Conosciuto quel che si deve chiedere, bisogna insegnare al popolo fedele per chi si deve pregare. Non si deve infatti dimenticare che l’orazione contiene una richiesta e un ringraziamento. Qui noi parleremo, prima, della richiesta. Bisogna dunque pregare per tutti senza eccezione alcuna, dettata da inimicizie, o da differenza di stirpe e di religione; perché, chiunque sia nemico, estraneo o infedele, è pur sempre prossimo; e poiché dobbiamo amarlo per comando di Dio, ne consegue che bisogna anche pregare per lui, essendo questo un obbligo di amore. A questo mira appunto l’esortazione dell’Apostolo: «Vi scongiuro di pregare per tutti gli uomini» (1Tm. 2, 1). In questa orazione bisogna chiedere prima quel che riguarda la salute dell’anima, poi quel che concerne la salute del corpo. Dobbiamo rendere questo tributo della preghiera prima d’ogni altro ai Pastori delle anime, come siamo ammoniti dall’Apostolo col suo esempio. Egli infatti scrive ai Colossesi di pregar per lui, perché Dio gli apra la porta della predicazione (Col. 4, 3); lo stesso ripete scrivendo ai Tessalonicesi (1Th. 5, 25). Negli Atti degli Apostoli si legge: «Dalla Chiesa si faceva continua orazione a Dio per Pietro» (12, 5). Siamo ammoniti a compiere questo dovere anche nel libro di san Basilio sui Costumi; egli dice, infatti, che bisogna pregare per quelli che somministrano la parola di verità.
Bisogna pregare in secondo luogo per i Governanti, secondo il comando del medesimo Apostolo (Tim. 2, 2). Nessuno, infatti, ignora quanto pubblico bene derivi dall’avere governanti pii e giusti; pertanto bisogna pregare Dio che siano tali, quali devono essere, coloro che sono costituiti in dignità. Santi uomini mostrano col loro esempio che si deve pregare anche per le persone buone e pie. Anch’esse, infatti, hanno bisogno delle preghiere altrui; e questo per volere divino, affinché esse, vedendo che hanno bisogno dei suffragi degli inferiori, non insuperbiscano. Inoltre il Signore comanda di pregare per quelli che ci perseguitano e ci calunniano (Mt. 5, 44).
Dalla testimonianza di sant’Agostino risulta che deriva dagli Apostoli la consuetudine di fare preghiere e voti per quelli che sono lontani dalla Chiesa, affinché risplenda la fede agli infedeli, e gl’idolatri siano liberati dall’errore dell’empietà; perché gli Ebrei, vinta la caligine del loro animo, ricevano la luce della verità; perché gli eretici tornati alla salute, siano ammaestrati nei precetti della dottrina cattolica; e gli scismatici, stretti dal nodo della vera carità, si uniscano di nuovo in comunione con la santissima madre Chiesa da cui si separarono. Quanta efficacia abbiano le preghiere fatte con tutto l’animo per tali persone, si vede dai moltissimi esempi di uomini d’ogni genere che Dio ogni giorno strappa dal potere delle tenebre e porta nel regno del Figlio del suo amore, e da vasi d’ira fa vasi di misericordia. Che poi in ciò abbiano grandissimo valore le suppliche dei buoni, non ne può dubitare chiunque pensi rettamente.
Le preghiere che si fanno per i morti, affinché siano liberati dal fuoco del Purgatorio, derivarono dalla dottrina degli Apostoli; di esse abbiamo detto abbastanza nel parlare del sacrificio della Messa. A coloro, dei quali si dice che peccano fino alla morte, si può arrecare difficilmente vantaggio con preghiere e voti. Ma tuttavia è degno della pietà cristiana pregare per essi, cercando di rendere loro mite Iddio con le proprie lacrime. Le maledizioni, che i santi rivolgono contro i peccatori, si sa che, secondo l’opinione dei Padri della Chiesa, sono predizioni di quel che loro avverrà, oppure maledizioni dirette contro il peccato, in modo che, salvi gli uomini, perisca il peccato.