito prontamente, avete compreso?». Ritirato nel suo palazzo, il Re prese un pezzo di carta, lo chiuse a maniera di lettera, vi scrisse sopra il nome del capo degli operai della fornace, poi chiamò a sé il servo calunniato dal suo collega e gli impartì il comando. Ma che cosa mai avvenne? Il buono e fedele servitore, alle prime luci dell’alba, balzò dal letto ed uscì di casa per eseguire puntualmente gli ordini del suo padrone. Prima di giungere alla fornace sentì che la campana d’una chiesa suonava a Messa. Egli, senza pensare più agli ordini del padrone terreno, entrò in chiesa, s’inginocchiò devotamente ed ascoltò la Messa. Ma, finita quella prima, ne incominciò un’altra, ed egli anche l’ascoltò. Terminata la seconda, incominciò la terza, ed egli l’ascoltò ancora. Poi, tutto confuso per essersi accorto del tempo trascorso, corse velocemente alla fornace. Gli operai, riconosciutolo e credendo che andava a domandare loro se avessero eseguito gli ordini del Re, gli dissero quasi tutti insieme: «Abbiamo obbedito alla volontà del Re: riferisci la cosa!». Ecco che cosa era accaduto. Il Re, per vedere se gli operai avevano davvero eseguito il suo comando, dopo poco tempo da che il servo calunniato e devoto s’era avviato per andare alla fornace, aveva spedito a gran premura il calunniatore. Gli operai della fornace presero il calunniatore e di lancio lo scagliarono tra le orribili fiamme. Intanto il fortunato servitore, che così miracolosamente era stato da Dio preservato dalla morte, tornò al Re e, tutto tremante, gli disse che gli ordini suoi erano stati eseguiti nella fornace prima ch’egli vi fosse giunto. «E perchè non giungesti a tempo?», rispose il Re fuori di sè per lo stupore. «Perché - soggiunse il servo sommessamente - perchè cammin facendo sentii suonare in una chiesa la campana a Messa, vi entrai e, invece d’una, ne ascoltai tre». Allora il Re capì ch’era già stato arso nella fornace il servo calunniatore per giustissima disposizione di Dio, e così ancora gli fuggì dall’anima ogni sospetto intorno alla Regina. Tutti dovrebbero considerare che quell’innocente scampò dalla morte per aver ascoltato la santa Messa.

(Tratto da Giacinto Belmonte cappuccino, Racconti miracolosi, 1887, con permesso dei Superiori, vol. II, pagine 243 - 246).

A cura di Carlo Di Pietro

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