Insegna san Pietro (II Pt. 2, 1-22, citazione e commenti da La Sacra Bibbia, Marietti, a cura e sotto la direzione di mons. Salvatore Garofalo, Imprimatur 1960, Vol. III, pag. 734 ss.): «Ma vi furono tra il popolo anche falsi profeti; così pure tra voi ci saranno falsi maestri, che introdurranno dannose fazioni e rinnegheranno il Padrone che li acquistò, attirando su se stessi una pronta rovina. E molti andranno dietro le loro dissolutezze e per causa loro la via della verità sarà calunniata. Per avidità vi sfrutteranno, per mezzo di false parole. Il giudizio su di essi già da tempo non sta ozioso e la loro rovina non sonnecchia. Se infatti Iddio non perdonò agli angeli peccatori, ma, gettatili nell’inferno, li consegnò ad abissi tenebrosi [...]; e se non perdonò al mondo antico, ma solo protesse, con altre sette persone, Noè, araldo di giustizia, adducendo un cataclisma sul mondo degli empi; e se condannò alla catastrofe dell’incenerimento le città di Sodoma e Gomorra, come esempio per quelli che in avvenire sarebbero vissuti da empi, mentre liberò il giusto Lot, oppresso per la condotta dissoluta degli scellerati - infatti, abitando in mezzo ad essi, questo giusto, giorno per giorno aveva l’anima retta tormentata dalla vista e dall’udito delle loro opere inique - vuol dire che il Signore sa liberare i pii dalla prova e riservare invece per il giorno del giudizio gli iniqui per castigarli, soprattutto quelli che, per passione impura, si abbandonano alla carne e sprezzano la Sovranità. Audaci e arroganti, non temono di insultare le Glorie [...]. Simili ad animali irragionevoli, guidati dal puro istinto, nati per essere catturati e perire, ingiuriano ciò che ignorano. Periranno della stessa perdizione di quelli, ricevendo così la paga che merita l’iniquità. Considerano piacere il godimento di un giorno. Qual fango che macchia e disonora, guazzano nei piaceri, mentre sono alla stessa mensa con voi. Hanno gli occhi pieni della donna adultera e insaziabili di peccato, adescano le anime deboli, hanno il cuore assuefatto alla cupidigia, sono dei maledetti. Abbandonata la retta via, essi si smarrirono seguendo le orme di Balaam, figlio di Bosor, che amò il salario di azioni inique. Ed ebbe scorno per la sua colpa: un muto giumento da soma, esprimendosi in voce umana, trattenne la demenza del profeta! Costoro sono fonti senz’acqua e nubi investite da una bufera; caligine e tenebre sono loro riserbate. Pronunciando discorsi gonfi di vanità, adescano con le concupiscenze della carne, con le dissolutezze, coloro che da poco si erano sottratti a quei che vivono nell’errore. Promettono loro libertà, mentre essi stessi sono schiavi della corruzione, giacché si rimane schiavi di chi ci ha vinto. Se, difatti, dopo aver fuggito le brutture del mondo con la conoscenza perfetta del Signore e Salvatore Gesù Cristo, vi si invischiano di nuovo e sono vinti, la loro condizione finale diventa peggiore di prima. Sarebbe stato meglio per essi non aver neppure conosciuto la via della giustizia, che, una volta conosciutala, voltar le spalle al santo comandamento loro trasmesso. Capitò loro ciò che dice quel giusto proverbio: Il cane è tornato al suo vomito e: “La scrofa lavata torna ad avvoltolarsi nel brago”». Ricchissimo di significato e di cronache, altamente profetico questo passo, ed ecco qui il nostro breve commento: «Tutto il capitolo è dedicato ai “falsi maestri”, dei quali [san Pietro Papa] predice la perniciosa influenza ma anche la pronta rovina. [...] La parola “popolo” designa Israele, in mezzo al quale ci furono “falsi profeti”. Anche al presente esistono tra i cristiani “falsi maestri”. [...] Il “Padrone che li acquistò” è Cristo salvatore, paragonato ad un padrone che acquista schiavi. I “falsi maestri” sono dunque dei veri eretici, perché negano la redenzione, la quale ha conferito a Cristo il dominio sovrano sull’umanità (cf. Giuda v. 4). L’immoralità degli eretici è denunciata anche da Giuda vv. 4.7 ecc. [...] Movente dell’attività degli eretici è l’avidità. [San] Pietro nella prima epistola aveva ammonito i presbiteri a fuggire l’interesse. Il giudizio di condanna, che segna la rovina di questi apostati, è già pronunciato [...]. Incomincia qui un lungo periodo: [...] Terzo esempio è la punizione di Sodoma e Gomorra (Gen. c. 19). Il tema si trova già sulle labbra di Gesù: Mt. 10,15; 11,23-24; Lc. 10,12. Giuda (v. 7) usa un linguaggio più crudo. Con i castighi contro gli empi, è ricordata la misericordia verso i giusti: Lot, ad esempio, [è] una figura, tra i suoi contemporanei, analoga a quella di Noè. [...] Le tre accuse di [san Pietro Papa] contro gli eretici: immoralità, disprezzo della Sovranità, bestemmia delle Glorie, erano già state formulate appunto da Giuda v. 8. [...] I “falsi maestri” approfittano della cordialità dei banchetti per indurre i fedeli ai loro stessi disordini. Nel passo parallelo di Giuda v. 12 si parla espressamente delle “agapi” della comunità cristiana. [...] Il concetto illustrato è la fallacia e vanità dell’insegnamento dei “falsi maestri”, che lascerà delusi chi di loro si fida. La magica parola adescatrice è “libertà”. Ma questa “libertà”, che cambia “in dissolutezza la grazia di Dio” (Giuda v. 4), in realtà fa piombare in una schiavitù peggiore, quella del peccato (cf. Gv. 8,34). [...] Si tratta adesso dei cristiani che si son lasciati sedurre. La loro condizione è ben peggiore di prima della conversione (cf. Mt. 12, 43 ss.). [...] Nell’espressione: “comandamento loro trasmesso”, c’è sottintesa la dottrina della tradizione e del deposito da custodire (cf. Giuda v. 3 e I Cor. 11, 2).
Per approfondimenti studiare la Casti Connubii.
Definizione propria e cattolica del rapporto contro natura: «Come già abbiamo notato, esiste una specie distinta di lussuria là dove si riscontra uno speciale disordine, che rende ripugnante l'atto venereo. E questo può avvenire in due maniere. Primo, perché ripugna alla retta ragione: il che si riscontra in tutti i peccati di lussuria. Secondo, perché oltre ciò ripugna allo stesso ordine naturale e fisiologico dell'atto venereo proprio della specie umana: e questo si chiama peccato, o vizio contro natura. Ciò può avvenire in più modi. Primo, quando senza nessun commercio carnale si procura la polluzione per il piacere venereo: e questo è il peccato di immondezza, che alcuni chiamano mollezza (o masturbazione). - Secondo, praticando la copula con esseri di altra specie: e questo si chiama bestialità. - Terzo, accoppiandosi con sesso indebito, cioè maschi con maschi e femmine con femmine, come accenna San Paolo scrivendo ai Romani: e questo è il vizio della sodomia. - Quarto, non osservando il modo naturale della copula; o non usando i debiti organi; o adoperando nell'atto altri modi mostruosi e bestiali» (San Tommaso d'Aquino, Somma teologica, II-II, q. 154, a. 11 co.).