San Giuseppe, o fedeli, ha proporzioni gigantesche: San Giuseppe fu lasciato dal culto cristiano e dalla teologia in una penombra nei secoli passati. Ora però è presentato ai fedeli circonfuso di tale gloria, che non è concessa ad alcun altro Santo. Ci fu, nel passato, una questione per sapere a chi spettasse il primato, se a san Giovanni Battista od a san Giuseppe. In favore di san Giovanni si portava l’elogio che ne fece Gesù medesimo: «Tra i nati di donna non vi è altri più grande di Giovanni». Ma si è fatta luce chiara intorno a questo passo. L’esame del testo e del contesto non lascia più dubbio che Gesù, pronunciando quell’elogio, faceva un confronto, non fra Giovanni ed i Santi in genere, ma fra lui e gli altri profeti dell’antico Testamento. Fra i beati, dunque, nessuno può contendere a Giuseppe il posto eminente di gloria che gli riconosce la Chiesa. Nella gerarchia dei santi, Giuseppe viene subito dopo Maria. Lo stesso Spirito Santo ha tessuto il miglior panegirico a questo Santo, proclamandolo giusto: «Cum esset justus». I titoli poi od i fondamenti della grandezza di san Giuseppe, sono due: sposo di Maria e padre putativo o legale di Gesù. Li illustreremo, o fedeli, nel presente panegirico. Tutta la grandezza e tutta la dignità di san Giuseppe si compendiano e si suggellano nell’essere Egli stato: primo, lo sposo di Maria Vergine e perciò il compartecipe del mistero dell’Incarnazione del Verbo, e, secondo, il Padre putativo di Gesù, cioè nunzio, custode del Signore, benefattore suo, suo superiore in faccia al mondo. In questi due titoli stanno le ragioni di tutta la santità, di tutti i doni, di tutte le prerogative, di tutta la potenza di san Giuseppe.
Egli è lo Sposo di Maria. Maria fu data in sposa a Giuseppe per due motivi, l’uno più eccelso dell’altro, cioè perché Egli vergine fosse il testimone ed il custode della verginità di Maria. E poi perché come sposo al suo fianco servisse come di velo al mistero della sua divina maternità. Se san Giuseppe fu lo sposo di Maria SS., o fedeli, io deduco che, per ragione del suo ufficio, egli doveva tenere il primo posto nella gerarchia dei giusti sopra la terra. Maria SS. era la sola fra tutte le creature umane, che fosse stata, per privilegio, preservata dal peccato di origine. Maria, eletta a concepire nelle sue viscere immacolate il Verbo di Dio, era così santa da superare da sola la santità di tutti gli esseri celesti. Maria, preordinata ad essere più tardi la regina degli uomini e degli angeli, la depositaria e la dispensatrice di tutte le grazie, era così cara a Dio da piacergli di più che tutte insieme le figlie di Gerusalemme. Orbene, poiché piacque al Signore di dare a questa benedetta fra tutte le donne uno sposo, è giusto ritenere che gli avrà designato il benedetto fra tutti gli uomini. Ed oh, pertanto quale prodigio di santità doveva essere quella di san Giuseppe! La Madre del Verbo non poteva essere che una vergine o dirò meglio la Vergine (Is., VII, 14). Vergine prima del parto, nel parto, dopo il parto; Vergine singolare. Ma come si sarebbe compiuto questo nuovo miracolo di una verginità feconda e d’una maternità verginale? La Vergine avrà uno sposo. Lo sposo di Maria non sarà suo sposo che a patto di somigliarle nella santità e di cooperare con lei all’opera della rigenerazione del mondo. Lo sposo di Maria sarà uno sposo vergine, un angelo più che uomo. Il ministro della grande opera della redenzione, il depositario dei segreti di Dio sarà un prodigio di fedeltà, di prudenza, di umiltà, di carità, di abnegazione, e di ogni più eletta virtù. Egli doveva essere, e fu veramente quale ce lo dipinge il Vangelo, con una sola frase, Fu l’uomo giusto per eccellenza, per antonomasia: «Joseph... cum esset justus». Si suole da alcuni scrittori indagare se e quando san Giuseppe consacrasse a Dio con voto perpetuo il giglio della sua verginale integrità. Ma io sorvolo a tali indagini. Chi può sapere quali torrenti di luce rischiarassero la mente del grande Patriarca? Chi può sapere quali carismi di grazia santificassero sin dal principio il suo cuore? Chi può sapere quali arcane parole gli abbia sussurrato all’orecchio lo Spirito Santo? Egli è il primogenito della casa di Davide, che forse senza saperne il fine si differenzia da tutti gli altri figli d’Israele conservandosi vergine a Dio. Così nega a se stesso il più alto, il più eccelso, il più sublime degli onori, l’onore di essere uno degli anelli della genealogia del Salvatore del mondo. Egli è l’uomo della purezza, che, indovinando Maria ed essendo da Maria indovinato, le dà la mano di sposo, sicura che il suo talamo sarebbe il talamo della verginità. Tutto è nuovo in san Giuseppe, tutto è straordinario in lui. È logico concludere che del tutto straordinarie furono le vie che prepararono questo privilegiato Patriarca, del tutto straordinaria fu la sua santità, la sua giustizia: «Cum esset justus». Venne anche per san Giuseppe il giorno della prova. E fu una prova tremenda. Quanta pazienza nel non muovere alcun lamento di fronte all’inesplicabile maternità di Maria. Mio Dio! Quanta delicatezza, quanta finezza di amore coniugale nel risparmiare alla Vergine il