Bibbia e non Bibbia, ab. G. Ricciotti, Morcelliana, Brescia, 1935. «IN ALTIS HABITAT», parte 2. ... Sarà invece una nobile accomodazione applicare a Dante stesso quel verso, che egli concettualmente indirizza a Virgilio, Onorate l’altissimo poeta; come pure fu un elegante impiego dei versi descriventi l’angelica navicella del purgatorio: «Vedi che sdegna gli argomenti umani - Sì che remo non vuol, né altro velo», l’iscriverli, come fu fatto, sul ponte di comando su una modernissima nave italiana da battaglia. E si fanno anche accomodazioni umoristiche, buffe, sarcastiche. Fra le tante è notissima quella di un tale che, stando a tavola con amici e vantandosi di trovar modo di esprimere con versi di Dante qualunque azione della vita umana, fu sfidato da un commensale, che stava mangiando del salame, ad applicare alla sua azione qualche verso dantesco: e lo sfidato citò, «In se medesimo si volgea co’ denti». Sono Dante tutte queste accomodazioni? Sono e non sono; saranno parole ed espressioni di lui, ma non sono più i suoi concetti, il suo pensiero: è il solo involucro esteriore, ma svuotato del contenuto interiore. Precisamente quel che dicemmo sopra delle citazioni accomodatizie della Bibbia: con questa importante divergenza, che in Dante le nude parole ed espressioni, anche svuotate del loro senso genuino, hanno sempre un valore letterario particolarissimo; nella Bibbia, invece, il valore letterario spesso - non sempre, intendiamoci bene - manca, mentre il suo valore religioso è dato dai concetti, dal pensiero. Già prima di Dante, la Bibbia aveva subito le sorti del poema di lui; fin dalla più remota antichità essa è stata citata anche in senso accomodatizio: spesso nobile, spontaneo, dignitoso; spesso stiracchiato, insulso, falso; in certe epoche furono in voga pure le accomodazioni d’ingegnosità profana e scurrile, indecorose e irriverenti, e perfino oscene. Nella Bibbia stessa si trovano suoi passi più antichi citati in senso accomodatizio da scrittori più recenti; basti ricordare, per un solo esempio, S. Paolo (Rom., 10, 18) che applica alla diffusione del messaggio evangelico su tutta la terra il passo in omnem terram exivit sonus eorum (Salmo 18 [ebr. 19], 5), ove invece il poeta parla del suono dei cieli annunzianti la gloria di Dio: accomodazione nobile e spontanea. Altrettanto hanno fatto, chi più chi meno, i Padri e gli scrittori ecclesiastici; altrettanto ha sempre fatto e fa tuttora la Chiesa, nella sua liturgia e nei suoi varii documenti ufficiali. Nessun dubbio, dunque, che l’uso dell’ accomodazione biblica sia lecito, lecitissimo, approvabile, approvabilissimo. L’ uso: non l’abuso. E il carattere di abuso può sorgere sia dallo scopo, sia dalla maniera, con cui si fa 1’accomodazione. I lerci e smidollati eruditi del secolo XVI si gingillavano con passi della Bibbia (mentre Lutero batteva in breccia le mura della Città di Dio) mostrando tutto l’acume del loro spirito nell’applicarli a cose e situazioni profane le più impensate, e nel tirarne fuori sensi scurrili i più sorprendenti, ma rispettando sempre le nude parole; qualcosa di simile facevano, con le loro stramberie, gli oratori sacri dai pulpiti. Sono storie note; che portarono al noto decreto del concilio di Trento (Sess. IV; De edit. et usu ss. librorum) con cui si condanna la temerità di coloro che contorcono parole e sentenze della Scrittura a sensi profani, scurrili, favolosi, vani, ecc. Né il decreto riuscì ad estirpare del tutto il male; tanto che nel secolo XVII gli oratori sacri ancora battevano più o meno le strade dei loro colleghi del secolo precedente. Tuttavia vi furono persone che ben compresero l’opportunità del decreto, e lo rispettarono con devozione sincera: ad esempio, una volta un malato si sdegnò col suo medico e lo redarguì seriamente perché, avendolo