Ignoranza in alcuni, i quali, sovente ingannati da falsi maestri o da cattivi consiglieri, si danno a credere veramente che il cattolicesimo consenta quell’ampiezza di libertà di vivere, che essi usano, e che, sottoposto che sia una volta il capo alle credenze, tutto il rimanente sia un sovrappiù, buono se si vuole, ma certamente non necessario. Nel che, quanto si allontanino dalla verità è difficile a spiegarsi. Dato che la fede cattolica, alla quale dicono di star soggetti, insegna non solo verità speculative, ma ne aggiunge di molte pratiche; anzi non c’è nessuna verità, che sia tanto speculativa, che non abbia anche il suo lato pratico. Insegna, a ragione di esempio, che vi è un Dio uno e trino, ma vi aggiunge anche che in molti riti, cominciando dal Battesimo, se ne faccia esplicita professione. Insegna che la Messa è un vero Sacrificio, ma impone ancora, e per precetto divino, che vi si debba partecipare. Insegna che sono sette i Sacramenti, ma impone ancora ai fedeli, che, ai tempi posti e nelle circostanze assegnate, li debbano ricevere. Per comandamento divino abbiamo obbligo di confessarci, per comandamento divino di accostarci alla santa Eucaristia, per comandamento divino chi vuole legarsi in matrimonio è obbligato a farlo per la via del Sacramento, per divino comando siamo obbligati a digiunare, e così via per tutte le altre pratiche esteriori della fede. La religione cattolica è istituita così, e così vuol essere intesa: a nulla vale il dire, «io non la concepisco così». Quei motivi che ci obbligano a sottoporre il capo alle verità speculative, ci obbligano anche a sottoporre la volontà alle opere esteriori. E non è maggiormente di fede il mistero della Trinità sacrosanta o dell’Incarnazione divina, di quello che sia l’obbligo di confessarsi, di comunicarsi, di sentire Messa. Per concludere con costoro, dico che mentre essi si professano cattolici con la voce, non lo sono altrimenti nei fatti, poiché non potendosi avere la fede a pezzi, ed essendo essa o tutta intera o non essendovi per nulla, quando non riconoscono la divina autorità che impone leggi, non possono ammetterla quando impone credenze. Come si può credere in una credenza che è imposta da una certa autorità, e nel contempo non riconoscere le leggi della medesima autorità? Prosegue negli articoli odierni del Centro Studi Vincenzo Ludovico Gotti (tag Credente non praticante) ...
da Padre Franco «Risposte alle obiezioni più popolari contro la religione», ed. IV, Capo XLV, Roma, Civiltà Cattolica, 1864, con Imprimatur, dalla pagina 429 alla pagina 438
(a cura di CdP)