Lutero, che si sapeva perfettamente coperto dal suo principe elettore, sulle prime aveva, come Erasmo, fatto le viste di non credere che la bolla fosse genuina: la dichiarò un parto di Eck, che sotto questa finzione denigrò nel suo scritto: «Delle nuove bolle e bugie eckiane». Ma dopoché non gli fu dato di sostenere più a lungo l’apparenza del dubbio sulla genuinità, egli si scagliò con tanta maggior violenza contro il Papa. «Giammai dal principio del mondo», scriveva il 4 novembre 1520 allo Spalatino, «Satana ha parlato così svergognatamente contro Dio come in questa bolla. È impossibile che si salvi chi vi aderisce o non la combatte». II 17 novembre egli appellò dal Papa, ritenendolo «ingiusto giudice, eretico ed apostata impenitente, errante, condannato in tutta la Scrittura», ad un concilio ecumenico cristiano incitando l’imperatore, i prìncipi elettori e tutti i prìncipi ed autorità ad associarsi al suo appello, ad opporsi «al non cristiano procedere e violento delitto del Papa»: egli, Martin Lutero, rimette al giudizio di Dio chi segue il Papa. Nel libello fuor di misura passionato, che al principio di novembre venne pubblicato in latino e tedesco col titolo «Contro la bolla dell’anticristo», Lutero diede sfogo alla piena della sua ira. Partendo dalla sua usuale opinione che la sua propria dottrina sola sia la verità, egli dichiara che la bolla, la quale si oppone a questa sua verità, vuole costringere a rinnegare Dio e ad adorare il diavolo. Qualora il Papa coi suoi cardinali non aggiusti la cosa, egli ne reputa la cattedra sede dell’anticristo, lo condanna e lo consegna a Satana con questa bolla e con tutte le sue decretali. «Che miracolo sarebbe ora se prìncipi, nobiltà e laici assalissero ed esiliassero il Papa, i vescovi, i preti ed i monaci?». La bolla merita che «tutti i veri cristiani la calpestino coi piedi e rimandino a casa con zolfo e fuoco l’anticristo romano ed il dottor Eck, suo apostolo». «A piena dimostrazione della sua caparbietà», Lutero pubblicò un altro scritto nel quale difendeva ed in parte inaspriva gli articoli condannati.
Il 10 dicembre 1520 davanti la porta Elster a Wittenberg, in grande e solenne parata, circondato dagli studenti, Lutero bruciò la bolla papale coi libri del diritto canonico ed alcuni lavori dei suoi nemici, dicendo: «Poiché tu hai turbato il Santo del Signore, così il fuoco eterno ti molesti e consumi». Con quest’azione egli diede pubblicamente la più forte espressione alla sua rottura con la Chiesa. Il giorno dopo dichiarò ai suoi uditori nel collegio «che questo rogo non era che un’inezia; esser necessario che si abbruci il Papa stesso, cioè la sede papale; chi non s’oppone di tutto cuore al papato non può raggiungere l’eterna felicità». Nella dissertazione «Perché furono abbruciati da D. Martin Lutero i libri del Papa e dei suoi discepoli», pubblicata a giustificazione di questo passo, egli ragiona così: «Fin dall’antichità c’è stato l’uso di bruciare libri empi (Atti XIX, 19), [egli poi] come dottore di Sacra Scrittura [è] obbligato a sopprimere libri malvagi: che se altri per ignoranza o timore degli uomini tralasciano di farlo, [egli] perciò non è sciolto da tale obbligazione». A Colonia ed a Lovanio furono bruciati i suoi scritti, cosa, la quale presso gli indotti ha suscitato contro di essi un sospetto dannoso per lui: egli quindi «a conferma della verità ha bruciato con ragione, come spera, dietro ispirazione dello Spirito Santo, i libri dei suoi nemici». Il 27 novembre era scaduto il termine dei 60 giorni dall’affissione della bolla a Meissen, Merseburg e Brandenburg. II 3 gennaio 1521 colla bolla «Decet Romanum Pontificem» fu pronunciata la scomunica. La bolla del 3 gennaio 1521 escludeva definitivamente dalla Chiesa Lutero ed i suoi seguaci e nello stesso tempo toglieva a molti il pretesto che Lutero non fosse ancora condannato incondizionatamente dalla Santa Sede. Con questo documento lo stesso 3 di gennaio venne spedito anche un Breve speciale ad Alberto cardinale di Magonza nominato inquisitore generale per tutta la Germania, nonché ai nunzi Caracciolo, Aleandro ed Eck, col quale ricevevano pieni poteri per procedere energicamente contro tutti i luterani ostinati, anche qualora fossero ornati della dignità di prìncipi elettori, e per riconciliare i pentiti: il Papa riservava a sé solamente l’assoluzione di Lutero, Hutten, Pirkheimer e Splenger. Mentre questi due ultimi «non senza sensibile umiliazione personale invocarono l’assoluzione», Hutten pensava a tutt’altro che a simile passo. Il suo furore contro Roma non conosceva più confini di sorta, dacché un Breve pontifìcio del 20 luglio 1520 aveva incitato l’arcivescovo magontino a porre un termine alle pericolose mene di lui ed a procedere in caso di necessità con ogni rigore a suo riguardo. Hutten pubblicò la bolla papale con le più velenose osservazioni. Nella prefazione sollecitava tutti i Tedeschi a vendicare il documento, col quale il Papa voleva soffocare la nascente verità. La conclusione era formata da una lettera a Leone X in cui diceva: «è necessario porre fine e misura alla tua sfrontatezza e mettere un morso a simili bolle puerili e petulanti». [...].
Da «Storia dei Papi», di Ludovico barone Von Pastor, Volume IV, Parte I, Desclée Editori Pontifici, Roma, 1960, con Imprimatur, da pag. 267 a pag. 269.