• Il mondo presente ha urgente bisogno di esserne (dello zelo nel sostenere il valore e la inviolabilità nella vita umana ) convinto col triplice attestato della intelligenza, del cuore e dei fatti. La vostra professione [il Pontefice si sta rivolgendo direttamente alle ostetriche] vi offre la possibilità di dare un tale attestato e ve ne fa un dovere. Talvolta è una semplice parola opportunamente e con tatto detta alla madre o al padre; più sovente ancora tutta la vostra condotta e la vostra maniera cosciente di agire influiscono discretamente, silenziosamente, su di loro. Voi siete più che altri in grado di conoscere e di apprezzare quel che la vita umana è in sé stessa, e ciò che essa vale dinanzi alla sana ragione, alla vostra coscienza morale, alla società civile, alla Chiesa, e soprattutto allo sguardo di Dio. Il Signore ha fatto tutte le altre cose sulla terra per l’uomo; e l’uomo stesso, per ciò che riguarda il suo essere e la sua essenza, è stato creato per Iddio, e non per alcuna creatura, sebbene, quanto al suo operare, è obbligato anche verso la comunità. Ora «uomo» è il bambino, anche non ancora nato, allo stesso grado e per lo stesso titolo che la madre.
• Inoltre ogni essere umano, anche il bambino nel seno materno, ha il diritto alla vita immediatamente da Dio, non dai genitori, né da qualsiasi società o autorità umana. Quindi non vi è nessun uomo, nessuna autorità umana, nessuna scienza, nessuna «indicazione» medica, eugenica, sociale, economica, morale, che possa esibire o dare un valido titolo giuridico per una diretta deliberata disposizione sopra una vita umana innocente, vale a dire una disposizione, che miri alla sua distruzione, sia come a scopo, sia come a mezzo per un altro scopo, per sé forse in nessun modo illecito. Così, per esempio, salvare la vita della madre è un nobilissimo fine; ma l’uccisione diretta del bambino come mezzo a tal fine, non è lecita. La diretta distruzione della cosiddetta «vita senza valore», nata o non ancora nata, praticata pochi anni or sono in gran numero, non si può in alcun modo giustificare. Perciò, quando questa pratica ebbe principio, la Chiesa dichiarò formalmente essere contrario al diritto naturale e divino positivo, e quindi illecito, l’uccidere, anche se per ordine della pubblica autorità, coloro che, sebbene innocenti, tuttavia per tare fisiche o psichiche non sono utili alla nazione, ma piuttosto ne divengono un aggravio (Decr. S. Off. 2 dec. 1940 - Acta Ap. Sedis vol. 32, 1940, p. 553-554). La vita di un innocente è intangibile, e qualunque diretto attentato o aggressione contro di essa è violazione di una delle leggi fondamentali, senza le quali non è possibile una sicura convivenza umana. Non abbiamo bisogno d’insegnare a voi nei particolari il significato e la portata, nella vostra professione, di questa legge fondamentale. Ma non dimenticate: al di sopra di qualsiasi legge umana, al disopra di qualsiasi «indicazione», si leva, indefettibile, la legge di Dio.
• L’apostolato della vostra professione [di ostetriche] v’impone il dovere di comunicare anche ad altri la conoscenza, la stima e il rispetto della vita umana, che voi nutrite nel vostro cuore per convinzione cristiana; di prenderne, al bisogno, arditamente la difesa, e di proteggere, quando è necessario ed è in vostro potere, la indifesa, ancora nascosta vita del bambino, appoggiandovi sulla forza del precetto divino: Non occides: non uccidere (Es. 20, 13). Tale funzione difensiva si presenta talvolta come la più necessaria ed urgente; tuttavia essa non è la più nobile e la più importante parte della vostra missione; questa [missione], infatti, non è puramente negativa, ma soprattutto costruttrice, e tende a promuovere, edificare, rafforzare. • Infondete nello spirito e nel cuore della madre e del padre la stima, il desiderio, la gioia, l’amoroso accoglimento del nuovo nato fin dal suo primo vagito. Il bambino, formato nel seno materno, è un dono di Dio (Ps. 127, 3), che ne affida la cura ai genitori. Con quale delicatezza, con quale incanto, la Sacra Scrittura mostra la graziosa corona dei figli riuniti intorno alla mensa del padre! Essi sono la ricompensa del giusto, come la sterilità è ben spesso il castigo del peccatore. Ascoltate la parola divina espressa con la insuperabile poesia del Salmo: «La tua sposa sarà come vite rigogliosa nell’intimo della tua casa, i tuoi figli come rampolli di ulivo intorno alla tua mensa. Ecco in qual modo è benedetto l’uomo timorato di Dio!» (Ps. 128, 3-4), mentre del malvagio è scritto : «La tua posterità sia dannata allo sterminio, alla prossima generazione ne sia estinto perfino il nome» (Ps. 109, 13).
