Insegna san Paolo nella Prima Lettera ai Corinzi (VI, 9-11): «[...] non sapete che gli ingiusti non entreranno in possesso del regno di Dio? Non illudetevi! Né gli impudichi, né gli idolatri, né gli adulteri, né gli effeminati, né i sodomiti, né i ladri, né i cupidi, né gli ubriaconi, né gli ingiuriatori, né i rapinatori avranno l’eredità del regno di Dio. Appunto questo eravate, alcuni di voi! Ma vi mondaste; ma foste santificati; ma foste giustificati nel nome del Signore nostro Gesù Cristo e dallo Spirito del nostro Dio» (La Sacra Bibbia, Marietti, a cura e sotto la direzione di mons. Salvatore Garofalo, Imprimatur 1960, pag. 423). Breve commento: «A Corinto [di circa 600.000 abitanti, ndR] pullulavano le religioni più disparate: dal giudaismo alle religioni ellenistiche ed orientali più strane, spesso di tendenza sincretistica. Anche i dislivelli sociali vi erano molto accentuati. Di fronte a una minoranza di gente ricchissima, languiva una massa enorme di schiavi (circa due terzi della popolazione) e di gente miserabile. Tutto ciò spiega la triste nomea di città corrottissima che Corinto s’era formata dappertutto. Per indicare una vita sregolata, si diceva «vivere alla maniera dei Corinzi», e «ragazza di Corinto» era sinonimo di ragazza scostumata [di facili costumi, sensuale, sporcacciona, ndR]. Senza dubbio, tale situazione morale dipendeva in parte dalle condizioni sociali degli abitanti, dalla miseria e dal carattere portuale della città; tuttavia doveva essere pure notevolmente determinata dal turpe culto della dea Afrodite. [...] I peccati enumerati [da san Paolo nel passo citato] sono gravi, poiché escludono dal regno di Dio, [escludono] dal Paradiso. Il monito: Non illudetevi! lascia intendere che v’erano di quelli ingannati da teorie libertine. Elenchi di vizi, simili a questo ma adattati ai bisogni dei destinatari, s’incontrano con frequenza in san Paolo (cf. Gal. 5,19; Rom. I, 28-31; II Cor. 12,20; Col. 3,5; Ef. V,3-5). Essi formano, per così dire, un piccolo catechismo di morale. L’idolatria, come è noto, portava anche ai disordini sessuali» (pagg. 409 - 423).
Per approfondimenti studiare la Casti Connubii.
Definizione propria e cattolica del rapporto contro natura: «Come già abbiamo notato, esiste una specie distinta di lussuria là dove si riscontra uno speciale disordine, che rende ripugnante l'atto venereo. E questo può avvenire in due maniere. Primo, perché ripugna alla retta ragione: il che si riscontra in tutti i peccati di lussuria. Secondo, perché oltre ciò ripugna allo stesso ordine naturale e fisiologico dell'atto venereo proprio della specie umana: e questo si chiama peccato, o vizio contro natura. Ciò può avvenire in più modi. Primo, quando senza nessun commercio carnale si procura la polluzione per il piacere venereo: e questo è il peccato di immondezza, che alcuni chiamano mollezza (o masturbazione). - Secondo, praticando la copula con esseri di altra specie: e questo si chiama bestialità. - Terzo, accoppiandosi con sesso indebito, cioè maschi con maschi e femmine con femmine, come accenna San Paolo scrivendo ai Romani: e questo è il vizio della sodomia. - Quarto, non osservando il modo naturale della copula; o non usando i debiti organi; o adoperando nell'atto altri modi mostruosi e bestiali» (San Tommaso d'Aquino, Somma teologica, II-II, q. 154, a. 11 co.).