interrogato circa lo scopo di una medicina che nel frattempo quello gli stava manipolando, si era inteso rispondere con le parole di Cristo: Quod ego facio, tu nescis modo, scies autem postea (Giov., 13, 7); certamente il povero medico non aveva avuto un’intenzione irriverente; ma l’irriverenza era stata rilevata, nell’impiego profano della citazione, dalla rettitudine di spirito del malato. Il quale si chiamava Francesco de Sales. L’abuso può sorgere anche dalla maniera con cui si fa l’accomodazione. Essa deve risultare naturale, spontanea, come quella di S. Paolo testé vista; se invece a forza di sottigliezze o di acrobatismi concettuali si fa dire nero a un testo che dice bianco, oppure si adducono testi inopportuni per altre ragioni, si avranno dei controsensi, delle falsità, delle sconvenienze, dei giuochi di magia parolaia, ma non delle lecite accomodazioni. Ricorderò sempre il magnifico effetto che produsse su tutti gli ascoltatori il discorso di un cappellano militare al fronte italiano durante la guerra mondiale. Era stato ucciso il giorno avanti un ufficiale, un ragazzo tutto ardimento e vero modello di cristiane virtù, che per i suoi modi garbati e cortesi era amatissimo dai colleghi e dai soldati; tutto il reggimento era accorso spontaneamente alle esequie, in un angolo fuori del tiro nemico, fra severi abeti e montagne immacolate; in mezzo al gran cerchio d’uomini stava sull’erba la salma, volgente al cielo il suo viso cereo, e vicino ad essa il cappellano. Adolescens, tibi dico, surge! (Luca 7, 14) furono le prime parole del sacerdote; e in tanta quiete solenne di uomini e di cose esse risonarono imperiosamente come già quelle di Gesù, e come più tardi a me sembrò sentirle riecheggiare là nella serena Naim ai piedi del piccolo Hermon. E su quel comando divino l’oratore condusse il suo discorso, comandando a sua volta alla salma giacente ai suoi piedi, di rialzarsi, di tornare fra gli amanti ed amati compagni, di allietarli e sostenerli ancora col suo spirito e col suo braccio. Un’accomodazione, dunque, e tanto più ardita in quanto si appropriava un comando taumaturgico di Cristo; ma chi avrebbe 1’audacia di riprenderla nella sua spontaneità, naturalezza, riverenza, pietà? D’altro genere, garbata ed arguta, ma egualmente naturale ed opportuna, fu 1’accomodazione di un altro oratore che, parlando a chierici, voleva dimostrare la necessità della scienza per chi abbraccia lo stato ecclesiastico. Dopo aver addotto ragioni sode e convincenti, addusse anche quest’altra, che, se non aveva la stessa efficacia probativa delle precedenti, rimase tuttavia impressa non meno di quelle nell’animo degli uditori. Vedete - disse egli in sostanza - anche nell’Antico Testamento Dio ha mostrato un’aperta avversione per l’ignoranza e per i suoi rappresentanti; Egli comandò agli Ebrei che gli offrissero nel suo santuario tutti i primogeniti, di uomini e di bestie: e se fece un’ eccezione, certamente non onorifica, fu per 1’asino. Primogenitum asini mutabis ove (Esodo 13, 13; 34, 20). La razza dei somari non è mai entrata, almeno legittimamente, nel santuario di Dio. - Veramente la ragione storica di questa prescrizione della antica Legge andrebbe cercata altrove: ma 1’accomodazione è così graziosa e calzante, che ognuno sarà pronto a perdonarle la mancanza di forza dimostrativa. Quando invece un testo dice nero, nessuna sottigliezza dialettica riuscirà a fargli dire bianco, e si potrà avere una violenza, ma non una accomodazione. Quando un passo contiene una crudità, che avulsa dal suo contesto diventa addirittura una sconvenienza (e la Bibbia ne ha molti di questi passi), nessuna retta intenzione riuscirà a farla diventare cosa piacevole e delicata, e invece di un’accomodazione si avrà una goffa dabbenaggine. Portiamo un esempio per ciascuno di questi casi. ...