• Natura del miracolo. Un miracolo è un intervento straordinario di Dio, nel mondo visibile, fuori dell’ordine di tutta la natura creata. Diciamo: fuori dell’ordine e della legge della natura, non contro questa legge. Nessuna legge naturale suona: «Dio non può risuscitare un morto, guarire istantaneamente una gravissima tisi». Il miracolo può superare le forze della natura sia quanto all’effetto (per esempio, restituire la vita ad un morto), sia quanto al modo col quale l’effetto è prodotto (far crescere uva matura alla vite nel mese di gennaio o dentro un’ora). Quando il miracolo è una guarigione, parliamo di guarigione miracolosa. Anch’essa può essere miracolosa quanto all’effetto (guarigione da una malattia assolutamente inguaribile); o quanto al modo (guarigione istantanea completa di una tisi gravissima o molto avanzata).
• Possibilità del miracolo. È provata da ragioni filosofiche e rivelata da Dio. Al cattolico non è lecito negare che Dio può fare miracoli e che Egli ne ha fatti davvero. Dio continua a fare miracoli, anche nei nostri tempi. Dio fa miracoli di ogni genere, come Gesù ne fece nella Sua dimora sulla terra: cambiare acqua in vino, moltiplicare pane o altri cibi, camminare sulle onde, risuscitare i morti, operare guarigioni istantanee, eccetera. Come riguardo ai miracoli di Gesù, così anche riguardo ai miracoli che Dio fa ancora, constatiamo che, benché non tutti, almeno un grande numero sono guarigioni. Il fatto, dipendente in ultima analisi dalla libera volontà di Dio, appare perfettamente in armonia con la bontà e misericordia del Signore, e con gli attributi che principalmente intende manifestare agli uomini.
• Prova del miracolo. Che in generale un miracolo possa essere conosciuto come tale, constatato, provato, è fuori di dubbio. Non è ragionevole non ammettere nessun miracolo concreto, sol perché non sarebbe possibile la constatazione; ma d’altra parte non siamo obbligati ad ammettere un miracolo ogni volta che qualcuno lo asserisce. Si può anzi far male parlando troppo facilmente di miracolo; ma è peggio rifiutarsi di ammetterlo, quando le prove sono sufficienti. Un cristiano prudente tiene la via media (prudenza ed obbedienza). Chi crede ed è persuaso che Dio possa fare ed in concreto fa dei miracoli, non chiede prove esagerate per ammettere un fatto miracoloso, ma prove serie, come si fa per altri fatti importanti ed eccezionali. Facendo così, non preclude ogni pericolo di sbagliare una volta tanto, ma questo è semplicemente umano. Anche non ammettere nessun miracolo, mentre Dio ne fa tanti, non è segno d’intelligenza e di rispetto alla verità. Quando l’ammissione di un fatto miracoloso ha gravi conseguenze pratiche, la prudenza permette, anzi chiede che siamo più esigenti riguardo alle prove. Un miscredente, per il quale il miracolo implicherebbe la prova dell’origine divina della religione cattolica e perciò l’obbligo di farsi cattolico, è ovvio che chieda prove più gravi, ma diventerebbe irragionevole ed empio se fosse così esigente da non dichiararsi mai vinto, soltanto perché non vuole essere convinto, per esempio perché teme di sentirsi obbligato a farsi cattolico. La stessa Chiesa cattolica è più severa nelle sue esigenze quando il miracolo serve come prova della santità di una persona per canonizzarla ossia proporla ufficialmente (solennemente) alla venerazione del popolo cristiano.
• È noto che tra le prove della santità nei processi di beatificazione o canonizzazione la Chiesa chiede come prove dei miracoli, fatti da Dio per intercessione del Suo servo che è morto con fama di santità (Codex Iuris Canonici 1917, Can. 2050; 2116-2123; 2088 § 3; 2138; 2020 § 7; 2118, 2119). Quasi sempre si tratta di guarigioni, per la ragione già accennata. La Chiesa tiene conto del fatto che le forze fisiche, le malattie e la loro guarigione sono spesso fenomeni molto complessi, riguardo ai quali ci sono ancora molti elementi sconosciuti e misteriosi. Rigetta però come irragionevole la tesi che non si possa avere mai certezza della miracolosità di una guarigione. Per eliminare il pericolo di errore, la Chiesa ha stabilito che, per ammettere nei processi una guarigione miracolosa come certa, è richiesto:
1) Riguardo alla malattia: che sia grave, organica (non psichica o funzionale), inguaribile con le forze della natura o almeno così difficilmente guaribile che la guarigione, visto il modo secondo il quale è prodotta, non possa in nessuna maniera essere attribuita alle forze del corpo o alle medicine adoperate o all’influsso delle forze morali sul corpo;
2) Riguardo alla guarigione: che sia subitanea, o, se è evidente che le forze naturali e la terapia adoperate non hanno potuto provocare una guarigione in così breve tempo, basta anche una guarigione che si compie entro un breve spazio di tempo; perfetta, la quale non lasci la minima traccia della malattia (se non una cicatrice innocua, utile alla constatazione), neppure la debolezza consueta di ogni convalescente; permanente: la ricaduta nella stessa malattia, benché non escluda il miracolo ben constatato, esclude la speciale certezza che la Chiesa esige nei suoi processi. Per esperienza e per conoscenza delle leggi naturali i medici sanno - e per sola esperienza tutti gli uomini sanno - che la guarigione di una malattia grave, organica e difficilmente guaribile (per non parlare delle malattie inguaribili) è sempre un procedimento lento, laborioso, con tendenza alla ricaduta. Perciò non c’è soltanto una fortissima presunzione, ma vera certezza se la guarigione è subitanea, completa, senza ricaduta.
• Compito del medico. È esagerato dire che non si può mai avere certezza sul carattere miracoloso di una guarigione. Alcune volte la specie di malattia e la guarigione sono tali, da non richiedersi neppure la constatazione di un medico (pensiamo alla guarigione del cieco nato, dell’uomo paralitico da 38 anni). In molti casi, tuttavia, il giudizio dei medici è necessario per avere una vera certezza, o almeno per avere la certezza che la Chiesa chiede nei processi dei Santi. Perciò le leggi processuali prescrivono l’intervento dei medici e, quando si tratta di malattie non comuni, prescrivono che sia chiesto il giudizio dei medici più competenti tra gli specialisti (Ivi., Can. 2020 § 7; 2088 § 3; 2118-2119). È molto consigliabile che, in casi di guarigione ottenuta per intercessione di un Servo di Dio ed avente il carattere di un miracolo, le persone interessate prendano cura di ottenere da uno o più medici certificati scritti, nei quali costoro attestino i fatti constatati. Non è proprio ufficio del medico il pronunciarsi sul carattere miracoloso della guarigione, ma a lui spetta dare il suo giudizio motivato sui fatti: carattere, grado, guaribilità della malattia e ciò che ha constatato poco tempo dopo. Dare un semplice, ma accurato e minuzioso, processo verbale di tutto ciò che egli ha osservato prima e dopo la guarigione, nella luce della sua scienza ed esperienza di medico e, se lo è, di specialista: ecco il compito proprio del medico riguardo alla guarigione miracolosa. All’Autorità ecclesiastica spetta di constatare il carattere miracoloso della guarigione, servendosi, con altri elementi, della relazione dei medici. Dal Roberti-Palazzini.
Tratto da Racconti Miracolosi, ISBN: 9788890074714, in uscita per Sursum Corda ad ottobre. In foto il Padre Giacinto da Belmonte.