Immediatamente soggiunse il Santo Dottore: Videamus unde (cioè, come l’Uomo può fare quel che non può?) medicina poterit, quod vitio non potest. E vuol dire, che colla Preghiera otteniamo il rimedio della nostra debolezza, poiché, pregando noi, Iddio ci dona la forza a fare quel che noi non possiamo. Non possiamo già credere, segue a parlare sant’Agostino, che il Signore abbia voluto imporci l’osservanza della legge, e che poi ci abbia imposto una legge impossibile; e perciò dice il Santo, che allorché Dio ci fa conoscere impotenti ad osservare tutti i Suoi Precetti, Egli ci ammonisce a far le cose facili colla grazia ordinaria, che ci dona, ed a far poi le cose difficili coll’aiuto maggiore, che possiamo impetrare per mezzo della Preghiera: Eo ipso quo firmissime creditur Deus impossibilia non potuisse praecipere, admonemur et in facilibus quid agamus, et in difficilibus quid petamusr. Ma perché (dirà taluno) ci ha comandato Dio cose impossibili alle nostre forze? Appunto per questo, dice il Santo, acciocché noi attendiamo ad ottenere coll’Orazione l’aiuto per fare ciò che non possiamo: Jubet aliqua, quae non possumus, ut noverimus quid ab illo petere debeamuss. Ed in altro luogo: Lex data est, ut gratia quaereretur, gratia data est, ut lex implereturt. La legge non può osservarsi senza la grazia, e Dio a questo fine ha data la legge, acciocché noi sempre lo supplichiamo a donarci la grazia per osservarla. In altro luogo dice: Bona est lex, si quis ea legitime utatur. Quid est ergo legitime uti lege? E risponde: Per legem agnoscere morbum suum, et quaerere ad sanitatem Divinum adjutoriumu Dice dunque sant’Agostino, che noi dobbiamo servirci della legge, ma a che cosa? A conoscere per mezzo della legge (a noi impossibile) la nostra impotenza ad osservarla, acciocché poi impetriamo col pregare l’aiuto Divino, che sana la nostra debolezza. Lo stesso scrisse san Bernardo dicendo: Qui sumus nos, aut quae fortitudo nostra, ut tam multis tentationibus resistere valeamus? Hoc erat certe, quod quaerebat Deus, ut videntes defectum nostrum, et quod non est nobis auxilium aliud, ad ejus Misericordiam tota humilitate curramusv. Conosce il Signore, quanto utile sia a noi la necessità di pregare, per conservarci umili, e per esercitare la confidenza; e perciò permette che ci assaltino nemici insuperabili dalle nostre forze, affinché noi colla Preghiera otteniamo dalla Sua Misericordia l’aiuto a resistere. Specialmente avvertasi, che niuno può resistere alle tentazioni impure della carne, se non si raccomanda a Dio, quando è tentato. Questa nemica è sì terribile, che quando ci combatte, quasi ci toglie ogni luce; ci fa scordare di tutte le meditazioni, e buoni propositi fatti, e ci fa vilipendere ancora le verità della Fede, quasi perdere anche il timore dei castighi Divini: poiché ella si congiura coll’inclinazion naturale, che con somma violenza ne spinge ai piaceri sensuali. Chi allora non ricorre a Dio, è perduto. L’unica difesa contro quella tentazione è la Preghiera, dice san Gregorio Nisseno: Oratio pudicitiae praesidium est. E lo disse prima Salomone: Et ut scivi, quoniam aliter non possem esse continens, nisi Deus det... adii Dominum, et deprecatus sum illum (Sap. 8,21). La castità è una virtù, che noi non abbiamo forza di osservarla se Dio non ce la concede, e Dio non concede questa forza, se non a chi la domanda. Ma chi la domanda, certamente l’otterrà. ...
Della necessità della preghiera (Parte 3). Da Del gran mezzo della preghiera, sant’Alfonso Maria de’ Liguori. SS n° 3, p. 7 - 8