Ora, che poi il nostro Salvatore, come dissi, per tutti sia morto, e che per la salute di ciascun Uomo abbia offerto all’Eterno Padre l’opera della sua Redenzione, ce ne assicurano le Divine Scritture: Venit Filius hominis salvare quod perierat (Matth. 18. 11). Qui dedit redemptionem semet ipsum pro omnibus (1. Tim. 2. 6). Pro omnibus mortuus est Christus, ut et qui vivunt, non jam sibi vivant, sed ei qui pro ipsis mortuus est (2. Cor. 5. 15). In hoc enim laboramus, et maledicimur, quia speramus in Deum vivum, qui est Salvator omnium hominum, maxime fidelium (1. Tim. 4. 10). Et ipse est propitiatio pro peccatis nostris; non pro nostris autem tantum, sed etiam pro totius mundi (1. Jo.). Caritas enim Christi urget nos, existimantes hoc, quoniam si unus pro omnibus mortuus est, ergo omnes mortui sunt (2. Cor. 5. 14). E parlando solamente di questo ultimo passo, domando come mai l’Apostolo dalla ragione, perché Gesù Cristo è morto per tutti, potrebbe dedurre che tutti erano morti, se non avesse per certo che Gesù Cristo veramente per tutti è morto? Tanto più che san Paolo dalla stessa ragione ne deduce l’amore, che questa verità accende in noi verso il nostro Salvatore. Ma soprattutto, a spiegare il desiderio e volontà che ha Dio di salvare tutti, vale quel che dice lo stesso Apostolo (Rom. 8 32): Qui etiam proprio Filio suo non perpecit, sed pro nobis omnibus tradidit illum. E fanno maggior forza le parole che seguono: Quomodo non etiam cum illo omnia nobis donavit? Se Dio ci ha donato tutto come poi dobbiamo temere, che ci abbia negato l’elezione alla Gloria, colla condizione non però della nostra corrispondenza? E se ci ha donato il Figlio, dice il dotto Cardinale Sfondrati, come ci negherà la grazia a salvarci? Hic diserte nos instruit (dice il suddetto Autore, parlando di san Paolo) Deum nos certos facere, non negaturum minus, qui dedit majus, non negaturum gratiam ad salvandum, qui dedit Filium ut salvaremurad. Ed in verità, come san Paolo poteva dire, che Iddio donandoci il Figlio ci ha donato tutto, se avesse creduto l’Apostolo, che il Signore ha esclusi molti dalla Gloria, ch’è l’unico bene, e l’unico fine per cui ci ha creati? A questi stessi molti dunque il Signore ha donato tutto, e poi ha loro negato il meglio, ch’è la Beatitudine eterna, senza la quale (giacché non v’è via di mezzo) non possono essere che eternamente infelici? Se pure non vogliamo dire un’altra cosa più disconvenevole, come ben riflette un altro dotto Autore, che Dio doni a tutti la grazia a conseguire la Gloria, ma neghi poi a molti l’entrata a goderla: doni il mezzo ma neghi il fine. Del resto tutti i santi Padri concordano nel dire, che Gesù Cristo è morto per ottenere a tutti la salute eterna. San Girolamo: Christus pro omnibus mortuus est: solus inventus est, qui pro omnibus, qui erant in peccatis mortui, offerretur. Sant’Ambrogio: Venit (Christus) ut vulnera nostra curaret; sed quia non omnes medicinam expetunt... ideo volentes curat, non adstringit invitos. In altro luogo: Omnibus opem sanitatis detulit, ut quicumque perierit, mortis suae causas sibi adscribat, qui curari noluit, cum remedium haberet. Christi autem manifesta in omnes praedicetur misericordia, qui omnes homines vult salvos fieri. Ed in altro luogo più chiaramente: Non ad unum quidem, non ad paucos, sed ad omnes testamentum suum scripsit Jesus, omnes scripti haeredes sumus; testamentum commune est, et jus omnium; haereditas universorum, et soliditas singulorum. Si noti, omnes scripti haeredes sumus; sicché il Redentore tutti ci ha scritti suoi eredi del Cielo. San Leone: Sicut Christus nullum a reatu liberum reperit, ita liberandis omnibus venit. Sant’Agostino su quelle parole di san Giovanni (cap. 3. v. 17) Non enim misit Deus Filium suum, ut judicet mundum, sed ut salvetur mundus per ipsum, dice il Santo: Ergo, quantum in Medico est, sanare venit aegrotum. Si noti, quantum in Medico est; dunque efficacemente in quanto a Sé vuole Iddio la salute di tutti, ma non può guarire (come soggiunge sant’Agostino) chi non vuol esser guarito: Sanat omnino Ille, sed non sanat invitum. Quid enim in te beatius, quam ut tanquam in manu tua vitam, sic in voluntate tua sanitatem habeas? Dicendo dunque il Santo, sanat, parla dei peccatori che sono infermi, ed inabili a procurare colle loro forze la salute: dicendo omnino, dichiara che niente manca per parte di Dio, acciocché i peccatori si sanino, e si salvino: dicendo poi, in manu tua