• Raccontano che il padre Daniele disse: «Quanto più fiorisce il corpo, tanto più si estenua l’anima, e quanto più si estenua il corpo tanto più fiorisce l’anima» (156b; P] X, 17).
• Un giorno il padre Daniele e il padre Amoe camminavano insieme. E il padre Amoe disse: «Quando rimarremo anche noi in cella, padre?». Il padre Daniele gli dice: «Chi ci toglie ora Iddio? Dio è in cella, ma Dio è anche fuori» (PJ XI, 8). Il padre Daniele raccontò che a Scete, al tempo del padre Arsenio, c’era un monaco che rubava gli oggetti degli anziani. Il padre Arsenio lo prese nella sua cella per guadagnare la sua anima e per dare pace agli anziani. E gli disse: «Se vuoi qualcosa, te la do; soltanto, non rubare». E gli diede oro, denaro, vestiario e tutto quanto potesse servirgli. Egli tuttavia, quando se ne andò dalla sua cella, riprese a rubare. Vedendo che non aveva smesso, gli anziani lo cacciarono dicendo: «Quando si trova in un fratello una debolezza, bisogna sopportarlo; ma se ruba e non cessa nemmeno dopo essere stato ammonito, cacciatelo, perché egli danneggia la sua anima e turba tutti quelli che abitano in quel luogo» (156bc; P] X, 18).
• Il padre Daniele il faranita (abitante del deserto di Faran) raccontò: «Il nostro padre Arsenio ci diceva di un monaco di Scete che era molto operoso, ma rozzo nelle cose di fede. Per ignoranza si sbagliava e diceva: - Il pane che mangiamo non è realmente il corpo di Cristo, ma un simbolo. Due anziani udirono questa sua affermazione e, sapendo che nella vita era grande, pensarono che parlava senza colpa, per rozzezza. Si recarono da lui e gli dissero: - Padre, abbiamo udito che un tale dice una tesi contraria alla fede, il pane che riceviamo non sarebbe realmente il Corpo di Cristo, ma un simbolo. Dice l’anziano: - Sono io che lo dico! Cominciarono allora a esortarlo: - Tu non devi credere a questo, ma a quello che ha tramandato la Chiesa cattolica. Noi crediamo che questo pane è il Corpo di Cristo e questo calice è il Sangue di Cristo, realmente e non un simbolo. Ma come in principio, prendendo la polvere dalla terra, Dio plasmò l’uomo a sua immagine e nessuno può sostenere che non sia a immagine di Dio, anche se ciò è incomprensibile, così il pane che egli disse suo Corpo crediamo che sia veramente il Corpo di Cristo. Ma l’anziano disse: - Se non è un fatto a convincermi, non mi persuaderò. I due padri gli dissero: - In questa settimana pregheremo Dio riguardo a questo mistero, e crediamo che Dio ce lo svelerà. L’anziano accolse con gioia tali parole e pregò Dio dicendo: - Signore, tu lo sai, non è per cattiveria che io non credo; ma perché io non erri nell’ignoranza, fammi una rivelazione, Signore Gesù Cristo. Ritornati nelle proprie celle, i padri pregavano con queste parole: - Signore Gesù Cristo, rivela questo mistero all’anziano, perché creda e la sua fatica non vada perduta. E Dio li ascoltò entrambi. Alla fine della settimana, la domenica, andarono in chiesa e stettero tutti e tre insieme in disparte, e il vecchio era in mezzo, su di un gradino. E i loro occhi si aprirono. Quando sul santo altare fu posto il pane in sacrificio, loro tre soli videro al suo posto un fanciullo; e quando il sacerdote tese la mano per spezzare il pane, ecco scendere dal cielo un angelo del Signore con una spada; immolò il bambino, e versò il suo sangue nel calice. Quando il sacerdote ruppe il pane in piccoli pezzetti, anche l’angelo tagliò dal fanciullo piccoli pezzi; e quando si avvicinarono per ricevere i santi doni, al vecchio soltanto venne offerta della carne sanguinante. A quella vista fu preso dal timore e gridò: - Credo, o Signore, che il pane è il tuo Corpo e il calice il tuo Sangue. E subito la carne (...) divenne pane, secondo il mistero; e si comunicò ringraziando Dio. Gli anziani dissero poi: - Dio sapeva che la natura umana non può mangiare carne cruda, per questo ha trasformato il suo Corpo in pane e il suo Sangue in vino per coloro che lo ricevono con fede. E ringraziarono Dio, che non aveva permesso che le fatiche dell’anziano andassero perdute; quindi tornarono tutti e tre con gioia nelle proprie celle» (156c-160a; PJ XVIII, 3).
• Il padre Daniele raccontò anche di un altro grande anziano, che viveva nell’Egitto meridionale, il quale nella sua ignoranza sosteneva che Melchisedec fosse il Figlio di Dio Ne fu informato il beato Cirillo, arcivescovo di Alessandria, e mandò qualcuno da lui. Ma egli sapeva che il vecchio era un taumaturgo e Dio gli rivelava qualsiasi cosa gli chiedesse: soltanto da ignoranza dipendeva quell’affermazione. Usò quindi la seguente astuzia: gli fece dire: «Padre, ti prego, un pensiero mi dice che Melchisedec è il Figlio di Dio, un altro pensiero invece dice no, egli è un uomo, sommo sacerdote di Dio. Poiché sono incerto, ti mando a chiedere di pregare Dio che ti faccia una rivelazione riguardo a ciò». L’anziano, confidando nel valore della sua vita , disse con sicurezza: «Dammi tre giorni di tempo, io pregherò il Signore, e poi ti dirò chi è». Quando l’altro se ne andò, pregò Dio su questo problema. Dopo tre giorni, andò a dire al beato Cirillo: «Melchisedec è un uomo». «Come lo hai saputo, padre?», gli chiese l’arcivescovo. Egli disse: «Ho avuto da Dio questa rivelazione: tutti i patriarchi sono sfilati a uno a uno dinanzi a me, da Adamo a Melchisedec, e un angelo del Signore mi ha detto: - Questo è Melchisedec. Sii certo che è veramente così». Partitosene di là, egli stesso proclamava che Melchisedec è un uomo. Il beato Cirillo ne fu molto felice (160abc; PJ XVIII, 4).
Tratto da Vita e detti dei Padri del deserto, edizione Città Nuova, 1999.