• Il vostro apostolato però si dirige soprattutto alla madre. Senza dubbio la voce della natura parla in lei e le mette nel cuore il desiderio, la gioia, il coraggio, l’amore, la volontà di aver cura del fanciullo, ma, per vincere le suggestioni della pusillanimità in tutte le sue forme, quella voce ha bisogno di essere rafforzata e di prendere, per così dire, un accento soprannaturale. Tocca a voi di far gustare alla giovane madre, meno con le parole che con tutta la vostra maniera di essere e di agire, la grandezza, la bellezza, la nobiltà di quella vita, che si desta, si forma e vive nel suo seno, che da lei nasce, che ella porta nelle sue braccia e nutrisce al suo petto; di far risplendere ai suoi occhi e nel suo cuore il gran dono dell’amore di Dio per lei e per il suo bambino. La Sacra Scrittura vi fa intendere con molteplici esempi l’eco delle preghiere supplichevoli, e poi dei canti di riconoscente allegrezza di tante madri, finalmente esaudite, dopo aver lungamente implorato con le lacrime la grazia della maternità. Anche i dolori che, dopo la colpa originale, la madre deve soffrire per dare alla luce il suo bambino, non fanno che stringere maggiormente il vincolo che li unisce; ella lo ama tanto più, quanto più le è costato dolore. Ciò ha espresso con commovente e profonda semplicità Colui che ha plasmato il cuore delle madri: «La donna, quando partorisce, è in doglia, perché è giunta l’ora sua; ma, quando ha dato alla luce il bambino, non si ricorda più dell’angoscia per la gioia che è nato un uomo al mondo» (Io. 16, 21). Inoltre lo Spirito Santo, per la penna dell’Apostolo San Paolo, mostra ancora la grandezza e la letizia della maternità: Dio dona alla madre il bambino, ma, pur nel donarlo, la fa cooperare effettivamente allo schiudersi del fiore, di cui aveva deposto il germe nelle sue viscere, e questa cooperazione diviene una via che la conduce alla sua eterna salvezza: «si salverà la donna per la generazione dei figli [se persevererà nella fede, nell’amore e nella santificazione con modestia]» (I Tim. 2, 15).
• Questo perfetto accordo della ragione e della fede vi dà la garanzia che voi siete nella piena verità e che potete proseguire con incondizionata sicurezza il vostro apostolato di stima e di amore per la vita nascente. Se voi riuscirete ad esercitare questo apostolato presso la culla ove vagisce il neonato, non vi sarà troppo difficile di ottenere ciò che la vostra coscienza professionale, in armonia con la legge di Dio e della natura, vi impone di prescrivere per il bene della madre e del bambino.
• Non abbiamo del resto bisogno di dimostrare a voi, che ne avete l’esperienza, quanto sia oggi necessario questo apostolato della stima e dell’amore per la nuova vita. Purtroppo non sono rari i casi, in cui il parlare, anche soltanto con un cauto accenno, dei figliuoli come di una «benedizione», basta per provocare contraddizione o forse anche derisione. Molto più spesso domina la idea e la parola del grave «peso» dei figli. Come questa mentalità è opposta al pensiero di Dio e al linguaggio della Sacra Scrittura, e anche alla sana ragione e al sentimento della natura! Se vi sono condizioni e circostanze, in cui i genitori, senza violare la legge di Dio, possono evitare la «benedizione» dei figli, tuttavia questi casi di forza maggiore non autorizzano a pervertire le idee, a deprezzare i valori e a vilipendere la madre, che ha avuto il coraggio e l’onore di dare la vita.
• Se ciò che abbiamo detto finora riguarda la protezione e la cura della vita naturale, a ben più forte ragione deve valere per la vita soprannaturale, che il neonato riceve col Battesimo. Nella presente economia non vi è altro mezzo per comunicare questa vita al bambino, che non ha ancora l’uso della ragione. E tuttavia lo stato di grazia nel momento della morte è assolutamente necessario per la salvezza; senza di esso non è possibile di giungere alla felicità soprannaturale, alla visione beatifica di Dio [maggiori approfondimenti: La vera dottrina cattolica sul Limbo]. Un atto di amore può bastare all’adulto per conseguire la grazia santificante e supplire al difetto del Battesimo: al non ancora nato o al neonato bambino questa via non è aperta. Se dunque si considera che la carità verso il prossimo impone di assisterlo in caso di necessità; che questo obbligo è tanto più grave ed urgente, quanto più grande è il bene da procurare o il male da evitare, e quanto meno il bisognoso è capace di aiutarsi e salvarsi da sé; allora è facile di comprendere la grande importanza di provvedere al Battesimo di un bambino, privo di qualsiasi uso di ragione e che si trova in grave pericolo o dinanzi a morte sicura. Senza dubbio questo dovere lega in primo luogo i genitori; ma in casi di urgenza, quando non vi è tempo da perdere o non è possibile di chiamare un Sacerdote, spetta a voi [ostetriche] il sublime ufficio di conferire il Battesimo. Non mancate dunque di prestare questo servigio caritatevole e di esercitare questo attivo apostolato della vostra professione. Possa essere per voi di conforto e d’incoraggiamento la parola di Gesù: «Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia» (Matt. 5, 7). E quale misericordia più grande e più bella che di assicurare all’anima del bambino - tra la soglia della vita che ha appena varcata, e la soglia della morte che si accinge a passare - l’entrata nella gloriosa e beatificante eternità!
Dal Discorso di Sua Santità Pio XII alle ostetriche, 29 ottobre 1951