vitam, sic in voluntate tua sanitatem habeas, dichiara che Dio con vera volontà ci vuol salvi per parte sua tutti, altrimenti non sarebbe in mano nostra l’acquistare la sanità, e la vita eterna. In altro luogo: Qui nos tanto pretio redemit, non vult perire, nec enim emit quos perdat, sed emit quos vivificet. Ci ha redenti tutti, per salvarci tutti. E quindi anima tutti a sperare la Beatitudine eterna con quella celebre sentenza: Erigat se humana fragilitas; non dicat, non ero beatus... Plus est quod (Christus) fecit, quam quod promisit. Quid fecit? Mortuus est pro te. Quid promisit? quod vives cum Illo. Alcuni han voluto dire, che Gesù Cristo ha offerto il Sangue per tutti, al fine di ottenere loro la grazia, ma non la salute. Ma il Petrocorense, parlando contro di costoro, non può soffrire questa opinione, ed esclama: O contentiosam nugacitatem! Quomodo Dei Sapientia medium salutis voluit, et non finem salutis?. Sant’Agostino inoltre, parlando contro i Giudei, dice: Agnoscitis latus quod pupugistis, quoniam et per vos, et propter vos apertum est. Se Gesù Cristo non avesse veramente dato il Sangue per tutti, avrebbero potuto rispondere i Giudei a sant’Agostino, essere ben vero ch’essi hanno aperto il Costato del Signore, ma non già che per essi è stato aperto. San Tommaso similmente non dubita, che Gesù Cristo sia morto per tutti, e da ciò ne deduce ch’Egli vuol salvi tutti: Christus Jesus est mediator Dei et hominum, non quorumdam, sed inter Deum et omnes homines, et hoc non esset, nisi vellet omnes salvare. Ciò si conferma (come già di sopra si è detto) dalla dannazione della quinta Proposizione di Giansenio, che diceva: Semipelagianum est dicere, Christum pro omnibus hominibus mortuum esse, aut sanguinem fudisse. Il senso di questa Proposizione, secondo il contesto delle altre Proposizioni dannate e secondo i principi di Giansenio, è questo: “Gesù Cristo non è morto per meritare a tutti le grazie sufficienti alla salute, ma solamente ai Predestinati”, com’esso Giansenio l’espresse chiaramente in un luogo dove scrisse così: Nullo modo ejus (scil. Augustini) principiis consentaneum est, ut Christus Dominus vel pro Infidelium in infidelitate morientium, vel pro Justorum non perseverantium aeterna salute mortuum esse, et Sanguinem fudisse sentiatur. Il contrario senso dunque Cattolico è questo: Non è semipelagiano, ma è giusto il dire, che Gesù Cristo è morto per meritare, non solo a’ Predestinati, ma a tutti ed anche ai Reprobi le grazie per conseguire secondo la presente providenza la salute eterna. Inoltre, che Dio veramente dalla parte sua voglia salvi tutti, e che Gesù Cristo per la salute di tutti è morto, ce ne assicura il precetto della Speranza, che a tutti il Signore c’impone. La ragione è chiara. San Paolo chiama la Speranza Cristiana Ancora dell’Anima, sicura e ferma: Qui confugimus ad tenendam propositam spem, quam sicut anchoram habemus animae tutam ac firmam (Heb. 6. 18). Ora, dove avremmo noi quest’ancora sicura e ferma della nostra Speranza, se non sulla verità che Dio vuol tutti salvi? Qua fiducia (dice il Petrocorense) Divinam Misericordiam sperare poterunt homines, si certum non sit quod Deus salutem omnium eorum velit? Qua fiducia Christi mortem Deo offerre, ut indulgentiam consequantur si incertum est, an pro ipsis oblata sit? E il Cardinal Sfondrati dice, che se mai Dio altri avesse eletti alla Vita eterna, ed altri esclusi, noi avremmo maggior motivo di disperare, che di sperare, vedendo già infatti, che sono molto meno gli Eletti che i Dannati. Nemo firmiter (dice il suddetto Autore) sperare posset, dum ei plura desperandi quam sperandi fundamenta suppetunt; nam multo plures sunt Reprobi, quam Electi. E se Gesù Cristo non fosse morto per la salute di tutti, come noi potremmo aver certo fondamento di sperare la salute per i Meriti di Gesù Cristo, senza una special rivelazione? Ma sant’Agostino di ciò non dubitò dicendo: Omnis namque spes, et Fidei certitudo mihi est in pretioso Sanguine Christi, qui effusus est propter nos et propter nostram salutem. Sicché il Santo perciò metteva tutta la sua speranza nel Sangue di Gesù Cristo, perché la Fede l’assicurava che Gesù Cristo era morto per tutti. Ma ci toccherà a meglio esaminare questa ragione della Speranza nel Capo IV quando parleremo del Punto principale, cioè che la grazia della Preghiera è data a tutti. ...
Del gran mezzo della Preghiera
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