Vi è un abisso tra Cristo ed ogni altra persona; e ben lo percepì l’imperatore strapotente, che nei primi anni del secolo XIX ebbe in sua mano i destini d’Europa. Nella solitudine del suo esilio - così lo descrive il Newman in una delle ultime pagine del suo capolavoro - e poco lontano dalla morte, sembra che egli si sia espresso in questo modo: «Io mi sono abituato a tenere dinanzi alla mia memoria gli esempi di Alessandro e di Cesare, con la speranza di rivaleggiare le loro imprese e di lasciare un ricordo perenne nello spirito degli uomini. Eppure, ben ponderato tutto, in qual senso vive Cesare? In qual senso Alessandro? Chi li conosce? Chi si cura di essi? Nella migliore delle ipotesi si sa poco più dei loro nomi [...] ed, anzi, i loro nomi stessi non fanno altro se non volare nel mondo come altrettanti spiritelli, ricordati solo in qualche particolare occasione o per una qualunque associazione di idee. La loro patria principale sono le aule scolastiche; il loro posto più importante è nei libri di esercizi grammaticali; essi sono splendidi esempi per temi di esercitazioni letterarie. Ma, al contrario, (si dice continuasse), in tutto il mondo non v’è che un solo uomo che viva. È il nome di uno che passò gli anni della sua vita nell’oscurità e morì della morte del malfattore. Mille ottocento anni son trascorsi da quel giorno; ma esso occupa ancora un posto nello spirito degli uomini. Fra le nazioni più svariate per indole, sotto l’impero delle circostanze più diverse, in mezzo a popoli e ad intelligenze colte come tra genti e menti incolte, in tutte le classi della società, domina il Possessore di quel gran nome. Lo riconoscono nobili e plebei, ricchi e poveri. Milioni di anime rivolgono a Lui la loro voce, si affidano alla sua parola, son tenute in rispetto dalla sua presenza. Templi sontuosi e innumerevoli vennero costruiti in suo onore; la sua immagine, che lo raffigura nell’ora della sua più profonda umiliazione, è trionfalmente spiegata al vento nelle orgogliose città, nei piccoli paeselli, negli angoli delle strade, nelle forre dei monti. È Lui che santifica i palazzi aviti, […] le camere matrimoniali e che forma il soggetto dei capolavori dei genii più alti nelle arti imitative. Egli vien portato nel cuore durante la vita; vien tenuto dinanzi agli occhi, già velati a mezzo, del morente. C’è dunque uno, il quale non è semplicemente un nome, non è una semplice funzione, ma è una vera e propria realtà. Egli è morto e se n’è andato, ma è tuttora vivente. Vive come un pensiero vivente ed energetico di generazioni che si succedono, come la legittima forza motrice di migliaia di grandi avvenimenti. Senza sforzo Egli ha compiuto ciò che altri, con una lunga vita di lotte, non sono riusciti a fare. Può Egli essere qualche cosa meno di un Dio?». Così parlava Napoleone. Ed anche noi ci chiediamo: - Chi mai può dubitare della divinità di Gesù Cristo?

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