Sono parecchie feste, o giovani, che abbiamo incominciato la spiegazione del Credo e siamo ancora alle prime parole; d’ora innanzi però accelereremo un poco, senza fermarci su tanti particolari. Godo di dirvi che sono contento, perché tanti di voi stanno molto attenti ed imparano; me ne sono accorto nel chiedervi al dopo pranzo, durante la Dottrina, la ripetizione di quanto dico all’Oratorio. Così va bene, state sempre attenti e potrete molto imparare. Abbiamo visto finora la spiegazione delle parole Credo in Dio, vedremo oggi che significa la parola Padre. Padre. Nell’insegnarvi il Mistero della SS. Trinità vi ho detto che la prima Persona è il Padre: è Padre per natura di N. S. Gesù Cristo, ed è Padre di noi per creazione e per adozione. Che vuol dire? Statemi attenti! Per natura. Iddio è Padre per natura di N. S. Gesù Cristo, perché da tutta l’eternità lo ha generato. Come il Verbo Eterno, ossia N. S. Gesù Cristo, proceda dal Padre, non lo potremo mai capire, perché è avvolto nel sublime mistero che supera la nostra povera intelligenza. Adoriamo e crediamo! Per creazione. È più facile invece capire come Iddio sia Padre a tutti noi per creazione. Se Gesù, il Salvatore Divino, non ci avesse insegnato nel «Pater Noster» a chiamare Iddio col nome di Padre, nessuno certo avrebbe mai osato chiamarLo con tal nome di affetto. Questo dolce nome di Padre è parola che ci riempie di consolazione al solo pronunciarla, parola che ci fa innalzare la fronte e mirare le serene bellezze del Cielo, donde un Padre ci guarda e dove ci aspetta. «Padre nostro che sei nei cieli». Iddio ci è Padre perché ci ha creati a Sua immagine e somiglianza e provvede di continuo alla nostra esistenza, ed è Padre di tutto il creato perché fu Egli che tutto trasse dal nulla. La parola Padre dice bontà ed amore verso i figli. E noi, creature intelligenti, elevate sopra tutti gli esseri dell’universo, siamo in modo speciale oggetto della sollecitudine paterna di Dio. È facile comprenderlo. Noi per vivere abbiamo bisogno di cibo, di acqua, di luce, di aria, di vesti... ed il Padre celeste a tutto ha provveduto. La terra e gli animali ci danno il cibo e le vesti, il sole ci dà luce e calore, le fonti ci danno l’acqua per dissetarci, i monti ci danno sassi e metalli per fabbricarci le case e gli utensili necessari alla vita, le foreste danno ogni sorta di legname... Certo che Iddio è Padre buono, ma anche saggio e prudente, e se ci dà gratuitamente aria, luce ed acqua, perché da noi soli non potremmo mai procurarci tali cose, non ci dà però il cibo e le vesti senza la nostra cooperazione. «Aiutati che Iddio t’aiuta», dice il proverbio: ossia il Signore vuole che corrispondiamo al Suo aiuto, facendo quanto è possibile da parte nostra. Così Egli fa fruttificare la terra, ma vuole che noi la lavoriamo; fa crescere la lana alle pecore, le pelli agli animali, i tessuti alle piante, fa che il baco ci dia la seta, ma vuole che noi facciamo in modo da trarre il cuoio per le scarpe, i tessuti per le vesti; ci dà il legno, il ferro, l’argento, l’oro, ma vuole che da noi ce ne facciamo gli strumenti necessari al lavoro ed alla vita. Se la terra desse i frutti senza lavorarla, se le nostre case, le vesti, i diversi arnesi si facessero da se stessi, senza contadini, muratori, sarti, fabbri, falegnami, ecc., l’uomo cadrebbe nella barbarie, diventerebbe simile ai selvaggi dell’Africa, perché è il lavoro che lo nobilita e lo salva. Per adozione. È pur facile intendere come Iddio sia nostro Padre per adozione. Queste