San Dunstano, assai inoltrato negli anni, fu costretto un giorno a venire in lotta col Re stesso, il quale allora era non più Edmondo, ma Edgardo. In un momento d’aberrazione mentale, quel giovane Re aveva commesso un qualcosa di veramente grave. Il popolo ne era grandemente scandalizzato ed il povero Arcivescovo piangeva per il dolore amarissimo.

Un giorno il santo vecchio si recò a corte per rimproverare il fatto al Re peccatore. Il povero Edgardo, credendo che il suo peccato fosse nascosto all’Arcivescovo, con lieto volto gli andò incontro e gli porse la mano in segno di grande confidenza.

Il Vescovo Dunstano, accigliato, ritirò la sua e disse con voce grave al Re: «Voi vorreste toccare la mano ad un ministro di Dio, che questa mattina ha immolato l’Agnello senza macchia?». Poi, con voce paterna, cominciò a rimproverargli il suo brutto delitto e gli fece capire che il popolo ne era rimasto tutto pieno di scandalo.

Edgardo s’intenerì, pianse, cadde ai piedi del vecchio Arcivescovo e gli domandò, con voce rotta dai singhiozzi, quale penitenza avrebbe dovuto fare per espiare la sua colpa. Dunstano, raddolcito nel volto e con qualche lacrima negli occhi, entrò in discorso col giovane Sovrano e gli fece una succosa esposizione dei doveri dei re. Poi gli disse che la sua penitenza doveva consistere nel non portare per sette anni sul capo la corona regale, di costruire monasteri per sante vergini e di largheggiare, quanto poteva, in elemosine ai poveri.

Edgardo eseguì tutto scrupolosamente.

Trascorsi i sette anni, san Dunstano, in una grandissima adunanza di nobili e signori, rimise con le proprie mani la corona in testa ad Edgardo. L’allegria e la commozione di tutta quella scelta nobiltà fu indicibile. Edgardo fu un perfetto modello di sovrano dopo la grande e provvidenziale lezione avuta da san Dunstano.

Ah se al presente qualche Sovrano potesse trovare un san Dunstano! Ma gli infelici Sovrani in questi tristi giorni trovano coloro che perdono i Sovrani ed i sudditi: gli adulatori settari e quelli ....

(Tratto da Giacinto Belmonte cappuccino, Op. cit., 1887, con permesso dei Superiori, vol. II, pagine 48 - 50).

A cura di Carlo Di Pietro

intro-racconti-miracolosi.jpg