rossore di dirgli ciò che era avvenuto! Ed il Signore lo premierà, mandandogli un Angelo ad illuminarlo, a rasserenarlo, a confortarlo. San Giuseppe è il Padre putativo di Gesù... È questo il nome con cui lo chiama Maria (Luc., II, 48); è questo il titolo che gli attribuisce il Vangelo (Luc., II, 41); è questo l’ufficio che in lui riconosce Gesù (Luc., II, 51); è questa l’autorità ch’Egli esercita (Vocabis nomen eius Jesum). San Giuseppe fu padre, ma in un senso diverso da tutti gli altri padri. I diritti degli sposi sono comuni: a Maria appartenne Nostro Signor Gesù Cristo, perché frutto delle sue viscere. Maria gli è Madre, ma san Giuseppe gli è padre. È padre a più stretto titolo che non lo sia di un figlio adottato, un padre adottante; perché questo è solamente padre in forza dell’adozione; invece Giuseppe è padre di Gesù in forza del matrimonio. Da queste sublimi prerogative ne segue che Giuseppe ebbe su Gesù Cristo autorità di padre. A sua volta Gesù lo trattò come tale. San Francesco di Sales spiega questi pensieri con una magnifica similitudine. Eccola. Se una colomba porta nel suo becco un dattero, e lo lascia cadere in un giardino, non si dirà che la palma che nascerà appartiene al proprietario del giardino? Ora, se le cose stanno così, chi potrà dubitare che lo Spirito Santo, avendo lasciato cadere questo dattero divino, che è Gesù Cristo, nel giardino verginale di Maria, che appartiene a san Giuseppe, chi dubiterà che Gesù Cristo, la palma divina che produsse i frutti dell’immortalità, non apparteneva a san Giuseppe? Ed oh! Quali nuovi tesori di grazia e di santità non si saranno trasfusi nel gran Patriarca per questo suo altissimo ufficio di custode, di nutritore, di Padre putativo di Gesù Cristo! Al Battista e ad Elisabetta bastò la vicinanza di Gesù Cristo per sentirsi riempire di Spirito Santo. Ai Pastori, ai Re Magi, a Simeone bastò vedere il bambino Gesù e prenderlo fra le braccia per non aver altri desideri che delle cose celesti. Alla Maddalena bastò prostrarsi ai piedi di Gesù Cristo ed ascoltare le sue parole di vita eterna per trasformarsi in un serafino di amore. All’Evangelista san Giovanni bastò adagiare il capo sul Cuore adorabile di Gesù per diventare l’Apostolo della carità. Ora che cosa sarà accaduto di san Giuseppe, che visse per tanti anni con Gesù, per Gesù, e della stessa vita di Gesù? Che cosa sarà stato di san Giuseppe, che ebbe tanta parte nei misteri di Betlem, di Gerusalemme, della fuga in Egitto e della vita privata del Redentore? È certo, o fedeli, che quanto più i santi si avvicinano a Dio tanto più risentono delle sue perfezioni. Quale dei Santi potrà ugugliarsi dopo Maria a san Giuseppe, che esercitò verso Gesù tutti gli uffici, tutti i ministeri di Padre? È certo che i santi crescono in santità a misura che appartengono sempre più a Gesù Cristo. Ma chi mai dopo Maria appartenne più strettamente, più intimamente a Gesù Cristo di san Giuseppe, che lo nutrì, che lo allevò, che lo ebbe a figliuolo? È certo che i santi più si conformano alla dottrina ed agli esempi di Gesù Cristo e più sono cari a Dio. Ma chi dopo Maria fu più caro a Dio di san Giuseppe, che per tanti anni ebbe Gesù Cristo medesimo a maestro di perfezione e a modello di santità? È certo che Dio dona ai santi una quantità di grazie corrispondenti all’ufficio, a cui sono chiamati. Ma chi dopo Maria avrà avuto una grazia maggiore di san Giuseppe, che fu chiamato al più sublime degli uffici? Ah! Da qualsiasi lato lo si consideri, sotto qualsiasi aspetto san Giuseppe ci si rivela un così gran prodigio di santità da non avere parole né concetti proporzionati per esprimerlo. È per questo che il Vangelo ne intesse il panegirico manifestandoci solo chi Egli era ed a quali ministeri era stato destinato sulla terra. «Joseph vir eius... Joseph justus... Joseph fili David... Vocabis nomen ejus Jesum...». Ed è come se il Vangelo ci dicesse: Giuseppe fu un uomo giusto, Giuseppe fu un uomo santo... Joseph justus. Volete sapere, o fedeli, quale e quanta fosse la sua giustizia, la sua santità? Non vi è lingua umana capace di precisarle. Potrete averne una pallida idea pensando che san Giuseppe fu Sposo di Maria e fu Padre putativo di Gesù Cristo. San Giuseppe fu eletto a questo duplice, sublime ministero fra tutti i discendenti di Adamo, dalla onnipotenza, dalla sapienza, dall’amore della Santissima Trinità. Quale eccelso argomento alla nostra devozione, al nostro amore verso san Giuseppe! Egli tenne sopra la terra il primo posto nella gerarchia dei giusti. In cielo tiene il primo posto nella gerarchia dei santi. Ricorriamo spesso, raccomandiamoci caldamente al suo patrocinio. Nelle nostre angustie, o fedeli, nelle nostre necessità di anima e di corpo rivolgiamoci al Santo Patriarca. A lui, dopo Gesù e Maria, i pensieri della nostra mente, gli affetti del nostro cuore, gli atti della nostra più tenera devozione, le nostre più fervorose preghiere in vita, le nostre più accese invocazioni al punto della nostra morte. (Omelia tratta da Houdry- Porra, Prontuario del Predicatore, Volume IV, Parte prima, Milano, Libreria Editrice Arcivescovile Giovanni Daverio, Imprimatur 1934, pag. 515 ss).