parole vogliono dire che, per i meriti di N. S. Gesù Cristo, il Signore ci tiene tutti per figli e ci ha fatti eredi del Suo Regno. Bisogna però che questa eredità eterna ce la meritiamo, tenendo una condotta di vita da veri figli buoni ed affettuosi. Ed invece? Quante volte noi ingrati perdiamo questa eredità del Paradiso, macchiando l’anima nostra col peccato ed offendendo questo Padre così buono, il quale, senza alcun nostro merito, dopo averci creati, ci ha adottati per figli, perché un giorno fossimo con Lui eternamente felici. Da ciò pensate, o giovani, ve lo accenno così di passaggio, quanto gran male e qual somma ingratitudine sia la bestemmia, questo linguaggio del demonio che offende direttamente e villanamente un Padre così buono che pensa di continuo a noi e che ci ha preparata e promessa un’eredità senza fine. Anche questo solo pensiero dovrebbe trattenerci sempre dalla bestemmia che ci degrada fino al livello del diavolo e ci fa suoi prossimi parenti nell’ingratitudine verso il Padre celeste. Esempio: Il figliuol prodigo. La bontà di Dio, nostro Padre affettuoso, ci è manifestata dallo stesso suo Figliuolo naturale, N. S. Gesù Cristo, nella commovente parabola del figliuol prodigo ch’Egli stesso ci racconta nel Vangelo. Vi fu dunque un padre molto ricco che ebbe due figli: l’uno buono e morigerato, l’altro cattivo e superbo. Questa secondo figlio, giunto all’età maggiore, stanco di stare nella casa paterna, domandò al vecchio padre la propria parte di eredità per passarsela allegramente con gli amici in paesi lontani. Immaginate quanto fece il povero vecchio perché il figlio non partisse; gli mostrò tutti i pericoli a cui andava incontro, gli ricordò quanto l’aveva sempre amato e come nulla gli mancasse nella casa paterna, ma tutto inutile, il figlio snaturato volle partire. In poco tempo però buttò in vizi e bagordi quanto aveva, e rimase sul lastrico. Gli amici che fino allora avevano mangiato alle sue spalle, come sempre succede, lo abbandonarono, e il giovane disgraziato, tanto largo con tutti, non trovava chi gli desse un tozzo di pane. Di lavorare non era capace, a chiedere l’elemosina aveva vergogna, sicché fu costretto ad offrire i suoi servigi ad un signore avaro, che lo mise a guardia di una mandria di porci. Ma la paga era misera, il cibo era scarso, ed il giovane disgraziato, spinto dalla farne, doveva tante volte saziarsi delle ghiande che mangiavano quegli immondi animali. E là, seduto su di un sasso, nelle lunghe ore di guardia, sotto i latrati della fame, pensava a casa sua, a suo padre che aveva lasciato in quel modo, pensava che là i cani stessi erano trattati meglio di lui, e... andrò, disse a se stesso, tornerò da mio padre! Ma... e se non vuole ricevermi?... Gli dirò che ho sbagliato, che ho peccato contro il Cielo e contro di lui, lo pregherò a tenermi non come figlio, ma come servo. Ma il vecchio padre appena scorse suo figlio così lacero e dimagrito, gli si gettò al collo, lo coprì di baci, lo vestì di nuovo, e imbandì un convitto d’allegria (San Luca XV,11-24). Nella persona di questo buon vecchio, Gesù Redentore raffigurava la bontà del Padre nostro che sta nei Cieli, che sente di amare anche chi si è da Lui brutalmente allontanato, pronto sempre ad accoglierlo con dolcezza e con bontà di Padre. Pratica. Giovani, ricordiamo sempre che Iddio è nostro Padre che tanto ci ama, e ricambiamoLo d’intenso affetto!
Il Credo all’oratorio. Il Padre. Da Fortes in Fide, don A. Bussinello, S.A.T., Vicenza, 1922. SS n° 12, p. 1 - 2