Fortes in Fide, don A. Bussinello, S.A.T., Vicenza, 1922. Il grappino. Dopo che il Signore ebbe creati gli Angeli, li mise alla prova per vedere chi a Lui restasse fedele: si trattava di dar loro un premio eterno, di assumerli dall’ordine della grazia a quello della gloria; ma prima Iddio li volle provare. Anche noi prima di dare il premio ad uno, lo mettiamo alla prova per conoscere se veramente lo merita. Così ad una disputa di dottrina o di scuola si dà il premio a chi ha più studiato, a chi fu più fedele alle lezioni, traendone profitto; in una corsa di biciclette a chi passa primo il traguardo; in una lotta si premia il più forte, ecc. Prima di dare il premio si prova sempre il concorrente. Così il Signore ha fatto con gli Angeli, in modo, si capisce, più elevato e sublime; così ha fatto poi con Adamo ed Eva, come vedremo, e così fa con noi. Dà il premio sì, e premio eterno, ma a chi se lo merita, a chi vince la prova. Gli Angeli, essendo spiriti puri, non potevano mancare alla prova abbassandosi alle cose della terra, che per loro sono vanità e bruttura; usi alle bellezze e grandezze del Cielo, non potevano che avere ‘schifo’ delle cose di quaggiù... Gli Angeli non potevano peccare che di superbia e d’invidia: e qui Iddio li provò. La prova. Non conosciamo con certezza la prova a cui vennero sottoposti, ma molti scrittori sacri ritengono che, appena creati gli Angeli, Iddio manifestasse loro che un giorno, nel lungo volgere dei secoli, la seconda Persona della SS. Trinità si sarebbe incarnata e fatta uomo, e che essi quindi avrebbero dovuto adorare e servire l’Uomo-Dio. [Probabilmente, ndR] Non ci volle che questo perché Lucifero, il più bello tra gli Angeli, si ribellasse al comando del Signore e fosse seguito da una gran schiera di Angeli. Alla mancanza fu pronto il castigo: Iddio creò sull’istante l’inferno e vi cacciò tutti i ribelli, che da Angeli vennero cambiati in demoni. Il grappino. Da allora incominciò l’odio del diavolo contro di noi. [...] Iddio creò il primo uomo e la prima donna, eccolo pronto Satana a spingerli alla disubbidienza verso il Creatore, e continuò poi e continua la sua opera bugiarda ed empia per rovinare le anime e trascinarle con lui all’inferno. C’è dunque il grappino? Così chiamava il diavolo il santo Curato d’Ars, al quale appariva tanto spesso nei modi più strani. - Se c’è? Altro se c’è!... Ce lo dice il Signore nella Scrittura Sacra, lo han visto sotto diverse forme orribili tanti santi ed anche non santi, e lo proviamo anche noi nelle tentazioni che ci assalgono per farci offendere il Signore. Chi è che ci mette in testa quei pensieri di cose sporche o ci fa dubitare della fede? Il grappino, il diavolo. Chi è che ci fa incontrare in quel compagno dall’anima indemoniata? È lui, il diavolo. Chi è che c’insegna ad offendere Iddio, l’Onnipotente, con la bestemmia? Il diavolo. Anche questo solo fatto della bestemmia nel mondo ci convince dell’esistenza del diavolo, perché il fatto sì stupido, sì incivile, sì mostruoso, sì diabolico di una creatura che offende il proprio Creatore, l’uomo non l’avrebbe mai inventato, senza la spinta ed il suggerimento di Satana. La bestemmia è uscita dall’inferno ed il diavolo ride nel sentire tanti che oggi parlano il suo stesso linguaggio: egli odia Iddio e cerca farlo odiare da tutti. Paura. Dobbiamo aver paura del demonio? Sì, o giovani, e molta. Non quella paura sciocca di tanti fanciulli che guardano se il diavolo è sotto il letto e per terrore ficcano la testa sotto le coperte; non la paura delle donnette che fanno gli scongiuri contro chi immaginano indemoniati; ma dobbiamo avere un salutare timore, una vera paura di commettere ciò che il diavolo ci suggerisce per trascinarci con lui. Pensiamo che egli ha un’intelligenza perspicace, una furberia