Fu già errore dei Pelagiani il dire, che l’Orazione non è necessaria a conseguire la salute. Diceva l’empio loro Maestro Pelagio, che l’Uomo in tanto solamente si perde, in quanto trascura di conoscere le verità necessarie a sapersi. Ma gran cosa diceva sant’Agostino: Omnia (Pelagius) disputat, quam ut oreta. Pelagio d’ogni altra cosa voleva trattare fuorché dell’Orazione, ch’è l’unico mezzo (come teneva ed insegnava il Santo) per acquistare la Scienza de’ Santi, secondo quel che scrisse già san Giacomo: Si quis indiget sapientia, postulet a Deo, qui dat omnibus affluenter, nec improperat. (Jac. 1, 6). Sono troppo chiare le Scritture, che ci fan vedere la necessità che abbiamo di pregare, se vogliamo salvarci. Oportet semper orare, et non deficere (Luc. 18, 1). Vigilate, et orate, ut non intretis in tentationem (Matth. 26, 41). Petite, et dabitur vobis (Matth. 7, 7). Le suddette parole Oportet, Orate, Petite, come vogliono comunemente i Teologi, significano ed importano precetto e necessità. Vicleffo diceva, che questi testi s’intendevano, non già dell’Orazione, ma solamente della necessità delle buone opere, sicché il pregare in suo senso non era altro che il bene operare; ma questo fu suo errore, e fu condannato espressamente dalla Chiesa. Onde scrisse il dotto Leonardo Lessio non potersi negare senza errare nella Fede, che la Preghiera agli Adulti è necessaria per salvarsi; costando evidentemente dalle Scritture, essere l’Orazione l’unico mezzo per conseguire gli aiuti necessari alla salute: Fide tenendum est Orationem Adultis ad salutem necessariam, ut colligitur ex Scripturis; quia Oratio est medium, sine quo auxilium ad salutem necessarium obtineri nequit. La ragione è chiara. Senza il soccorso della Grazia noi non possiamo fare alcun bene. Sine me nihil potestis facere (Jo. 15, 5). Nota sant’Agostino su queste parole, che Gesù Cristo non disse, niente potere compire, ma niente fare: Non ait perficere, sed facere. Per darci con ciò ad intendere il nostro Salvatore, che noi, senza la Grazia neppure possiamo cominciare a far il bene. Anzi scrisse l’Apostolo, che da per noi neppure possiamo aver desiderio di farlo: Non quod sufficientes simus cogitare aliquid a nobis, sed sufficientia nostra ex Deo est (2. Cor. 3, 58). Se dunque non possiamo neanche pensare al bene tanto meno possiamo desiderarlo. Lo stesso ci significano tante altre Scritture: Deus operatur omnia in omnibus (1. Cor. 12, 79). Faciam ut in praeceptis meis ambuletis, et judicia mea custodiatis, et operemini (Ezech. 36, 27). In modo, che, siccome scrisse san Leone I Nulla facit homo bona, quae non Deus praestet, ut faciat homo. Noi non facciamo alcun bene, fuori di quello che Dio con la sua grazia ci fa operare. Onde il Concilio di Trento nella Sess. 6. Can. 3. disse: Si quis dixerit, sine praeveniente Spiritus Sancti inspiratione, atque ejus adjutorio, hominem credere, sperare, diligite, aut poenitere posse, sicut oportet, ut ei justificationis gratia conferatur, anathema sit. L’Autore dell’Opera imperfetta, parlando dei bruti, dice che il Signore altri ha provveduti di corso, altri di unghie, altri di penne, acciocché così possano conservare il loro essere; ma l’Uomo poi l’ha formato in tale stato, ch’esso solo Dio fosse tutta la di lui virtù: Alios munivit cursu, alios unguibus, alios pennis. Hominem autem sic disposuit, ut virtus illius Ipse sitd. Sicché l’Uomo è affatto impotente a procurare la sua salute, poiché ha voluto Iddio, che quanto ha, e può avere tutto lo riceva dal solo aiuto della sua Grazia. Ma questo aiuto della Grazia il Signore di provvidenza ordinaria non lo concede, se non a chi prega, secondo la celebre sentenza di Gennadio: Nullum credimus ad salutem, nisi Deo invitante, venire; nullum invitatum salute suam, nisi Deo auxiliante, operari; nullum, nisi orantem, auxilium promereri. Posto dunque da una parte, che senza il soccorso della Grazia niente noi possiamo; e posto dall’altra, che tal soccorso ordinariamente non si dona da Dio se non a chi prega, chi non vede dedursi per conseguenza, che la Preghiera ci è assolutamente necessaria alla salute? È vero che le prime grazie, le quali vengono a noi senza alcuna nostra cooperazione, come sono la vocazione alla Fede, o alla penitenza, dice sant’Agostino che Dio le concede anche a coloro che non pregano; nulladimeno tiene per certo poi il Santo, che l’altre grazie (e specialmente il dono della Perseveranza) non si concedono, se non a chi prega: Deum nobis dare aliqua etiam non orantibus, ut initium Fidei; alia non nisi orantibus praeparasse, sicut Perseverantiamf. Ond’è che i Teologi comunemente con san Basilio, il Grisostomo, Clemente Alessandrino, ed altri col medesimo sant’Agostino, insegnano che la Preghiera agli Adulti è necessaria non solo di necessità di precetto, come abbiamo veduto, ma anche di mezzo, viene a dire, che di provvidenza ordinaria un Fedele senza raccomandarsi a Dio, con cercargli le grazie necessarie alla salute, è impossibile che si salvi. Lo stesso insegna san Tommaso dicendo: Post Baptismum autem necessaria est homini jugis oratio, ad hoc quod Caelum introeat; licet enim per Baptismum remittantur peccata, remanet tamen fomes peccati nos impugnans interius, et Mundus, et Daemones qui impugnant exterius. La ragione dunque, che ci fa certi secondo l’Angelico della necessità che abbiamo della Preghiera, eccola in breve: Noi per salvarci dobbiamo combattere, e vincere: Qui certat in agone non coronatur nisi legitime certaverit (2. Tim. 2, 5). All’incontro senza l’aiuto Divino non possiamo resistere alle forze di tanti e tali nemici: ora questo aiuto Divino solo per l’Orazione si concede: dunque senza Orazione non v’è salute. Che poi l’Orazione sia l’unico ordinario mezzo per ricevere i Divini doni, lo conferma più distintamente il medesimo santo Dottore in altro luogo ...
Della necessità della preghiera. Da Del gran mezzo della preghiera, sant’Alfonso Maria de’ Liguori. SS n° 1, p. 7