Pauperismo non vuol dire povertà in senso comune, ma miseria come stato permanente con tutti i disordini che l’accompagnano (mendicità, prostituzione, ecc.) e dalla quale non è possibile sottrarsi con i mezzi normali del lavoro. La parola pauperismo è d’origine inglese (pauperism) e denotava la classe inferiore. Oggi designa la moltitudine esposta alla miseria come effetto del disordinato sviluppo industriale del secolo XIX, inteso nel senso sociale, economico e morale. Il pauperismo è, in certo modo, sintomo concomitante della proletarizzazione delle masse lavoratrici (Proletariato). Un autore inglese disse che la manifattura fu l’invenzione che produsse del cotone e dei poveri. I due Pontefici Leone XIII e Pio XI, nelle rispettive encicliche sociali, descrivono la triste realtà della società odierna, in cui da una parte si trovano i pochi ricchissimi e dall’altra la moltitudine miserabile.
• Alcuni cenni sulla evoluzione del pauperismo. Schmoller, nelle sue indagini sul pauperismo in Inghilterra, giunse ai seguenti risultati: il numero dei poveri soccorsi fu già nel secolo XVI estremamente forte, salì ancor più nella seconda metà del secolo XVII, divenne preoccupante specialmente nella seconda metà del secolo XVIII. Nell’anno 1815 il 15% della popolazione versava nel pauperismo. Circa la metà del secolo XIX, questo indice si abbassò all’8%, nell’anno 1906 scese ulteriormente al 2,7 %. Schmoller sostiene che, all’inizio del nostro secolo XX, solo il 2,5 % della popolazione era colpita nei paesi capitalistici. Bisogna perciò [ritenere NON corretta, ndR] la interdipendenza tra il pauperismo e capitalismo, fortemente sostenuta dai marxisti. Tuttavia le due ultime guerre e la grave crisi economica che si verificò tra di esse, hanno ridotto interi ceti e regioni del mondo in vero pauperismo
• Cause del pauperismo. Sono di due sorta: una di ordine sociale, e l’altra di ordine individuale. Di ordine sociale sono: l’ammassamento nei centri industriali e nei sobborghi delle grandi città, nelle abitazioni insalubri, i salari di fame, la vita atomizzata dopo la distruzione dell’ordine corporativo [Medievale e cristiano, ndR], le malattie sociali, l’ateismo e l’educazione senza religione [la laicità], la libertà assoluta [riconoscere diritti all’errore = libertà di coscienza, di culto, di stampa, eccetera, ndR], la dissoluzione della vita familiare e dell’economia domestica [femminismo, divorzio, aborto, omosessualizzazione, eccetera, ndR], gli incitamenti dei luoghi di piacere, ecc. Di ordine individuale sono: il perduto senso di economia specialmente a causa del lavoro della donna fuori casa, l’infingardaggine, l’ubriachezza, la vita scostumata e tutti i vizi, che rappresentano sempre un campo fecondo per il dilatare del pauperismo.
• Rimedi. Come primo e capitale rimedio s’impone la riforma nell’ordine sociale-economico. È vero che in questo mondo ci saranno sempre dei ricchi e dei poveri, ma il dinamismo della riforma sociale deve ridurre quanto più è possibile le distanze tra gli uomini, e deve fare sì che non ci sia più addirittura la miseria immeritata (Enciclica Rerum novarum), cioè che tutti coloro i quali lavorano onestamente abbiano assicurata una vita degna dell’uomo. L’Enciclica Quadragesimo anno è tutta consacrata alla «restaurazione dell’ordine sociale in piena conformi à con le norme della legge evangelica». Il problema centrale dell’enciclica è impostato su due questioni fondamentali: la riforma delle istituzioni e l’emendamento dei costumi.
• Il secondo rimedio è la dottrina cristiana della carità. Essa supplisce e dà anima alla giustizia. Il cristianesimo non insegna soltanto l’amore per il lavoro e la temperanza, ma impone a tutti il grave dovere di amarsi come fratelli [secondo i criteri della prudenza e dell’opportunità, ndR] e ribadisce specialmente ai ceti benestanti il dovere di soccorrere i bisognosi, i quali rappresentano lo stesso Salvatore. La filantropia moderna ha difatti disonorato la carità, perché non arriva a toccare il cuore del povero, non tenendo conto della dignità umana, come fa la vera carità cristiana. Dove non basta la carità incombe allo Stato il grave dovere di sollevare i poveri, sia aiutando le istituzioni private di carità, sia organizzando l’assistenza pubblica.
Dal Dizionario di Teologia morale, Roberti - Palazzini, Studium, Roma, imprimatur 1957, pagine 1049 e 1050.