II discepoli del padre Bessarione raccontarono che la sua vita era avvenuta così, come un animale dell’aria, dell’acqua, o della terra, senza turbamenti e senza preoccupazioni per tutto il tempo della sua vita: dell’abitazione non si preoccupava, né parve mai che la sua anima fosse dominata dal desiderio di un luogo piuttosto che di un altro, o di saziarsi col cibo, o di possedere case, o di avere a che fare coi libri; ma si mostrò completamente libero dalle passioni del corpo, nutrendosi con la speranza delle cose future. Saldo sul baluardo della fede, perseverava a restare in qualsiasi luogo, come un prigioniero. Stava sempre all’aperto, al freddo e nella nudità (cf. IICor. XI, 27), e bruciato dall’ardore del sole. Si scorticava errando sulle ripide rocce dei luoghi deserti. Spesso si compiaceva di lasciarsi trascinare, come in un mare, sulla vasta, desolata distesa di sabbia. Se poi giungeva in luoghi meno aspri, dove dei monaci si uniformassero a una vita comune, egli, seduto fuori dalla porta, piangeva e si lamentava come la vittima di un naufragio. Se un fratello usciva e lo trovava là seduto, come sogliono fare i mendicanti nel mondo, gli si accostava e gli diceva con compassione: «Perché piangi, uomo? Se hai bisogno di qualcosa di necessario, per quanto ci è possibile lo avrai, ma intanto entra, per aver parte alla nostra mensa e avere un po’ di sollievo». L’altro rispondeva di non potersi fermare sotto a un tetto, prima di aver ritrovato le ricchezze della sua casa. «Ho perso molti beni in diversi modi, diceva, sono caduto nelle mani dei pirati, ho subito naufragio, sono decaduto dalla mia nobiltà (cf. Gn. III, 20-23), da nobile sono diventato ignobile». Fortemente commosso da queste parole, il fratello entrava a prendere un pezzo di pane, che poi gli porgeva dicendo: «Prendi questo, padre, e che Dio ti restituisca ciò che tu dici: la patria, la schiatta e la ricchezza che avevi». L’altro, facendo ancor più cordoglio, urlava tra forti singhiozzi: «Non so dire se potrò mai trovare ciò che ricerco dopo averlo perduto (Ivi.). Ma per ora gioisco piuttosto di essere ogni giorno in pericolo di morte (cf. ICor XV, 30), di non trovare sollievo alle mie incommensurabili sventure: è necessario che io compia la corsa Cf. (cf. At XX, 24 e II Tim. IV, 7 errando senza sosta» (141d-144c). Tratto da Op. cit., edizione Città Nuova, 1999.
NB: Sul cartaceo erroneamente è stato titolato "Vita e detti dei Padri del deserto: Padre Bessarione, parte 4".