I falsi amici del popolo. La Chiesa, custode e maestra della verità, nell’asserire e propugnare coraggiosamente i diritti del popolo lavoratore, a varie riprese, combattendo l’errore, ha dovuto mettere in guardia a non lasciarsi illudere dal miraggio di speciose e fatue teorie e visioni di benessere futuro e dagli ingannevoli adescamenti e incitamenti di falsi maestri di prosperità sociali, che dicono bene al male e male al bene e, vantandosi amici del popolo, non consentono tra capitale e lavoro e tra datori di lavoro ed operai quelle mutue intese, che mantengono e promuovono la concordia sociale per il progresso e l’utilità comune. Tali amici del popolo voi li udiste già nelle piazze, nei ridotti, nei congressi: ne conosceste le promesse su fogli volanti; li sentiste nei loro canti e nei loro inni; ma alle loro parole quando mai hanno risposto i fatti o hanno sorriso le speranze colla realtà? Inganni e delusioni ne provarono e ne provano i privati e i popoli, che loro prestarono fede e li seguirono per vie, le quali, lungi dal migliorare, peggiorano e aggravano le condizioni di vita e di avanzamento materiale e morale. Tali falsi pastori danno a credere che la salvezza deve procedere da una rivoluzione, che tramuti la consistenza sociale o rivesta carattere nazionale …
Non è nella rivoluzione, diletti figli e figlie, la salvezza vostra; ed è contro la genuina e sincera professione cristiana il tendere, — pensando solo al proprio esclusivo e materiale vantaggio, che appare però sempre incerto, — ad una rivoluzione che proceda dall’ingiustizia e dall’insubordinazione civile, e il rendersi tristemente colpevoli del sangue dei concittadini e della distruzione dei beni comuni. Guai a chi dimentica che una vera società nazionale include la giustizia sociale, esige una equa e congrua partecipazione di tutti ai beni del Paese; altrimenti voi intendete che la Nazione finirebbe in una lustra sentimentale, in un vaneggiante pretesto, palliativo di ceti particolari per sottrarsi ai sacrifici indispensabili a conseguire l’equi-librio e la tranquillità pubblica. E scorgereste allora come, venuta meno al concetto di società nazionale la nobiltà largitagli da Dio, le competizioni e le lotte interne diventerebbero per tutti una temibile minaccia.
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Per inviare una donazione Cliccare qui. «Nessuno al mondo vorrà mai ammettere di essere avaro! Tutti negano di essere contagiati da questo tarlo che inaridisce il cuore. Chi adduce a scusa il pesante fardello dei figli, chi la necessità di crearsi una posizione solida... Quelli poi che sono avari più degli altri, non ammetteranno mai di esserlo, e il bello è che, in coscienza, sono proprio convinti di non esserlo! L’avarizia è una febbre maligna, che più è forte e bruciante e più rende insensibili» (San Francesco di Sales, «Filotea»). Per scaricare il PDF cliccare qui.
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