In qualche bugigattolo si chiudono e si matengono i polli che si vogliono ingrassare per mangiarli, così anche gli oziosi immersi nelle tenebre del vizio e abbandonati all’inerzia, vanno incontro ad una morte prematura, dice Seneca (De Prov.). L’acqua, scrive san Lorenzo Giustiniani, che sta ferma in uno stagno, si corrompe, non serve più agli usi della vita, si riempie d’insetti e di rettili velenosi; così il corpo dell’ozioso contrae macchie e si trova in balìa dei piaceri sensuali che rubano all’anima il senso del giusto e dell’onesto. Gran male è l’accidia! dice san Giovanni Crisostomo, essa è la paralisi dell’uomo intero... Intorpidisce le forze dell’anima non meno che quelle del corpo... Può darvene un’idea una casa cui non si facciano le dovute riparazioni... un terreno che si lasci incolto... Oh! l’oziosità è nociva non solo alle cose spirituali, ma anche alle temporali: e chi vi si abbandona è il più stupido degli nomini, sentenzia la Scrittura - Qui sectatur otium, stultissimus est (Prov. XII,11). E perché? Primieramente perché l’ozio porta con sé la povertà e la miseria, com’è detto nei Proverbi (VI, 11); secondariamente perché indebolisce l’anima, la rende codarda e ottusa. Chi vive in volontario ozio, dice il Crisostomo, e nelle parole e nelle opere molto spesso si diporta temerariamente, non fa mai nulla tutto il giorno; ed ha l’anima piena di languore e di brutture. Poi in altro luogo soggiunge che l’accidia allontana i buoni pensieri, i santi desideri, le illustrazioni, la grazia, la virtù ed ogni bene, conduce l’ignoranza ed un diluvio di pensieri cattivi. Per l’accidia, predicava il Crisologo, l’uomo rende inutili i doni della natura, le facoltà dell’anima, il benefizio della ragione, l’eccellenza del suo intelletto, il giudizio del suo spirito, la sua attitudine alle arti, il bene dell’educazione; ricusa al suo Creatore il prodotto che darebbero tutte queste cose e la riconoscenza che ne dovrebbe conseguire. Albero infecondo, merita d’essere reciso e dato al fuoco. S’egli è un uomo pubblico, gravissimo è il danno che la società ne risente (Serm. CVI). «L’ozio uccide il corpo; l’indolenza uccide l’anima; l’esercizio abbellisce mirabilmente l’uno e l’altra», scrive il Crisostomo. Bisogna temere e fuggire l’ozio nel riposo, ammonisce san Bernardo - Cavendum est otium in otio; e vuol dire: bisogna serbare una regola nel riposo cui si ha necessità, non poltrirvi, offrirlo a Dio, e farsene merito di virtù, come del cibo e del sonno, ecc.... «L’indolenza è la peste per i mortali», scrive Platone - Pestis mortalibus est ignavia. «Non badare a nulla, è da insensato, dice Seneca; non far nulla è un essere morto mentre si vive», perché, soggiunge Catone «mentre non facciamo nulla, impariamo a far del male - Nil agendo male agere discimus». «L’uomo virtuoso abborre l’ozio» lasciò scritto Valerio Massimo, e sant’Agostino fa notare che Roma andò in rovina per cagione dell’ozio, e che la distruzione di Cartagine ebbe origine dallo stesso vizio.
L’accidia è la madre di tutte le tentazioni . «L’uomo che lavora è assalito da un solo demonio, ma l’ozioso è zimbello a mille spiriti infernali», così Cassiano. Nell’Apocalisse poi sta detto che il dragone si posò sull’arena del mare - Stetit draco supra arenam maris (Apoc. XII, 18). Queste parole significano che il Demonio prevale sugli accidiosi, che li dimena e li travolge come fa l’onda con l’arena; significano ancora che l’indolente, simile alla sabbia la quale nulla produce, è la dimora prediletta del Diavolo. «L’ozio, scrive sant’Ambrogio, mette in pericolo anche quelli che erano usciti vittoriosi dalle guerre»; perché, come insegna san Bernardo, «la pigrizia è la madre di tutte le tentazioni», o come dice san Tommaso, «è l’amo a cui il Demonio coglie gli uomini»; e come infatti il Demonio non vincerebbe l’ozioso, mentre lo trova senz’armi, senza difesa, senza cautele?... Ah! L’accidioso è una casa aperta a tutti i ladri dell’inferno. ...
L’Accidia, parte 3. Da I tesori di Cornelio ALapide, Commentari dell’ab. Barbier. SS n° 8, p. 8