Io non intendo qui di riprovare la sentenza, che vuol la predestinazione alla Gloria avanti la previsione dei meriti; dico solo che non so comprendere, come coloro, i quali vogliono che Dio senza alcun riguardo ai meriti abbia eletti alcuni alla Vita eterna, ed altri esclusi, possano poi persuadersi ch’Esso voglia salvi tutti; se pur non intendano, che questa volontà di Dio non sia vera e sincera, ma più presto una volontà ipotetica, o metaforica. Non intendo, dico, come mai possa asserirsi, che Dio voglia tutti gli Uomini salvi, e partecipi della Gloria, quando da Esso la maggior parte di loro fossero stati già antecedentemente ad ogni loro demerito da questa Gloria esclusi. Dice Petavio in difesa della sua sentenza contraria: A che serviva, dice, l’aver dato Iddio a tutti gli Uomini il desiderio della Beatitudine eterna, quando antecedentemente ad ogni loro demerito da quella ne avesse esclusi la maggior parte? Che serviva a Gesù Cristo, il venire a salvare tutti colla sua Morte, quando già prima ne fossero stati da Dio privati tanti miserabili? A che serviva dar loro i mezzi, se prima già fossero stati esclusi dal conseguimento del fine? Che per ciò aggiunge lo stesso Petavio (e questa è una riflessione di gran peso) e dice, che se mai ciò fosse stato, dovremmo dire che quel Dio il quale ama tutte le cose da lui create, creando poi gli Uomini, non li avrebbe tutti amati, ma per la maggior parte li avrebbe al sommo odiati, escludendoli dalla Gloria, per la quale gli aveva creati. È certo che la felicità della creatura consiste nel conseguire il fine, per cui ella è creata. È certo, al contrario, che Iddio crea tutti gli Uomini per la Vita Eterna. Ora se Iddio avesse creato alcuni Uomini per la Vita eterna, e poi senza riguardo alle loro colpe li avesse esclusi da quella, egli nel crearli li avrebbe gratis sommamente odiati, facendo loro il maggior danno che mai avesse potuto incorrere, qual è l’esser esclusi dal conseguimento del loro fine, cioè dalla Gloria per cui erano stati creati. Non enim (son le parole di Petavio, ma raccorciate) medio quodam modo amorem inter et odium circa creaturas potest affici Deus, maxime circa homines, quos vel amat ad Vitam aeternam, vel odit ad damnationem. Est autem summum hominis malum alienari a Deo, ac reprobari. Quare, si cui Deus sempiternum vult exitium Animae, hunc non amat, sed odit odio illo, quod esse maximum potest in eo genere, quod naturalem ordinem excedit. E per quell’eterna rovina (sempiternum exitium) non intende già l’Autore la positiva dannazione, che Iddio destini ad alcuno, ma l’esclusione della Gloria, poiché infatti, dice Tertulliano, cosa mai gioverebbe a noi il non averci Dio creati per l’Inferno, quando nel crearci ci avesse esclusi dal numero degli Eletti? Giacché l’esser separato dagli Eletti importa necessariamente il perdere la salute, e dannarsi, mentre fra l’uno e l’altro non v’è mezzo. Quis erit enim (scrive Tertulliano) exitus segregatorum? nonne amissio salutis? Quindi conclude Petavio: Quamobrem, si omnem Deus amat hominem eo affectu, qui merita illorum antecedit, non eorum odit Animam, ac proinde non summum vult illis malum. Se dunque Iddio ama tutti gli Uomini, com’è certo, dobbiamo tenere che tutti voglia salvi, e che nessuno mai abbia odiato a tal segno, che gli abbia voluto questo gran male di escluderlo dalla Gloria, prima di prevedere i suoi demeriti. Dico non però, e replico sempre, ch’io non lo so intendere; poiché del resto, essendo questo affare della Predestinazione un arcano sì profondo, che fece dire all’Apostolo: O altitudo divitiarum sapientiae et scientiae Dei, quam incomprehensibilia sunt judicia ejus, et investigabiles viae ejus! Quis enim cognovit sensum Domini? (Rom. 11. 33). Dobbiamo sottometterci al volere del Signore, che ha voluto lasciare nella Chiesa oscuro questo mistero, acciocché tutti ci umiliamo sotto gli alti giudizi della sua Divina Provvidenza. Tanto più che la Divina Grazia, per cui solamente può acquistarsi dagli Uomini la Vita eterna, questa senza dubbio si dispensa più o meno abbondantemente da Dio affatto gratis, e senza alcun riguardo ai nostri meriti. Ond’è che per salvarci sempre sarà necessario che ci buttiamo nelle braccia della Divina Misericordia, affinché ci assista colla sua Grazia ad acquistare la salute, confidando sempre nelle sue infallibili promesse di esaudire e salvare chi lo prega. ...
Del gran mezzo della Preghiera
Del gran mezzo della Preghiera, Parte II. Preliminare, parte 3
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