Scrive san Girolamo (ed è bene cominciare da lui, perché ab Jove initium): I contadini, i muratori, i fabbri, i lavoranti in metallo e in legno, i tessitori e i gualchierai, e in genere quelli che forniscono articoli varii e lavoretti da poco, senza un insegnante non possono riuscire ad essere quel che desiderano (...) La sola arte della Scrittura è quella che tutti dappertutto rivendicano a se stessi. «Scribimus indocti doctique poemata passim». Essa è ciò che la nonnetta chiacchierona, il vecchio rimbambito, il cavillatore parolaio, e in genere tutti quanti, si arrogano, lacerano, insegnano, prima d’averla imparata. Gli uni, con ciglia corrugate, scandendo paroloni sonori, filosofeggiano in mezzo a donnette sulle sacre pagine; altri imparano ahimè ! dalle femmine, quel che insegneranno agli uomini: e, come se fosse poco, con una certa facilità di parola e anche con audacia, spiegano agli altri quel ch’essi non capiscono (ad Paulin., epist. 53). E seguita ancora per un pezzo; ma mi pare che basti. Era il meno che potesse scrivere un Girolamo, Pensate: passare l’intera vita a studiare la Bibbia; logorarsi in viaggi, veglie, strapazzi, visitare posti, consultare codici, ascoltare maestri, sempre con l’intento di approfondire il senso ed aumentare la cognizione del gran libro: e poi, trovare ad ogni angolo di strada la nonnetta chiacchierona, il vecchio rimbambito e compagnia bella, che in materie bibliche trinciano sentenze e risolvono questioni in quattro e quattr’otto. Siamo giusti: era umiliante; e non c’era davvero bisogno di quel suo caratteristico spirito ringhioso per scrivere così e peggio. Indubbiamente Girolamo era un santo. Questo avveniva 16 secoli fa. Oggi le cose sono cambiate. Sugli angoli delle strade non si parla più di Bibbia: si discute, invece, di politica, o almeno di football, di boxe, di cavalli (e, dato il carattere dì quella esegesi piazzaiuola, la sostituzione non è un gran male). La Bibbia è rimasta ai teologi, agli scrittori, ai predicatori, a qualche anima pia: oltre a questi, se ne occupano alcuni studiosi specialisti, pochi di numero e per lo più, fra i cattolici, ecclesiastici. Ma, anche dopo 16 secoli, i principii sono rimasti. Lo sdegno di Girolamo, suscitato dalla sua personale esperienza delle difficoltà della Bibbia, si è concretato in una serie di disposizioni pratiche emanate dalla Chiesa, la quale ha una esperienza più ampia e diuturna che non l’uomo Girolamo: quello sdegno e queste disposizioni esigono, in sostanza, che nessuno presuma di trattare la Bibbia senza una adeguata preparazione, ed esortano (specialmente le disposizioni, con dati di fatto) a far sì che siano molti i provvisti di tale preparazione. Padronissimi gli antichi protestanti ortodossi di stimare la Bibbia indispensabile e accessibile a tutti, come unica fonte della rivelazione, e quindi di metterla in mano a tutti in sola traduzione, senza alcuna presentazione o commento. Heilige Schrijt! Il ritornello risuonò con la stessa fanatica intonazione dell’altro, Tempio di Jahvè! che esprimeva la feticistica sicurezza dei Giudei al tempo di Geremia (Geremia VII, 4); ma, come l’antico ritornello giudaico non era valso a preservare e il tempio e la città di Jahvè dalla distruzione compiuta pochi anni dopo dai Caldei, così quello protestante non impedì che il santuario della Bibbia fosse disertato e poi diroccato - oh, ironia divina! - proprio dai protestanti stessi. Si veda, in un qualsiasi commento protestante moderno, come è trattata oggi la Bibbia, e si misurerà quanto dell’antica Heiligkeit luterana le sia rimasto. C’è stato pure chi, più logico di tutti, le ha cambiato nome, e l’ha chiamata in un titolo di libro Die grosse Täuschung. Questo si chiami parlare con franchezza, e dissipare ogni «illusione»! La Chiesa ha sempre pensato nella maniera diametralmente opposta a questo canone fondamentale del protestantesimo. Fin dai primissimi tempi (II Pietro, III, 15-16) essa ha insistito sulla difficoltà d’intendere rettamente la Bibbia: ha sostenuto che la lettura di questo libro divino, affidato alla comunità intera, non era indispensabile a tutti i singoli membri di essa: ha moltiplicato sempre più col progresso del tempo le salvaguardie affinché, chi si assume il grande e proficuo onore di leggerlo a se stesso e specialmente agli altri, sia ben preparato contro le svariate difficoltà che quella lettura presenta. Non è nostro compito enumerare queste salvaguardie che, sotto forma di canoni conciliari, decreti, encicliche, iniziative pratiche ecc., non si fermano punto alla celebre Providentissimus Deus di Leone XIII, ma scendono fino ai giorni nostri con documenti molto significativi. Le raccolte ufficiali stanno là, pronte per chi vuole o deve consultarle. Sarà invece bene richiamare qui l’attenzione, ispirandosi a detti documenti ufficiali e insieme anche alla viva pratica di eminenti studiosi cattolici, su qualche punto che ha maggior bisogno in linea di fatto di esser precisato, illustrato, raccomandato.
«PRO DOMO SUA». Da Bibbia e non Bibbia, ab. G. Ricciotti, Morcelliana, Brescia, 1935. SS n° 1, p. 5