La santa legge di Dio permette la ribellione contro il proprio Sovrano temporale e suo governo? Non mai, anzi la condanna altamente; poiché la Scrittura Sacra, la quale, come sapete, è la parola stessa di Dio, ci dichiara che la podestà non vien che da Dio; che però chi resiste ad essa, resiste appunto all’ordinazione di Dio, e si procaccia quindi la dannazione (san Paolo ad Rom., c. 13; san Pietro, Ep. 1, c. 2, v. 13; san Paolo ad Ephes., 6, 5; Id. ad Coloss., 3, 22; san Pietro, Ep. 2, c. 2, v. 1).
Volete dunque dire che siamo obbligati in coscienza a star soggetti ai Principi nostri, e alle autorità che con lui ci reggono? Certissimo: se siamo obbligati in coscienza a stare soggetti a Dio, siamo pure obbligati in coscienza a stare soggetti al Principe, il quale, come attesta la medesima Sacra Scrittura, è ministro di Dio, e a tutti gli altri poteri, poiché da Dio essi pure procedono (Ad Rom., 1. c.; Ps. 17, 48 e 143, 2; Sap. 6, 4; Prov. 8, 15-16; Eccl. 17, 14; Dan. 2, 37; Matth. 22, 21, e Marc. 12, 17; san Paolo a Tito 3,1). Commette egli adunque un grave peccato chi si fa autore o entra a parte delle rivolte? Più grave assai dell’assassinamento e dell’omicidio. Perché l’assassino e l’omicida porta i suoi colpi contro le sostanze e contro la vita dei privati; il rivoluzionario minaccia e nelle sostanze e nella vita l’intera comunità: quegli fa ingiuria separatamente or all’uno or all’altro dei membri; questi oltraggia direttamente tutto il corpo sociale, e mette nel massimo pericolo l’essere, nonché il benessere della sua patria. Funesti esempi ne abbiamo nei tempi remoti, né meno terribili ne’ tempi correnti. Gli stessi temerari coriferi delle nuove dottrine di sedizioni, e di ribellioni, sono stati costretti a detestare le funeste conseguenze, che derivarono dal falso loro zelo, e dalle perniciose loro massime, che, lacerando orribilmente il seno della patria, rinnovarono sotto i loro occhi le scene dei più atroci ed inauditi misfatti: ed i Grimm, i Gibbon, i Raynal, i Marmontel, i La Harpe, che, promuovendo l’incredulità e la rivolta, ne videro i risultamenti spaventevoli, dovettero compiangere il loro errore funesto, servendo di esempio ai loro posteri, onde ne detestassero i distruttivi principii.
Ma non offende forse l’intera comunità anche chi dà la morte ad un semplice privato? Sì, ma in maniera meno grave assai del rivoluzionario; in quella guisa, che se voi feriste un braccio o un piede di un altro, offendereste senza dubbio tutta la persona; ma più incomparabilmente l’offendereste, se menaste i colpi non tanto a troncare una parte, quanto a recidere il tutto.
Questioni I - IV. Dal Catechismo cattolico sulle rivoluzioni, S. Sordi, De Agostini, Torino, 1854. SS n° 1, p. 5