matricolata, una perfidia senza pari; ricordiamo che egli è il padre della menzogna e della frode: non c’è mezzo ch’egli non adoperi per legarci al suo carro, ed una volta legati, oh, è ben difficile sfuggirgli! Però, senza il permesso di Dio, non può farci male alcuno. È come il cane alla catena, abbaia, ulula, tenta slanciarsi, morde il freno, ma non può far altro: addenta solo l’imprudente che gli si avvicina. Non ti temo, grappino diceva sorridendo il santo Curato d’Ars, io ho un potere che ti vince! E lo cacciava con l’acqua santa o col segno di Croce. Esempio: Il Curato d’Ars e D. Bosco. Nella vita del B. Giammaria Vianney, morto nel 1859 ad Ars in Francia, dov’era curato, leggiamo che venne tormentato per 35 anni dal demonio. D’ordinario, a mezzanotte, tre gran colpi alla porta avvertivano la presenza del nemico. Una spinta alla porta della camera diceva che qualcuno entrava, e, senza che la porta si aprisse, lo spirito maligno era già nella stanza, si attaccava alle cortine del letto e le scuoteva con furia, faceva danzare le sedie, cambiava di posto ai mobili, insultava il santo Curato chiamandolo mangiatore di tartufi e dicendogli che un giorno sarebbe andato all’inferno con lui. Altre volte il demonio imitava una carica di cavalleria od il rumore di un esercito in marcia, oppure pareva conficcasse dei chiodi sul pavimento, batteva sulle secchie, sulla tavola, sul camino... faceva insomma un tale sconquasso che era impossibile chiudere occhio. Parecchi giovanotti si protersero a far guardia al santo uomo, ma poi fuggirono spaventati. Quando però egli conobbe la causa vera di tutti quei dispetti, non volle più alcuno e si affidò tutto al Signore. Una cosa simile accadde ad un altro santo Prete, al Ven. Don Bosco, morto nel 1888. Al diavolo non garbava tutto il bene che Don Bosco faceva tra i giovani e con la paura voleva farlo desistere. Dal primo anno che dal Rifugio portò la sua abitazione in casa Pinardi a Torino, tutte le notti udiva sopra il solaio della stanza un rumore continuato, rimbombante, che non lo lasciava dormire. Pareva che qualcuno sollevasse dei grossi macigni e li lanciasse, a tutta forza, sul pavimento di legno. Sulle prime Don Bosco pose sul solaio alcune trappole, credendo trattarsi di grossi topi o di gatti, ma nessun animale restò preso. Pose allora qua e là delle noci, dei pezzi di pane e di formaggio, ma rimasero intatti. Non sapendo spiegare il fenomeno, cambiò stanza, ma il chiasso indiavolato continuava anche sopra di essa. Non potendo né dormire né riposare Don Bosco diveniva ogni giorno più pallido e sofferente. Qualche volta la mamma sua alla sera gli entrava in camera, e fissi gli occhi al soffitto, gridava: ma brutte bestie, finitela una buona volta, lanciate in pace il povero Prete! Finalmente un giorno Don Bosco fece praticare da un muratore un gran buco nel solaio, vi assestò bene una scala, pronto a salire al primo colpo per cercare di scoprire qualche cosa. Ed ecco al primo colpo terribile Don Bosco è già sul solaio con una candela in mano; ma non vede essere vivente. Convinto allora che quei disturbi venivano dallo spirito delle tenebre, appese al solaio un’immaginetta della Madonna, pregandola a voler liberarlo da quella seccatura e non sentì più nulla. Sono tanto belle le vite di questi santi uomini, che tutti dovreste leggerle! Chi le vuole venga da me. Pratica. Giovani, ricordiamo che dove si presenta il male c’è sempre la coda del grappino! Iddio permette che ci tenti per provarci se siamo forti nella virtù e per farci acquistare dei meriti, ma noi dobbiamo cacciarlo subito col segno di Croce, con l’invocare i Nomi santissimi di Gesù e di Maria e col ricorrere all’Angelo Custode. Chi si lascia legare alla coda del diavolo è un povero infelice che andrà un giorno a tenergli compagnia.